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La voce dei tecnici sulla sentenza di stop alle proroghe: giudizi convergenti

Due esperti amministrativisti leccesi commentano il pronunciamento con cui i giudici hanno imposto un limite certo e inderogabile all'efficacia delle attuali concessioni demaniali. Dal 2024 ci devono essere gare di evidenza pubblica

LECCE - Per completare il quadro a latere della sentenza del Consiglio di Stato sulle concessioni balneari - senza dubbio storico da qualunque angolazione la si guardi - ospitiamo il parere di due amministrativisti leccesi che non hanno avuto parte attiva nel contenzioso che ha opposto gli operatori del settore (e il Tar) al Comune di Lecce che, infine, si è visto riconoscere dall'Adunanza Plenaria del supremo organo della giustizia amministrativa la correttezza della propria impostazione.

Pietro Quinto: "Una sentenza chiara e netta"

Il primo contributo è dell'avvocato Pietro Quinto: "La sentenza dell’Adunanza Plenaria è stata particolarmente tempestiva (quindici giorni dalla udienza), chiara nella sua esposizione, netta nelle sue conclusioni: esiste un evidente contrasto tra la legge 145 del 2018, riguardante la proroga quindicennale delle concessioni demaniali in essere, con le norme del Trattato Europeo e della Direttiva Bolkestein. A fronte della interpretazione fornita, con efficacia vincolante, dalla Corte di Giustizia Europea, lo Stato Italiano è rimasto inadempiente ed addirittura non ha dato risposta all’atto di contestazione e messa in mora emanato dalla Commissione Europea nel dicembre 2020;  in base ai principi affermati anche dalla Costituzione, a fronte del primato del diritto europeo, v’è l’obbligo della disapplicazione della norma nazionale in contrasto da parte di tutte le articolazioni dello Stato".

Secondo Quinto un aspetto fondamentale della sentenza sta nel passggio per cui "tali atti di proroga delle concessioni fin qui emanate – dice l’Adunanza Plenaria - sono 'tanquam non esset' (come se non ci fossero, ndr), una volta venuta meno la fonte normativa e cioè la legge sulle proroghe ritenute illegittime; deriva da ciò che i concessionari sono attualmente privi di titolo. Solo per esigenze socio-economiche e per gli effetti dirompenti della sentenza e dei principi in essa affermati l’Adunanza Plenaria ha delibato la 'graduazione' dei tempi di esecuzione della propria decisione, stabilendo che i principi in essa affermati opereranno dal primo gennaio 2024."

In pratica, spiega l'esperto amministrativista "sino a quella data i concessionari potranno continuare ad operare; se il legislatore, in questo lasso di tempo, non provvederà a dare una regolamentazione definitiva della materia, le concessioni non avranno più efficacia e non saranno ammesse ulteriori proroghe.In conclusione lo Stato Italiano ha l’ultima occasione per dimostrare una serietà di comportamenti e non essere considerato un partner inaffidabile nella Comunità Europea".

Adriano Tolomeo: "Non poteva che finire così"

ll secondo contributo è dell'avvocato Adriano Tolomeo: "Ho letto, più per curiosità scientifica e civica che professionale, le sentenze dell'Adunanza Plenaria sulle concessioni demaniali di cui tanto si parla. Non ho, infatti, incarichi professionali da parte di operatori del settore balneare su profili di diritto propriamente concessorio e pertanto non avendo sostenuto (né avrò da sostenere in futuro) professionalmente una certa tesi, ritengo di poter parlare della questione con una certa serenità, e con in più la prospettiva che un quarto di secolo di esperienza forense mi consente di avere. Con ciò non voglio dire di essere 'puro' rispetto all'argomento (seguo, infatti, sia pur per profili prevalentemente edilizio- paesaggistico, diversi operatori del settore) ma sono pur sempre un cittadino elettore che rivendica i diritti che ne discendono".

"Ebbene, in quella prospettiva, mi spiace dire che non poteva che finire così. La legge era il frutto della collaborazione di un Legislatore che aveva dimostrato la sua capacità nella vicenda delle quote latte (per la quale gli italiani hanno pagato le multe irrogate dalla comunità Europea alla categoria che all’epoca la la Lega aveva eletto a suo favorita) e un gruppo di operatori del settore miopi ed incapaci di confrontarsi col mercato che tanto evocano ma non conoscono, avendo sempre vissuto al riparo da ogni forma di concorrenza. Da quel connubio non poteva che nascere un pateracchio come la legge 145 del 18; legge che non ha voluto affrontare il problema, preferendo accontentare il nuovo elettorato di riferimento della Lega (un elettorato importante, evidentemente, tanto da fare proseliti anche in altri partiti di ben più nobili origini). Ed era un pateracchio tale che neppure l’indubbio sforzo ermeneutico compiuto dal Tar Lecce poteva raddrizzare, poiché non si potevano colmare in via interpretativa quei vuoti che il Legislatore aveva volutamente lasciato lì, nella piena consapevolezza della fragilità dell’impianto normativo per poter poi urlare contro i giudici cattivi che scavalcano il Parlamento. Non è così e spigarlo ritengo sia un dovere civico al quale non mi sottraggo pur nella consapevolezza del rischio di perdere quei quattro clienti che mi danno da vivere".

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