“Ridurre presenze in carcere”, appello della Garante per i detenuti per evitare contagi
A Borgo San Nicola sette casi accertati solo tra gli agenti del Nucleo traduzioni. Mancarella: “Provvedimenti mirati per gestire possibili focolai”
LECCE - Anche nella carceri italiane e nell’istituto di borgo San Nicola a Lecce il pericolo della diffusione dei contagi tra detenuti e operatori di polizia è sempre dietro l’angolo. In quest’ottica dopo i continui solleciti giunti anche dalle organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria anche il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale della città di Lecce, la professoressa Maria Mancarella, è intervenuta sul tema della riduzione delle presenze in carcere al fine di prevenire il diffondersi del contagio nelle strutture.
Il tutto richiamando i contenuti che la Conferenza dei Garanti dei detenuti ha deciso, nell’incontro del 12 novembre scorso, e deciso di inviare, come appello, al Parlamento italiano per sollecitare la riduzione del numero delle presenze in carcere, al fine di tutelare il diritto alla salute di detenuti e operatori penitenziari.
“Il carcere è di per sé un luogo in cui il rischio della diffusione del covid-19 è molto alto” rileva la referente leccese, “il fisiologico assembramento di un numero considerevole di persone in spazi ristretti, non consente il rispetto del distanziamento fisico e delle misure di igiene indispensabili alla prevenzione del virus e contribuisce inevitabilmente ad accrescere il rischio di diffusione del contagio. Dalle informazioni che emergono è evidente come nelle carceri italiane la situazione cominci a diventare seria ma non ancora allarmante. Accanto ad istituti in cui vi sono dei veri e propri focolai, in molte carceri i casi presenti sono pochi e si riferiscono a persone asintomatiche, sia tra il personale penitenziario che tra i detenuti, segno questo che le misure di prevenzione stanno ancora funzionando, se pur a fatica”.
I dati degli ultimi giorni mostrano, tuttavia, una tendenza verso un rapido e progressivo aumento dei casi. Si è quindi ripresentato, prepotentemente, il tema della riduzione delle presenze insieme a quello della definizione, in tutti gli istituti, di spazi adeguati a una gestione efficace della prevenzione e dell’assistenza, cosa che finisce per contrarre inesorabilmente i già ristretti spazi destinati alla restante popolazione detenuta.
“Una significativa riduzione delle presenze in carcere” scrivono i garanti nel loro appello, richiamato da Maria Mancarella, “contribuirebbe positivamente ad affrontare nel migliore dei modi la gestione sanitaria interna della prevenzione e dei focolai, favorendo migliori condizioni lavorative per gli operatori penitenziari e permettendo, ove possibile, la prosecuzione in condizioni di sicurezza, delle attività lavorative e formative, di istruzione, culturali o sportive”.
I garanti fanno perciò appello alla magistratura perché eviti arresti e misure cautelari in carcere, quando non strettamente indispensabili e affinché favorisca licenze straordinarie ai semiliberi, ai lavoranti all’esterno e a coloro che usufruiscono abitualmente di permessi. E infine auspicano che si conceda la detenzione domiciliare ai detenuti in fine pena.
Nel carcere di Lecce la situazione non è al momento preoccupante: dai controlli sono emersi sette agenti positivi, tutti appartenenti al Nucleo traduzioni. Tra i detenuti, invece, non risulta alcun positivo. La direzione, sotto l’egida di Rita Russo, continua a fare il possibile di facilitare i contatti con l’esterno almeno fino a quando ciò sarà possibile, utilizzando tutte le modalità comunicativa a disposizione e con ogni mezzo, cercando, anche se a fatica, di non far ricadere il carcere nell’isolamento.
“Il carcere da sempre e non solo in tempo di covid, è fatto da problemi sociali che altri preferiscono non risolvere perché scarsamente coinvolgenti sotto il profilo della strategia politica come riferisce la direttrice” spiega ancora Maria Mancarella, “ma vi assicuro che ciò che incombe sulle coscienze dei direttori sono il disagio psichico, una tutela della salute mentale inadeguata, persone senza fissa dimora, poveri ed ancora tossicodipendenti, che si preferisce lasciare in terapia metadonica piuttosto che progettare per loro una vita migliore e libera”
Purtroppo le disposizioni del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria hanno limitato al massimo la presenza dei volontari, costringendo alla chiusura delle attività laboratoriali. Le attività scolastiche, invece, proseguite in presenza anche dopo l’ordinanza del presidente Emiliano, e precauzionalmente sospese dopo la rilevazione dei casi di positività al Covid tra gli agenti di polizia penitenziaria, si svolgono al momento regolarmente in presenza.
I detenuti che lavorano continuano regolarmente ad uscire per lavorare all’esterno (due presso il comune di Caprarica, uno presso il comune di Lequile, uno presso l’istituto Olivetti, uno presso l’ex convitto Palmieri, quattro presso la procura della Repubblica, due presso datori di lavoro privati). L’ufficio matricola ha invece compilato d’ufficio le istanze di detenzione domiciliare per tutti i detenuti, circa cinquanta, che hanno i requisiti richiesti dall’ultimo decreto.