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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Madrid, studentessa leccese in Erasmus: “Mi sono sentita in esilio”

Celeste Agrimi, in Spagna da febbraio per preparare la tesi di laurea, racconta la sua esperienza al tempo del Covid-19. Oggi, finalmente, il volo per il rientro in Italia

MADRID- “Il mio Erasmus è diventato un esilio, l’Ambasciata italiana a Madrid è collassata e la mia Università non ha dato la facoltà di scegliere se tornare o meno in Italia”: è lo sfogo di Celeste Agrimi, studentessa leccese dell’università di Torino, in Erasmus in Spagna dal 3 febbraio per preparare la tesi della laurea magistrale in lingue straniere per la comunicazione internazionale. Celeste, dal Paese secondo dopo l’Italia per numero di contagi e di morti, riuscirà a prendere un volo solo oggi da Madrid, alle 15, per Roma.

La redazione di LeccePrima ha ascoltato Celeste in una videochiamata Skype qualche giorno fa mentre, seduta sul letto della residenza studentesca della Gran Via, arteria principale della capitale spagnola, ha raccontato il proprio “esilio” iniziato qualche giorno dopo il suo 24esimo compleanno, il 7 marzo: “Mi sono messa in autoquarantena da quando in Italia hanno chiuso le scuole perché avevo paura – racconta – e quando sono uscita un’oretta nel giorno del mio compleanno con la mascherina, gli spagnoli mi hanno presa anche in giro perché usavo le precauzioni imposte dal nostro premier Giuseppe Conte. Quì i locali erano pieni di gente – prosegue dando degli incoscienti agli spagnoli – e, per non bastare, l’8 marzo hanno autorizzato un corteo in occasione della Festa della donna”.

Screenshot_20200320_085924_com.huawei.himovie.overseas-2Celeste ha visto passare sotto al balcone dell’ottavo piano del suo appartamento centinaia di migliaia di persone partite da Atocha, che hanno sfilato fino a Plaza de Espana. In Spagna, dove i contagi sono oltre 18mila e i morti 832, saliti del 30% in 24 ore. Dove, secondo le stime, c’è una vittima ogni 16 minuti. “Prima che la Spagna dichiarasse lo stato di emergenza, ho dovuto usare la metro con altri studenti italiani per spostamenti necessari e i vigilanti che abbiamo incontrato si sono sollevati il colletto per proteggersi, dicendo ‘gli italiani portano il coronavirus’”- esattamente com'è stato fatto in Italia, da ignoranti, nei riguardi dei cinesi. La Spagna ha dichiarato lo stato di emergenza il 15 marzo con 2.968 contagiati e 84  morti ed è il secondo tra i Paesi UE più colpito dal coronavirus dopo l'Italia.-

“Mi sono allarmata, hanno chiuso le frontiere, non permettevano di partire per uscire fuori dalla Spagna e i miei genitori si sono pentiti per non avermi consigliato prima di lasciare Madrid”. Ma in Spagna prima del 15 marzo e prima che il presidente Pedro Sanchez comunicasse alla nazione che anche la moglie era positiva al Covid-19, tutto sembrava normale, nonostante qualcuno avesse detto che il coronavirus da loro era già arrivato a fine gennaio.

“Ho contattato la Farnesina, l’Ambasciata italiana a Madrid: mi rispondevano di cercarmi un volo con Skyscanner ma i voli erano tutti annullati. Io, studentessa in Erasmus, mi sono sentita abbandonata dall’Università di Torino che avrebbe dovuto anche dirmi che stavano pensando di chiudere le università in Italia”. Poi Celeste ha ricevuto un’email dall’Università: “Il 28 febbraio abbiamo bloccato gli studenti di marzo in partenza per l’Erasmus perché l’Italia sta chiudendo le scuole. Voi potete rimanere lì”.

“Possiamo rimanere qui? - esplode Celeste - E la tutela di noi studenti che siamo partiti prima? Perché non ci permettete di scegliere se tornare o meno? Mi avete permesso voi di partire, sono sotto la vostra responsabilità. Non potete abbandonare 8mila studenti in Erasmus così”. Celeste ha continuato a contattare la Farnesina, e perfino il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio che ha copiato e incollato il messaggio dell’Ambasciata italiana a Madrid. Intanto, gli altri undici studenti abbandonavano gli alloggi per tornare a casa dalla famiglia, e lei rimaneva sola, in quarantena, nel suo appartamento.

“Poi giovedì scorso mi hanno scritto dall’università ‘vuoi tornare a casa? Compila questo form’ e ho iniziato a fare le valigie. Poi un’altra email ‘se vuoi tornare devi farlo in autonomia’ e come faccio ad arrivare in Italia? Hanno chiuso tutto”. Celeste racconta che qualche altro studente ha lasciato prima la Spagna, in traghetto, per arrivare a Civitavecchia. "Ma io non me la sono sentita di affrontare un viaggio lungo ed ero sotto la responsabilità della mia università. Se mi fosse accaduto qualcosa di chi sarebbe stata la colpa?”. La ragazza ha il tono di voce sommesso, gli occhi lucidi. Inizia a ricordare l’incidente stradale della sua compagna di Torino, Serena Saracino, morta a Freginals nel 2016, a causa del ribaltamento del pullman con altri 57 studenti in Erasmus in Spagna.

“Guardo il lato positivo della vicenda, sto raccontando il mio Erasmus e c’è chi non ha  potuto farlo – poi si calma. Fa un respiro, trattiene le lacrime, e prosegue, anche scusandosi per il momento – poi l’Ambasciata ha chiamato gli studenti in Erasmus e ci ha sollecitato a prenotare uno dei sei voli aperti per noi in tre giorni per poter tornare in Italia. Così ho prenotato il volo per il 20 marzo alle 15.10 da Madrid per Fiumicino. Lì starò una notte e poi prenderò penso il treno per avvicinarmi alla mia casa, a Lecce”.

Celeste ha informato il proprio medico del rientro, è preparatissima su come deve comportarsi, ha stampato il modulo di autocertificazione inviatogli dal fratello e ha chiuso di nuovo le valigie, che in un primo momento aveva dovuto disfare perché “la mia università mi aveva illusa di poter partire più di una settimana fa”. “Per mio padre è oggi la sua Festa” – ci dice in un’altra telefonata mentre si prepara ad andare in aeroporto.

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