rotate-mobile
Femminicidio / Minervino di Lecce

Accoltellata a morte dall’ex, la sentenza: “Delitto pianificato. Ergastolo”

La Corte d’Assise di Lecce ha emesso il verdetto nei riguardi di Salvatore Carfora, reo confesso del delitto della 29enne Sonia Di Maggio, avvenuto il 1° febbraio di un anno fa a Specchia Gallone. Riconosciuta la premeditazione

MINERVINO DI LECCE - Doveva essere sua e di nessun'altro, per questo partì da Napoli per il Salento e quando la vide per strada, mentre camminava al fianco del nuovo fidanzato, la raggiunse colpendola per trentuno volte con un coltello. Non ha avuto dubbi la Corte d’Assise di Lecce: il delitto della 29enne di Rimini, Sonia Di Maggio, fu premeditato. E per questo l’assassino reo confesso Salvatore Carfora, 39enne di Torre Annunziata, non poteva che essere condannato al massimo della pena: l’ergastolo con isolamento diurno per un anno. Tanto più che hanno retto anche l'aggravante dei futili motivi e quella legata al fatto di aver stalkerizzato la ragazza prima di ammazzarla.

A stabilirlo questa mattina è stato il collegio composto dal presidente Pietro Baffa, dalla collega Francesca Mariano e dai giudici popolari, in linea alla richiesta invocata dal pubblico ministero Alberto Santacatterina, al termine di una requisitoria in cui sono state ripercorse in modo certosino tutte le fasi delle indagini sull’omicidio avvenuto il 1° febbraio di un anno fa, a Specchia Gallone.

A nulla dunque sono valse le dichiarazioni dell’imputato che, nella scorsa udienza, oltre a invocare perdono, aveva cercato di dimostrare che il delitto non fu pianificato. Secondo la sua versione, quando si avvicinò alla malcapitata, per strada, le chiese di tornare a Napoli e la sua risposta “è troppo tardi” gli avrebbe fatto perdere i lumi della ragione; così, si accanì su di lei, con un coltellino che, a suo dire, teneva nella cintola dei pantaloni per legittima difesa oppure da utilizzare in caso di necessità ordinarie, per esempio come utensile per tagliare il pane, non avendo un luogo in cui essere ospitato.

Questo racconto fu smentito dal convivente della ragazza, secondo il quale l’aggressione avvenne di spalle e fu fulminea, senza che fosse preceduta da alcun dialogo.

Le cose potrebbero essere andate in questo modo, anche secondo il medico legale Alberto Tortorella, che svolse l’autopsia, riscontrando trentuno ferite da taglio, non solo al collo ma anche al capo. Un numero che il pm ha definito “rivelatore di una determinazione impressionante”.

Secondo il magistrato, inoltre, le testimonianze rese nel processo, hanno consentito di accertare senza ombra di dubbio, i rapporti burrascosi, la “relazione malata" tra vittima e carnefice, e a parlare di questo furono anche i Il pm Alberto Santacatterina e l'avvocato Cristiano Solinas-2numerosi sms di minacce in stile mafioso indirizzati alla coppia, finiti nel fascicolo d'inchiesta: “Due morti che camminano”, “e meglio che rinuc a Sonia si no ti fac fa na brutta fin decid bene”; “nn sai contro chi ti 6 messo".

E per il sostituto Santacatterina, ad animare l’imputato non fu gelosia - che secondo le recenti sentenze della Cassazione è un sentimento da non ritenersi "banale" e non rientrerebbe dunque tra i futili motivi - ma puro spirito punitivo.

Sul punto, fu chiara, la giudice Giulia Proto, firmataria dell'ordinanza di custodia cautelare che trovò sconvolgente la lucida freddezza di Carfora nel raccontare l’omicidio, durante l'interrogatorio: “(…) senza scomporsi, senza un’emozione, senza un minimo di pentimento. Le sue parole avevano come fine ultimo quello di evidenziare che Sonia “se l’era cercata”: era inaccettabile che fino al 27 dicembre erano stati insieme e che già due giorni dopo avesse un nuovo compagno, conosciuto a sua insaputa sui social; era inaccettabile che la donna non volesse stare più con lui, nonostante negli ultimi due mesi non l'avesse più percossa. Ed era normale per lui pretendere che la sua compagna non lavorasse perché, essendo una bella ragazza, gli uomini la guardavano. Sonia non doveva lavorare e non doveva uscire senza di lui, ma soprattutto non doveva permettersi di rifarsi una vita con un altro uomo”.

La sentenza ha disposto il risarcimento del danno, in separata sede, ai familiari della vittima (con l’avvocato Vincenzo Blandolino) e all’associazione Gens Nova odv presieduta dall’avvocato Antonio La Scala (rappresentata dal collega Gennaro Gedaleta), parti civili al processo.

Non appena saranno depositate le motivazioni, la difesa, rappresentata dall’avvocato Cristiano Solinas, valuterà il ricorso in appello, finalizzato a ottenere l’annullamento delle aggravanti, essendo già assodata la piena colpevolezza del suo assistito.

Il giorno della sentenza

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Accoltellata a morte dall’ex, la sentenza: “Delitto pianificato. Ergastolo”

LeccePrima è in caricamento