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Cronaca

Timbrava il cartellino e andava a fare la spesa, condannato ex dipendente Asl

Confermata in appello la condanna a due anni di reclusione per Piero Stabile, l’ex dipendente amministrativo dell’Asl di Lecce accusato di truffa ai danni dello Stato. Il 63enne era accusato di aver truffato la Asl di Lecce allontanandosi dal luogo di lavoro dopo aver timbrato il cartellino per svolgere faccende personali

LECCE – Confermata in appello la condanna a due anni di reclusione per Piero Stabile, l’ex dipendente amministrativo dell’Asl di Lecce accusato di truffa ai danni dello Stato. Il 63enne, assistito dall’avvocato Tiziana Petrachi, era accusato di aver truffato, con la complicità del figlio (condannato in primo grado a un anno con pena sospesa e non menzione nel casellario), la Asl di Lecce allontanandosi dal luogo di lavoro dopo aver timbrato il cartellino. Nel processo di secondo grado i giudici, sulla base dell’appello presentato dall’avvocato Massimiliano Petrachi, che ha dimostrato l’assoluta estraneità del suo assistito ai fatti contestati, hanno assolto il figlio.

I fatti contestati si riferiscono al periodo tra il gennaio e l’aprile del 2008. A incastrare l’imputato furono le indagini coordinate dal pubblico ministero Paola Guglielmi e condotte dai carabinieri anche attraverso pedinamenti e riprese. Dalle indagini era emerso che il 63enne, dopo aver timbrato il cartellino all’inizio dell’orario di lavoro, si allontanava per l’intera giornata lavorativa, trascorsa in faccende private come fare la spesa, andare in macelleria, aggirarsi per Lecce e comuni limitrofi. Nel corso dei pedinamenti erano stati anche documentati gli incontri al mare, sempre durante l’orario di lavoro, con la compagna brasiliana. Quando non riusciva a tornare in ufficio per timbrare il cartellino d’uscita, l’ex dipendente dell’Asl affidava l’incombenza ad altri.

Nei confronti di Piero Stabile fu anche emessa una misura cautelare. Al gip il 63enne ammise in parte le sue assenze, spiegando che le sue mansioni gli consentivano di muoversi anche all’esterno dell’ufficio per eseguire verifiche e controlli. L’imputato dovrà risarcire la Asl (che aveva provveduto al licenziamento per giusta causa), che si è costituita parte civile, con oltre ottomila euro. 

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