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Dal Tar altro stop alla proroga tecnica di tre anni delle concessioni demaniali

Accolti i ricorsi di Lido Pachamama e Lido Pevero Beach di San Cataldo che hanno impugnato la determinazione del Comune di Lecce sulla proroga “corta” dei titoli. Per il presidente Pasca necessario applicare la norma nazionale

LECCE - Il fronte degli imprenditori balneari che non hanno aderito alla richiesta di una semplice proroga tecnica di tre anni come proposta dall’amministrazione comunale di Lecce per il rinnovo delle concessioni demaniali, ottiene un altro riconoscimento da parte del Tar di Lecce. Solo cinque concessionari su 21 avevano infatti aderito alla proposta della proroga “corta” dell’amministrazione comunale, mentre la maggior parte degli attuali titolari puntando, invece, al prolungamento al 2033, aveva annunciato la battaglia giudiziaria ritenendo la soluzione avanzata dalla giunta Salvemini troppo penalizzante oltre che illegittima.

Sui tali premesse, con due distinte sentenze riferite agli stabilimenti balneari di Lido Pachamama e Lido Pevero Beach di San Cataldo, entrambi rappresentati e difesi dall’avvocato Danilo Lorenzo, la prima sezione del Tar di Lecce, presieduta da Antonio Pasca, ha accolto i ricorsi proposti dai titolari delle suddette strutture balneari ribadendo i contenuti di una sentenza precedente. Nella stessa sentenza, tuttavia, il Tar ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso rispetto alla pretesa al mantenimento delle strutture sino alla vigenza della concessione demaniale.

I ricorrenti avevano impugnato le determinazioni con le quali il Comune di Lecce, da un lato, aveva rigettato la domanda di proroga di 15 anni della concessione demaniale marittima, e dall’altro aveva formulato interpello, chiedendo se gli stessi concessionari intendessero aderire alla “proroga tecnica” di tre anni (o volessero scegliere l’opzione che consente l’utilizzo dei beni del demanio ma senza proroga della concessione).  

Confermato quindi l’orientamento giurisprudenziale del Tar Lecce che rivendica l'obbligatorietà per le pubbliche amministrazioni di applicare la norma nazionale (che sempre il Tar di Lecce non ritiene possa essere disapplicata dai provvedimenti comunali) che stabilisce sulla scorta del Decreto Rilancio, il prolungamento del diritto di concessione sino al 2033.  

Tuttavia le sentenze pubblicate oggi, come esplicitato nei provvedimenti motivati dai giudici, e come richiamato dallo stesso legale dei ricorrenti, contengono anche ulteriori elementi di “assoluta novità giurisprudenziale” poiché il Tar, nell’accogliere i motivi di ricorso, ha ritenuto che “la Direttiva Servizi non è direttamente applicabile all’interno dello Stato Italiano, non avendo le caratteristiche di una direttiva esecutiva, pertanto la stessa non può prevalere sulla norma nazionale che è e rimane l’unica normativa applicabile alla materia”.

Il Tar Lecce, aderendo alle tesi sostenute dai ricorrenti, ha quindi in sostanza ritenuto la Direttiva Servizi non self executing e pertanto, trattandosi di una fonte giuridica che non trova diretta e immediata applicazione nello Stato membro, la stessa non può prevaricare quanto sostenuto dal legislatore italiano il quale, con la legge numero 145/2018, ha prorogato i titoli concessori in scadenza al 31 dicembre del 2020 per ulteriori 15 anni.

Così ha commentato l’avvocato Danilo Lorenzo: “L’atteggiamento assunto dal Comune di Lecce ha, sin dall’inizio, destato notevoli perplessità. Ora abbiamo assoluta certezza sulla illegittimità delle determinazioni assunte e sull’innegabile diritto dei concessionari leccesi ad ottenere una proroga delle concessioni demaniali al 31 dicembre del 2033. Analogamente, grazie alla giurisprudenza formatasi sulla materia, abbiamo raggiunto un ulteriore certezza per la categoria, ovvero la indubbia applicazione di quanto sancito dal legislatore italiano che con ben tre provvedimenti legislativi, peraltro provenienti da schieramenti politici diversi, ha sostenuto e confermato la proroga dei titoli concessori sino al 2033”.

La questione, di rilevanza nazionale, è comunque all'attenzione del Consiglio di Stato, cui spetta il compito di fare chiarezza nel mare magnum dei regimi di proroga delle concessioni, in accordo con il diritto comunitario.

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