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Venerdì, 19 Aprile 2024
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In gara tra i finalisti del Premio Strega “Una minima infelicità” di Carmen Verde

Verde racconta la relazione tra una madre e una figlia ad alta intensità emotiva tra bisogni e sentimenti contraddittori

Fotografie, fermi immagine, piccoli ritratti che lasciano emergere la relazione tra una madre e una figlia inframmezzano il racconto della relazione tra una madre, Sofia Vivier, alta, elegante, sinuosa e una figlia, Anna-Annetta Baldini, bassa, tozza, minuta nel romanzo Una minima infelicità (Neri Pozza) di Carmen Verde:

Nelle fotografie sediamo sempre vicine, io e mia madre: lei pallida, a disagio, con uno sguardo che pare scusarsi. A quei tempi pregava ancora Dio che le mie ossa si allungassero. Ma Dio non c’entrava. Se ci vuole ostinazione, io ne avevo anche troppa. (pag. 9)

Sono vicine fisicamente ma la distanza che le separa è siderale; Sofia è una donna che si basta, quasi narcisista, chiusa nel suo mondo elegante e sofisticato mentre Annetta non è che un riflesso, un ologramma schiacciato e goffo che manifesta solo inadeguatezza. Annetta non è solo piccola di statura, soffre soprattutto del complesso di non sentirsi all’altezza di una donna che non fa altro, anche con i suoi silenzi, che consolidare la sua condizione.

Annetta vive nella costante paura dell’abbandono da parte della madre e già negli anni in cui frequenta le scuole elementari, dalla finestra della classe, la scorge dal vetro mentre aspetta seduta su una panchine e pensa che se resta, le vuole bene (pag. 10).

Sofia è una binge shopper cioè vive con l’impulso irrefrenabile di acquistare oggetti in particolare coralli, porcellane e cristalleria che nasconde in casa perché il marito non sappia e non veda. Un’euforia da dipendenza che la porta, a effetto svanito, a torcersi le mani disperata, gesto che ricorda molto quelli di Kate, la protagonista de Il Desiderio più profondo della scrittrice vittoriana Netta Syrett.

In questo quadro borghese gioca un ruolo fondamentale l’infelicità. L’infelicità è il denominatore comune di tutta la famiglia, è un sentimento rassicurante ereditato dalla madre Adelina che Sofia trasmette anche alla figlia Anna. È un corredo, una dote, un feticcio, una bambola dagli occhi cavati che passa matrilinearmente e che ognuna trascina come una compagnia irrinunciabile infilando indice e medio negli spazi rimasti vuoti.

Verde suggerisce al lettore una dissomiglianza diametrale tra madre e figlia e smargina quasi omette la figura paterna per esemplificare l’equazione; Antonio Baldini è una uomo debole predisposto al sostentamento agiato della famiglia, ha le mani tozze e pallide, fatte per contare i soldi (pag. 19).

In un ambiente così disfunzionale e sbilanciato Annetta non può imparare a credere in se stessa: ciò che è, l’influenza dell’ambiente circostante e la possibilità di far coincidere il sé reale con quello ideale sono voci di un paradigma impossibile per lei; può solo guardare il suo corpo minimo, contratto con disgusto e mescolare l’infelicità con la disistima, e la disistima con l’illusione. Annetta si accontenta del poco che già ha, nega l’ambizione e resta imprigionata nella sua stessa immagine da bambina costruendo uno spazio d’infelicità adeguato alla sua fisicità, in un lento e graduale processo di sintesi sottrattiva: La piccolezza progrediva in me inesorabilmente (pag. 51).

A sparigliare le carte una poesia che Annetta ricopia su tutta una pagina del diario e che scandalizza le suore della scuola che frequenta tanto da consigliare al padre, figura fuori campo, di prendere a servizio Clara Bigi: una strana donna, metà domestica e metà istitutrice, che irrompe e fa vacillare l’equilibrio in casa.

Annetta trasforma quella presenza tirannica e ingombrante in una possibilità di complicità con la madre, tanto da provare piacere nel condividere con lei quella persecuzione (pag. 49). Per incanto è Clara a cambiare, ad ammorbidirsi ed è proprio quella trasformazione in positivo a far credere al sodalizio Sofia-Annetta di non potersi più fidare di lei. Nella vita della domestica entra infatti l’amore, lo stesso che Sofia ha desiderato, mai avuto e del quale è invidiosa e che Annetta crede di non poter mai meritare o dal quale rifugge come auto-protezione.

