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Una via o una piazza per gli operatori sanitari vittime della pandemia: la proposta

Iniziativa dell'Ordine dei medici, chirurghi e odontoiatri rivolta al sindaco di Lecce per l'intitolazione di un luogo cittadino alla memoria di chi ha perso la vita esponendosi in prima linea

LECCE - Cosa resterà tra qualche anno della pandemia di Covid-19? Certamente dolore in coloro che piangeranno ancora un familiare o un amico scomparso prematuramente per le conseguenze dell'infezione, probabilmente un caleidoscopio di emozioni - dalla paura alla gioia - in chi avrà affrontato l'emergenza vivendola in prima linea, provando ad aiutare gli altri, senza dubbio stanchezza e ansia nella parte di popolazione più fragile, oltre a una serie di serie complicazioni dal punto di vista economico. E, forse, ci sarà anche una strada o una piazza a ricordare quello che sarà stato e che, si spera quanto prima, una efficace campagna di vaccinazione riuscirà a contenere e a debellare. 

In questa direzione va la proposta del consiglio direttivo dell'Ordine dei medici, chirurghi e odontoiatri di Lecce - su input della commissione Comunicazione - al sindaco di Lecce, Carlo Salvemini, di intitolare un luogo della città "alla memoria dei tanti colleghi e del personale sanitario che hanno dato la vita nella lotta contro il Sars-CoV-2, intitolandola magari ad Ippocrate, il cui giuramento è la base etica della professione medica. Un medico non va in pensione, ma rimane tale a vita. Una iniziativa che non si deve intendere come risarcitoria, ma commemorativa di uno sforzo comune anche ad altre categorie, in una emergenza planetaria mai vissuta in queste dimensioni in nessuna epoca. In tal senso, si potrebbe estendere tale memoria a tutte le vittime mietute da questa terribile pandemia, che sicuramente ha mutato la nostra maniera di intendere ed affrontare la vita".

La proposta parte da una sorta di ricognizione sul campo dello stato d'animo degli iscritti all'ordine, "ma anche del personale sanitario in genere": da una parte è emerso un diffuso malcontento "dovuto certamente allo stress al quale siamo tutti sottoposti dalla pandemia", dall'altra "un’immagine scalfita da polemiche e scarichi di responsabilità, che ci fa passare da eroi a nullafacenti, senza ricorrere ad altri termini".

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