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Il sindaco sui fitofarmaci: "Credo nella scienza, nessuna ordinanza o ricorso"

L'ultimo decreto ministeriale impone l'impiego di alcuni insetticidi per fermare la diffusione della xylella. I primi cittadini di Nardò e Nociglia, però, hanno firmato un provvedimento in senso contrario

LECCE – Su quali basi può un sindaco mettere in discussione le decisioni delle autorità, nazionali ed europee, preposte alla tutela della salute pubblica? La domanda l’ha posta il primo cittadino di Lecce, Carlo Salvemini, in un post nel quale ha sentito il dovere di spiegare perché non firmerà un’ordinanza per vietare l’utilizzo dei fitofarmaci, per contenere la diffusione della xylella, né impugnerà a nome dell’amministrazione comunale il decreto ministeriale che contiene le misure contro la diffusione della xylella fastidiosa.

Come noto, la discussione attorno al batterio tiene banco da molti anni, parallelamente all'incapacità del mondo politico di dare risposte tempestive rispetto all'avanzare di una patologia che preoccupa moltissimo un settore trainante dell'economia del Mezzogiorno quale quello olivicolo e che ha già inferto duri colpi alle aziende. La lentezza con la quale sono state adottate nel tempo le diverse misure di contrasto e i contrasti nel merito delle stesse hanno certamente contribuito ad aumentare la confusione fermo restando la complessità della questione che attiene in primo luogo all'ambito scientifico. Intanto la questione più attuale è ora quella dell'impiego, imposto per decreto del ministero, di alcuni insetticidi: un vasto fronte associativo, in parte legato alla produzione biologica, ha però dichiarato guerra al provvedimento invitando gli agricoltori e i produttori alla disobbedienza civile. Due sindaci, di Nardò e Nociglia, hanno sposato questa causa sostenendola con una ordinanza che potrebbe avere solo un valore simbolico, va sottolineato, considerando che un decreto ministeriale è senza dubbio un atto normativo di rango superiore.

“Pur rispettando le motivazioni dell’articolato fronte civico che invoca la disubbidienza nei confronti delle decisioni prese dal ministero per l’Agricoltura voglio spiegare perché ho preso questa decisione. Che non scaturisce dall’ignorare le ragioni di tutela di salute pubblica che vengono esposte per contrastare il cosiddetta decreto Martina.  Ma - semmai - dal rispetto che si deve ad un tema così delicato, che mi impone di avere fiducia negli organi sovraordinati dell’ordinamento dello Stato su questioni così complesse”.

Salvemini rammenta che i trattamenti indicati sono quelli autorizzati dal ministero della Salute e dalla Commissione Europea, secondo precise modalità di impiego: “Non può essere ignorato che il gruppo di esperti scientifici dell’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha sottolineato la necessità dei trattamenti con insetticidi contro gli insetti vettori del batterio per limitare la sua trasmissione. Non può essere trascurato che la UE dispone di un quadro legislativo completo che disciplina l’uso dei pesticidi: prima che una sostanza attiva possa essere utilizzata nell’Ue all’interno di un prodotto fitosanitario, deve essere approvata dalla Commissione europea; prima che venga assunta una decisione ufficiale sulla loro approvazione, le sostanze attive sono oggetto di un approfondito processo di valutazione da parte dell’Efsa”.

“È dentro questa cornice di garanzie – prosegue - che è stato emanato il decreto del 13 febbraio 2018, che, a proposito dell’uso dei cosiddetti neonicotinodi, autorizza esclusivamente l’acetamiprid (e non quelli banditi con recente decisione degli Stati membri: imidacloprid, clothianidin e thiamethoxam), già previsto contro la mosca dell’olivo, modificando solo l’epoca di trattamento, e senza trattamenti aggiuntivi. Partire da queste considerazioni non significa ignorare le preoccupazioni sulle conseguenze dell’uso dei fitofarmaci in agricoltura e tutto il dibattito internazionale su una loro progressiva messa al bando: ma tenere conto che il processo che ne autorizza l’uso è rigorosissimo e sottoposto a periodico aggiornamento”.

Il sindaco del capoluogo, il cui agro ospita numerosi oliveti come del resto avviene in tutto il Salento, conclude con la sua professione di fede laica nelle istituzioni: “Credo nell’articolato sistema di tutele comunitarie e nazionali poste a tutela della salute pubblica. Credo nello Stato di diritto e quindi che l'agire dello Stato e dei suoi organi sia sempre vincolato e conforme alle leggi vigenti. Credo che gli organi dello Stato le autorità agiscono secondo il principio della buona fede. Ma soprattutto credo che la nostra organizzazione sociale si regga su un atto di fiducia. La stessa per la quale quando salgo su un aereo ho fiducia nel pilota, o quando mi sottopongo ad un intervento ho fiducia nel chirurgo”.

“Non mi sento avversario del governo - conclude Salvemini -, né delle associazioni che lottano animati da buone intenzioni. Né intendo, ribadisco, contestare decisioni diverse che altri miei colleghi sindaci decideranno di assumere. Ho semplicemente ritenuto utile e doveroso precisare quella che è la mia posizione su questa delicata vicenda”.

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