Stipendi bassi, sanità distrutta e privatocrazia: nel Salento braccia incrociate per lo sciopero nazionale
La mobilitazione, proclamata da Cgil e Uil, ha toccato a Lecce. Oltre alle categorie dei dipendenti pubblici, dei postali, pompieri e autisti, in strada anche una delegazione di medici e infermieri. Preoccupazione per privatizzazioni in sanità, poste e trasporti, davanti all’inflazione galoppante e a un carovita divenuto insostenibile
LECCE – Come se già non bastassero le recenti politiche economiche del Governo e il progressivo indebolimento dei salari. Ai motivi dello sciopero nazionale, indetto da Cgil e Uil contro la manovra, si somma anche la rabbia per la scelta di precettare la mobilitazione dei lavoratori e delle lavoratrici da parte del Garante e del ministro dei Trasporti, Matteo Salvini. È stato infatti chiesto ai sindacati, nelle scorse ore, di tenere fuori dall’astensione i settori del trasporto e della igiene ambientale, accorciando lo sciopero da un intero turno a sole quattro ore. In realtà molte delle categorie non contemplate nello stop di oggi hanno comunque sfilato accanto alle altre per ufficializzare il proprio sostegno. Gli edili, per esempio.
Dipendenti pubblici, insegnanti, lavanderie industriali, amministrativi dell’ateneo, operatori del cosiddetto Terzo settore, infermieri, medici, autisti, pompieri, ferrovieri e molte altre categorie professionali, sono scesi in strada anche a Lecce, per dare vita alla prima di una serie di manifestazioni che si protrarranno (stando alle intenzioni) nelle prossime settimane. I lavoratori e le lavoratrici salentini, affiancati dalle organizzazioni provinciali di Cgil e Uil - guidati rispettivamente da Valentina Fragassi e Mauro Fioretti - hanno protestato davanti agli uffici della prefettura, in via XXV Luglio. “Non c’è un motivo per non scioperare oggi”, hanno dichiarato i due segretari generali. “Il Governo pensa di fare sempre cassa sulla pelle di pensionati e lavoratori”. In pratica nessuna visione fiscale nei piani del Governo, né tantomeno risorse cospicue da destinare al pubblico impiego. E quei pochi fondi a disposizione, stando alla denuncia dei sindacalisti salentini, taglierebbero il Mezzogiorno lasciandolo fuori dagli investimenti. Questo il malcontento che emerge dalle dichiarazioni dei due sindacalisti, nel video che alleghiamo di seguito.
Il video: le dichiarazioni di lavoratori e sindacalisti
Aumenti degli stipendi e politiche di assunzione tra le priorità evidenziate. “Qui per manifestare il disagio rispetto a un potere d’acquisto del salario che è fisso ormai da troppi anni, sebbene si parli di aumenti e che non ci consente di tenere il passo rispetto all’inflazione che negli ultimi tre anni di fatto è cresciuta del 18 percento. Ma gli adeguamenti stipendiali sono irrisori”, dichiara il docente di un istituto tecnico superiore leccese. “C’è da tenere conto anche di un altro aspetto: quando spesso si sbandierano cifre, queste fanno riferimento tanto all’importo lordo. E poi riguardano la fascia più alta della retribuzione, per cui la maggior parte dei lavoratori come noi, al livello più basso della fascia stipendiale, si ritrova in busta paga una ventina di euro in più. Impossibile far fronte all’aumento dei costi. Aggiungo anche un altro aspetto: si sente in giro parlare di uno sciopero di natura politica. Invece sono qui come lavoratore perché, molto spesso, le politiche fatte dai governi puntano a prenderci in giro. Si sta per esempio millantando che a dicembre ci ritroveremo in busta paga un gruzzoletto in più. In realtà sono soldi nostri stessi, relativi alla vacanza contrattuale, di un contratto mai definitivamente attivato e che ci verranno tolti dalla retribuzione mensile dell’anno prossimo, per ritrovarceli tutti assieme nella mensilità di dicembre, tassati alla massima aliquota. Se invece ci avessero versato mensilmente quella somma, ci saremmo ritrovati più soldi. Una presa in giro”, conclude il docente, iscritto a Cgil.