L’amore era il suo pensiero più ostinato, la sua ferita più profonda, mai rimarginata. Se da ragazza lo aveva atteso, sicura di non esserne delusa, adesso lo inseguiva  disperatamente, ossessivamente, arrancando per immonde strade di periferia, nella speranza di raggiungerlo. Le era parso, a volte, che l’amore la sfiorasse nella direzione opposta e allora aveva cambiato strada (è questione d’istinto, l’amore), fino a perdersi. Altre, era rimasta ad aspettare e aspettare, fin quasi a non sapere più chi o cosa stava aspettando. Povera Sofia. Credeva nell’amore come altri credono in Dio, ma in lei l’amore non aveva mai creduto. (pag. 57)

Quando Clara esce di scena e porta con sé le sue stesse calunnie, nella relazione tra madre e figlia ripiomba il silenzio: soltanto nei silenzi di sua madre Annetta impara negli anni a stare come una cosa piccola e morta sotto gli occhi immobili di sua madre. La più piccola e morta di tutte le cose (pag. 109).

Sofia non è che la somma di centinaia di inverni che si susseguono nella sua vita, se ne sta in un gelido cerchio d’ombra che lei stessa ha tracciato attorno a sé, e crede di essere in grado di disimparare il privilegio («Non avere più» è una maturazione dell’«avere» […]) ignorando la distinzione vera tra l’«avere» e il «non aver avuto mai». (pag. 110). Perderà solo pezzi di memoria, rifiuterà il presente per rifugiarsi nel passato e per chiudere il cerchio gelido anche sull’ombra di sua figlia Annetta, da sempre congelata in quell’immagine bambina che si trascina.

Una minima infelicità (Neri Pozza) di Carmen Verde è un romanzo asciutto, essenziale, compatto che poggia su una scrittura lirica, cruda e sincera. Racconta la ricerca disperata di una figlia di essere accettata dalla propria madre; storia comune e dolorosa a molte donne che cercano disperatamente di piacere e di assomigliare alla propria madre anche quando fingono di voler essere altro, se non addirittura il perfetto opposto. Una minima infelicità è un racconto doloroso come un dente che vorrebbe spuntare, come un osso che vorrebbe allungarsi e non ci riesce; è un racconto lacerante in cui la figlia sembra ripetersi una nenia malata, sicura e mai violata, nella testa: Mamma fammi sentire che mi hai portata in grembo.

Carmen Verde vive a Roma. Una minima infelicità, il suo romanzo d’esordio, è candidato al Premio Strega 2023.

Tour del Premio Strega 2023 in Salento:

Una minima infelicità (Neri Pozza) di Carmen Verde e tutti gli altri romanzi candidati al Premio Strega 2023: La Sibilla. Vita di Joyce Lussu (Laterza) di Silvia Ballestra, Dove non mi hai portata (Einaudi) di Maria Grazia Calandrone, La traversata notturna (La nave di Teseo) di Andrea Canobbio, Ferrovie del Messico (Laurana Editore) di Gian Marco Griffi, Le perfezioni (Bompiani) di Vincenzo Latronico, Rubare la notte (Mondadori) di Romana Petri, Cassandra a Mogadiscio (Bompiani) di Igiaba Scego, Mi limitavo ad amare te (Feltrinelli) di Rosella Postorino, Il continente bianco (Bollati Boringhieri) di Andrea Tarabbia, Tornare dal bosco (Marsilio) di Maddalena Vaglio Tanet e Come d’aria (Elliot) romanzo d'esordio di Ada D’Adamo, purtroppo scomparsa a 55 anni due giorni dopo l'annuncio della dozzina dello Strega,  saranno ospiti della nona edizione del Festival dell’Armonia (Presicce – Acquarica, 25/28 maggio 2023). Il Festival dell’Armonia è ideato e organizzato dalla Libreria Idrusa di Alessano e dall’Associazione NarrAzioni con la direzione artistica di Mario De Siati. È possibile consultare il programma completo del tour salentino al seguente link: Festival Armonia IX edizione – Per Incantamento

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