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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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"Come Dio comanda". Un noir d'autore firmato Salvatores

L'ultimo film di Gabriele Salvatores è tratto dall'omonimo romanzo, premio Strega, di Niccolò Ammaniti. Un'opera bellissima, tesa e avvincente, un noir che lascia lo spettatore inchiodato alla sedia

"Come Dio comanda"
Regia di Gabriele Salvatores
Con: Filippo Timi, Elio Germano, Alvaro Caleca, Fabio De Luigi, Angelica Leo, Vasco Mirandola.
Genere: drammatico
Durata: 103'
Produzione: Italia

"Come Dio comanda" è l'ultimo film di Gabriele Salvatores, tratto dall'omonimo romanzo, premio Strega, di Niccolò Ammaniti. Dopo "Io non ho paura", si riapre il sodalizio artistico tra questo scrittore ed il regista milanese; Salvatores sfoltisce un po' la storia e traduce in immagini il cuore del libro. Teatro della vicenda è un posto non precisato nel Nord-Est del nostro Paese, Rino (Filippo Timi) è un padre alcolizzato e disoccupato che cresce da solo, con l'ossessione dei servizi sociali, il suo unico figlio Cristiano (Alvaro Caleca). Una realtà ristretta, con un solo vero amico, il "fulminato" "Quattroformaggi" (lo strepitoso Elio Germano), un ragazzo ridotto ad un livello para-infantile a causa di un incidente mentre lavorava sui fili dell'alta tensione.

Il verificarsi di un tragico evento cambierà il corso della loro esistenza. Come già anticipato, Salvatores si confronta, per la seconda volta, con un romanzo di Ammaniti e, dopo il tema della disubbidienza filiale in "Io non ho paura", rimane affascinato da quello dell'ubbidienza e del rispetto di un figlio nei confronti del padre. Rino è un genitore pieno di problemi e insicurezze; i simboli neonazisti che compaiono sul suo corpo o nella sua casa, sono il frutto di una fede politica quasi necessaria rispetto alla realtà degradata in cui vive. Egli disprezza gli immigrati, ma solo perché gli sottraggono il lavoro, usa la violenza sì, ma come forma di protezione rispetto ad un mondo in cui, se non reagisci con maggiore forza rispetto all'offesa che hai subito, soccombi. E poi c'è la sua lotta quotidiana contro l'indigenza e contro i servizi sociali, con le loro impossibili pretese.

Nel ricco Nord-Est, tutto ruota intorno alla logica della produttività e chi non produce non esiste. Rino, Cristiano e il loro amico "Quattro", infatti, non esistono, trasparenti e invisibili in un mondo indifferente alle loro richieste di aiuto. Rino è un padre solo apparentemente senza valori, il suo vero svantaggio è di non essere una persona libera, perché come lui stesso dice, in una battuta, solo il denaro rende liberi. Egli cerca di educare il figlio alla sopravvivenza, Cristiano comprende gli sforzi del genitore e lo adora. Un legame fortissimo che è il filo conduttore di tutto il film.

In una realtà sociale agghiacciante, Rino e Cristiano sono agnelli dipinti da lupi. Gabriele Salvatores è un grande regista che, anche in questo caso, riesce a comporre un'opera bellissima, tesa e avvincente, un noir che lascia lo spettatore inchiodato alla sedia per tutta la durata della proiezione (è da maestro, infatti, la lunghissima scena sotto il temporale incessante). Nel ricorrente dubbio che ci poniamo, all'uscita di un film, tra ciò che è vero cinema e ciò che solo lontanamente gli somiglia, ringraziamo Gabriele Salvatores per essere tornato.

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