Azzurra Schirosi, segretaria provinciale di Uil Scuola, si accoda al malcontento. Ribadendo la necessità di colmare il divario tra tassi di inflazione e perdita di potere d’acquisto, la sindacalista parla anche di un’altra emergenza: quella della scuola unica. “Tornare a una scuola statale, non all autonomia differenziata. Non vogliamo che la rete scolastica venga ridimensionata. Importante è difendere i nostri posti di lavoro e puntare sulla sicurezza sul lavoro: quotidiana l’aggressione al personale scolastico. In questa manovra finanziaria non ci sono misure che riguardino questo tema”, dichiara la sindacalista. A spingere invece uno dei conducenti degli autobus delle Ferrovie Sud Est all’adesione alla mobilitazione odierna, la “mancanza di fondi per poter ottenere uno stipendio dignitoso nella mia categoria, degno di essere chiamato tale. A Lecce un centinaio di autisti come il sottoscritto si sono fermati oggi per lo stesso motivo, nonostante Salvini ci neghi il diritto di scioperare come dovremmo e vorremmo”.
Oreste Amante, segretario regionale di UilPoste, cindivide interamente le motivazioni di questo sciopero "davanti a una legge finanziaria e di bilancio che penalizza sia i lavoratori dipendenti, che i pensionati. Oltretutto, oggi facciamo nostra questa protesta perché il quadro incide profondamente all’interno della nostra azienda: tra le varie misure adottate da questo Governo, una ulteriore privatizzazione e vendita del 30 percento delle azioni di Poste Italiane e che quindi per poter fare cassa, toglie la maggioranza di quote pubbliche a questa azienda che a oggi si interessa di sociale, non fa solo business. Difendiamo il nostro posto di lavoro e quello dei colleghi, ma soprattutto difendiamo un servizio sociale che rischia di essere smantellato, a favore delle speculazioni private".
Di parere analogo il sindacalista dei dipendenti postali dell'altra organizzazione, Slc Cgil Lecce, Gianni Stefanelli: Aleggia l’ipotesi di vendita di un ulteriore 30 percento, ma va fatto presente che questo percorso è partito nel 2015 con la vendita del primo 35 per cento. Che ha comportato in Poste Italiane un aumento del profitto più sfrenato a discapito dei lavoratori, introducendo una precarietà che almeno prima non esisteva. Questo uno dei motivi cardine per cui siamo qui oggi. L’altro aspetto riguarda l’aspetto pensionistico: un Governo che ha sbandierato in campagna elettorale lo smantellamento della Legge Fornero, non ha fatto altro che peggiorarla. Il precedente della precettazione creerà poi una mobilitazione ancora maggiore, che continuerà per questo mese e anche per il prossimo”, ha spiegato ai nostri microfoni.
Tra i settori penalizzati, quello dell’Università e della ricerca. "Siamo qui per contestare l’insufficienza dei fondi destinati dalla Legge di bilancio al rinnovo dei contratti. Un settore bastonato negli ultimi dieci anni per il mancato rinnovo del contratto: l'ultimo è avvenuto nel triennio 2016-2018. A fronte dell’inflazione che sta per distruggere questo Paese, riteniamo insufficienti le risorse previste per aumentare la retribuzione dei lavoratori. Così come sono insufficienti i fondi previsti dalla Legge di Bilancio sui settori della conscenza e dell’università. Avevamo elaborato l’ipotesi di contrattualizzare gli assegnisti di ricerca, per eliminare il precariato nelle università. Tra le altre ragioni dello sciopero, certamente l’autonomia differenziata e il caro affitti per studenti fuori sede”. Un danno per le famiglie, che inficia il diritto allo studio, ma anche per l'intera città, a detta di Giuseppe Taccarelli, tecnico amministrativo di Unisalento.
Accanto alle categorie “ufficiali” dei sindacati, hanno incrociato le braccia anche le altre, come quelle degli edili e dei componenti del Fassid, la federazione sindacale dei dirigenti medici, sanitari e veterinari. Antonio Saponaro, segretario regionale dell’organizzazione e neuroradiologo presso l’ospedale “Vito Fazzi”, indossa un cartello sul proprio camice, che recita: “Universalità, uguaglianza, equità” relativamente al Servizio sanitario nazionale. “Siamo nel pubblico impiego e partecipiamo responsabilmente a questo sciopero. Per noi medici è difficile scioperare perché il primo a essere danneggiato è il paziente: per essere qui oggi, tanti pazienti salteranno una risonanza magnetica prenotata forse un anno fa. Un doppio sacrificio dunque: ma se ci vedete in pochi qui è perché molti colleghi sono stati precettati. Se ci vedete in pochi negli ospedali invece è perchè gli organici rimasti ormai corrispondono ai contingenti minimi: significa che noi possiamo garantire ormai solo le emergenze”.