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L'intervista

Nel Salento incidenza al galoppo: le ragioni del dato più alto in Italia

Da due anni l'Unità operativa complessa di Epidemiologia e Statistica descrive l'andamento dell'epidemia di Sars Cov2. Il direttore spiega i plausibili motivi di una circolazione virale così intensa

LECCE -  Mancano due settimane al compimento dei due anni. Era il 4 aprile del 2020 quando dall'Unità operativa complessa di Epidemiologia e Statistica di Asl Lecce venne diffuso il primo report per la provincia di Lecce. Da quel giorno, tutti i venerdì, chiunque ne abbia avuto voglia, ha potuto consultare grafici e tabelle che, in maniera comprensibile, hanno raccontanto l'andamento dell'epidemia di Sars Cov2.

Nella fase attuale, con una media di circa 2mila nuovi casi di infezione confermati ogni giorno, può essere utile fare un approfondimento, per comprendere meglio le dinamiche in corso. Ci siamo così rivolti a Fabrizio Quarta, il direttore dell'unità. L'ultimo report è stato pubblicato proprio nelle scorse ore.

Buongiorno direttore, intanto cosa dicono i dati di questo ultimo report?

“La curva epidemiologica mostra una crescita analoga a quella del mese di gennaio, l’apice lo dovremmo raggiungere entro due, tre settimane. Nell’ultima sono aumentati i casi anche in soggetti vaccinati con terza dose e i ricoveri e i decessi nella popolazione fragile”.

Meglio ora che nelle precedenti fasi dell’epidemia, ma lei come spiega che la più alta incidenza del Paese sia in queste ultime settimane quella registrata in provincia di Lecce?

“Si spiega con la grande velocità di contagio della variante Omicron 2 in un’area toccata solo marginalmente dalla pandemia fino a un’epoca recente. Attualmente l’infezione colpisce interi nuclei familiari in cui sono presenti componenti in età scolare o non vaccinati. Un altro fattore rilevante è l’abbassamento nella soglia di attenzione: mi riferisco all’uso della mascherina, al rispetto del distanziamento, agli assembramenti”.

Per quanto riguarda la prima dose, la campagna vaccinale sembra arrivata al punto di saturazione. Tolta la fascia di popolazione che non può essere vaccinata, cioè i bimbi fino a 5 anni, quanti sono coloro che hanno scelto di non vaccinarsi?

“Sono circa 69mila, pari al 9,3 percento della popolazione. Negli ultimi sette giorni le prime dosi somministrate sono state appena 150. Ma bisogna dire che i risultati raggiunti dall’inizio della vaccinazione sono notevoli”.

Veniamo alla dose di richiamo: l’andamento della somministrazione è soddisfacente, sta rispettando le previsioni?

“La terza dose è stata somministrata a circa 495mila cittadini, il 68 percento della popolazione che poteva riceverla (over 12, ndr). Rispetto all’andamento per prima e seconda dose, si ha la sensazione che molti abbiano dubbi se effettuare o meno la dose booster. Questa settimana le vaccinazioni con terza dose sono state solo 1.832”.

Con uno sguardo d’insieme rivolto a questi due anni, i numeri – tra esiti positivi, ricoveri, decessi – che valore assegnano alla vaccinazione?

“Con i numeri attuali, due anni addietro avremmo avuto un numero molto elevato di decessi. Deve essere considerato anche il fatto che nella popolazione della nostra provincia la quota di anziani è tra le più alte di tutto il Paese. Oggi il vaccino e le caratteristiche della variante Omicron, più diffusiva ma meno aggressiva, hanno consentito di contenere anche il numero dei ricoveri, che altrimenti sarebbe fuori controllo”.

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