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Martedì, 16 Aprile 2024
Il commento

Il turismo è in forte ripresa: dal record dei tre mesi estivi un segnale chiaro

Perché la piccola Vieste straccia tutte le altre località pugliesi? Ma i turisti stranieri sono aumentati o diminuiti? Nei dati la risposta a molti quesiti, per un dibattito comprensibile e costruttivo

LECCE – Sebbene la sua incidenza sul “pil” non ne faccia un comparto trainante al cospetto di altri (nel 2019 valeva tra l’8 e il 9 percento), non vi è dubbio che il turismo sia un settore strategico per la Puglia e per la provincia di Lecce che, della prima, è uno dei due palcoscenici principali (col Gargano).

Discuterne sulla base dei dati è dunque indispensabile per inquadrare correttamente il tema: è vero che anche i numeri sono soggetti a interpretazioni (l’eterno dilemma del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto), ma quelli sono e quelli restano. A meno che non si voglia sostenere a priori che non siano credibili, ma a quel punto – senza un terreno comune sul quale confrontarsi – non val la pena nemmeno discuterne.

Molte domande sono scaturite dai dibattiti innescati mentre la stagione estiva era ancora in corso, altre sono nate dopo la pubblicazione del primo report ufficiale (quello di Pugliapromozione su dati Istat e Regione Puglia) che ha messo in evidenza un trend oggettivamente positivo sia rispetto al 2021 sia per quanto riguarda l’ultimo anno prima della pandemia, il 2019. Come a dire, dopo un biennio di chiare difficoltà, si è ripresa la china interrotta per cause di forza maggiore.

Eppure si mettono ancora in dubbio aspetti che dovrebbero essere molto chiari: ma come è possibile – è capitato di leggere - che Vieste abbia registrato oltre 167mila soggiorni da giugno ad agosto, mentre Ugento poco meno di 70mila, Lecce 37mila circa e Otranto poco più di 47mila? La spiegazione è molto semplice: secondo i dati ufficiali (aggiornati al 2021) Vieste ospita 355 strutture ricettive (63 di tipo alberghiero e 292 non alberghiero) per un totale di 43.258 posti letto. Ugento di posti letto ne ha 13.715, mentre Lecce 11.646 e Otranto 11.968. Da “sempre”, cioè, Vieste e il Gargano sono meglio attrezzati in termini di capacità ricettiva. Un’altra località molto nota di quella zona, Peschici, ha 16.719 posti letto, quasi il doppio di Melendugno ma anche di Ostuni.

La seconda obiezione che viene fatta è: ok, ma sfugge alla rilevazione tutta la ricettività in nero e informale. Vero, ma questa è una considerazione che vale per tutti i territori. Tra l’altro, l'introduzione del Codice Identificativo Strutture e gli accordi tra le grandi piattaforme (come Airbnb, Booking) e gli enti locali sulla tassa di soggiorno stanno portando all’emersione di una buona parte di ciò che restava sommerso.

L’ultimo argomento in ordine di tempo riguarda il turismo dai mercati esteri: quanti stranieri arrivano in Puglia in generale e nelle sue varie destinazioni in particolare? Il report di Pugliapromozione dice che il tasso di internazionalizzazione, cioè il “peso” degli stranieri sul totale, è stato pari - nei tre mesi estivi - al 25 percento per gli arrivi e al 21 percento dei soggiorni “superando, anche se di poco, i livelli pre pandemia”. Per avere la visione completa sui dodici mesi bisogna ovviamente attendere l’inizio del 2023.

Sono da tempo a disposizione i dati degli anni precedenti. Partiamo dalla Puglia, voce “arrivi”: sul totale dei flussi turistici, gli stranieri hanno pesato per 24,9 percento nel 2019 (miglior risultato di sempre), per il 16,6 nel 2021 (anno comunque condizionato dalla pandemia). Per la provincia di Lecce il quadro è il seguente: 20,9 nel 2019; 14,6 nel 2021 (per il 2022 non è ancora disponibile il dettaglio provinciale). Significa che rispetto alla media regionale il Salento ha sempre mostrato un tasso minore di internazionalizzazione, giovandosi invece molto dei flussi domestici.

Nel complesso è evidente che la quota di turismo estero non ha ancora ripreso la consistenza del 2019 – il recupero è comunque chiaro -, ma è altrettanto vero che il peso del turismo internazionale sul totale, in una regione come la Puglia, incide al massimo per un quarto e ancor meno in provincia di Lecce (almeno finora). Altre destinazioni sono invece molto più gettonate dagli stranieri (si pensi a quelle classiche, come Roma, Firenze, Venezia).

La conseguenza è che basare una valutazione sulla sola fetta dei flussi dai mercati esteri è come concentrarsi sulla consistenza dei vari strati di una sola fetta di torta (più cioccolato, crema o sfoglia?) più che sul peso complessivo della torta stessa. I numeri restano numeri: sia in termini di arrivi sia di presenze (di italiani e stranieri) il periodo estivo del 2022 è stato migliore del 2019 e questo vale per la Puglia, per la provincia di Lecce e ancor più per il capoluogo salentino (qui l’articolo). Questo consente di essere fiduciosi sui dati complessivi del 2022, anche in ragione di numeri interessanti che stanno emergendo nelle rilevazioni di settembre e ottobre, ancora molto parziali. Se non si raggiungerà il risultato del 2019 - il migliore di un trend sempre crescente almeno dal 2015 (salvo il 2017) - si arriverà molto vicino al quel traguardo.

Invece di intestardirsi in una contesa su chi ha torto o ragione, dunque, probabilmente ha più senso interrogarsi su quanto e in che modo si stanno modificando i comportamenti di spesa dei turisti, su come cambia la geografia delle principali aree di provenienza dei visitatori, su quanto e in cosa deve migliorare l’offerta (competenze, lingue), su quali possono essere le politiche e le programmazioni migliori e più coerenti non solo rispetto all’ovvio obiettivo di una crescita, ma anche rispetto a quello, altrettanto importante, della sostenibilità ambientale dello sviluppo e delle grandi questioni internazionali che, certamente, hanno una ricaduta diretta sulle possibilità di spesa e di viaggio.

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