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Cronaca Viale Giacomo Leopardi

Annegò nel sottopasso "maledetto", in aula anche le vittime degli altri incidenti

Sono stati ascoltati gli speleologi intervenuti dopo l'incidente che costò la vita all'avvocato De Pace. Saranno acquisite anche le querele delle varie altre persone, fra cui due legali pescaresi, vittime di incidenti analoghi

LECCE – E’ tornato in aula, dinanzi al giudice monocratico della prima sezione Tribunale di Lecce, Silvia Minerva, il processo relativo alla morte dell'avvocato Carlo Andrea De Pace, l'ottantenne leccese che il 21 giugno 2010 rimase intrappolato nella sua auto mentre attraversava il sottopasso di viale Leopardi, letteralmente allagato a causa del temporale che dalle prime ore della giornata si era abbattuto sulla città. La Spider su cui viaggiava la vittima fu interamente invasa dall'acqua. L'avvocato De Pace non riuscì a uscire dall'abitacolo e morì, nonostante il vano tentativo di soccorso di alcuni passanti, per annegamento.

Il processo vede come imputati sindaco di Lecce, Paolo Perrone (difeso dagli avvocati Pasquale Corleto e Andrea Sambati), il dirigente del settore Lavori pubblici del Comune, Claudia Branca, e l'ex comandante della polizia municipale, Raffaele Urso. Per i primi due l'ipotesi di reato è di omicidio colposo per omessa cautela. Entrambi, infatti, avrebbero, secondo l’accusa, “cagionato per negligenza, imprudenza e imperizia, il decesso di De Pace”. Per Urso, invece, l'accusa è di favoreggiamento aggravato. Secondo la Procura avrebbe tentato di ostacolare le indagini facendo pressioni su un suo sottoposto, mentre questi si trovava a testimoniare presso il Comando provinciale dell’Arma.

Dopo aver ricevuto la telefonata, il tenente sarebbe prima rientrato presso la sede della polizia municipale, per poi tornare in caserma dopo più di un’ora, dicendo ai militari di non voler rilasciare dichiarazioni, limitandosi a riportare quanto già scritto nella relazione di servizio.

Oggi, in particolare, ad essere sentiti sono stati gli speleologi che eseguirono i sopralluoghi e i riscontri sul luogo della tragedia. Nel corso dell’udienza il pubblico ministero Paola Guglielmi ha chiesto di acquisire agli atti le querele presentate dalle altre persone coinvolte negli incidenti del sottovia, al centro di una vera “maledizione”. Su diposizione del giudice Silvia Minerva, invece, saranno ascoltati in aula come testi.

Lo scorso 31 ottobre il sottovia si alla per l'ennesima volta, a causa di un violento nubifragio abbondantemente preannunciato da giorni e che ha riguardato l'intera penisola. La tragedia, per fortuna, fu solo sfiorata: una coppia residente a Pescara, che stava attraversano il sottopasso in direzione di viale Ugo Foscolo (per raggiungere l'hotel Tiziano, dove alloggiano) rimase intrappolata con l'auto in panne. Per Giovanni Mangia (originario di Galatina e tornato nel Salento per il ponte delle festività di Ognissanti) e Sabrina Di Liso, entrambi avvocati, furono momenti di vero terrore. La notte fra il 2 ed il 3 novembre 2010, tre giovani rimasero a loro volta intrappolati in un'Opel Zafira e si salvarono uscendo dall'abitacolo, prima che l'acqua seppellisse letteralmente l'auto.

L'esposto presentato dai familiari di De Pace, rappresentati dagli avvocati Silvio Verri e Danilo D'Arpa, evidenziò come per il nubifragio il Comune avrebbe dovuto disporre la chiusura immediata del sottopassaggio di viale Leopardi. Un provvedimento che a detta degli stessi non sarebbe mai avvenuto o che comunque si sarebbe concretizzato quando la tragedia era già avvenuta. Nel corso del processo si sono costituiti parte civile il fratello e la sorella della vittima, rappresentati dall’avvocato Donato Muschio Schiavone. L’avvocato Silvio Verri, invece, rappresenta la parte offesa: la signora Marianna De Pace. 

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