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Cronaca

Appalto rifiuti nell'Ato, Causo: "Nel processo dimostrerò la mia correttezza"

L'ex componente del nucleo tecnico operativo e responsabile tecnico dell'Ato3 è tra gli imputati nel procedimento che si aprirà a giugno. In una lunga dichiarazione, con dettagli tecnici, assicura: "Non potrà non essere accertata la realtà di fatti, luoghi, leggi"

LECCE – Francesco Causo non ci sta, ed è sicuro di poter dimostrare la sua innocenza”. Ex componente del nucleo tecnico operativo e responsabile tecnico dell’Ato3, Causo è uno degli imputati principali in un’inchiesta della Procura sugli appalti per la raccolta dei rifiuti. Secondo le accuse, in qualità di pubblico ufficiale, avrebbe predisposto una serie di atti tecnici e amministrativi per “consentire l’aggiudicazione illecita di plurimi contratti d’appalto alle imprese degli altri imputati”. Da cui le aziende avrebbero ottenuti guadagni, a scapito dell’ente pubblico. Sul banco degli imputati, infatti, vi sono anche gli amministratori di “Gial plast”, “Bianco igiene ambientale” e “Armando Nuccio”.

Il 28 giugno prossimo, si aprirà il processo davanti ai giudici della prima sezione penale. “E’ giusto – dice oggi - che io fornisca elementi utili a chi si rapporta con fiducia con me e con il mio studio, fermo restando il rispetto per gli esiti dei procedimenti giudiziari”. Ovvero, “negli unici sei mesi in cui sono stato responsabile dell'Ato – spiega - mi viene contestata la falsa attestazione della presenza di aree per sede aziendale e centro di raccolta, ma i sopralluoghi sono stati fatti proprio in quelle aree che c'erano prima e ci sono oggi. Ci si può andare, stanno li”.

“Mi viene contestato – prosegue nella sua esposizione - abuso di ufficio per avere corretto una determina del mio predecessore per errore materiale. Ma c'è proprio un errore materiale, un’erronea lettura degli atti di gara del precedente responsabile che egli stesso mi indica con estrema correttezza e chiarezza. La correzione – spiega - ha consentito di evitare un unico caso di comportamento difforme da parte dell'Ato rispetto a quanto fatto dai precedenti e dai futuri responsabili”.

Nel periodo in cui non ero responsabile del servizio ma solo libero professionista – prosegue - mi viene contestata la corruzione sul fatto che le ditte in questione avrebbero dato incarichi per le gare ad altra professionista (non a me) che allora condivideva con me parte delle spese di studio quando vi si appoggiava. Non mia socia”.

“La corruzione – aggiunge, nel suo atto di difesa - si concretizzava perché io nell'Ato potevo “valutare e gestire” le gare ma gli stessi atti di indagine accertano che io non ho mai fatto parte di commissioni di gare ne facevo parte degli uffici dell'Ato, né potevo dare indicazioni che condizionassero affidamenti, ne le indagini hanno evidenziato alcun comportamento scorretto nella redazione degli atti certificandone indirettamente la correttezza”.

“Vengono indicati come compensi per attività fittizie fatture riferite a prestazioni precise. Permessi di costruire e pratiche edilizie – dice ancora - peraltro fatte congiuntamente con altri professionisti stanno lì, depositati, completati e anche antecedenti le vicende in questione e quindi saranno verificati con facilità. Non mi pagano somme per corrompermi e aggiungo in nulla potevo avvantaggiarli”.

“Segnalo che con le gare dell'Ato le ditte in questione vincono in gara (escludendo i ricorsi giudiziari) solo due gare su 24 comuni mentre in precedenza ne gestivano ben 13. Altre ditte si aggiudicano gare in modo più corposo e mi sembra che la tesi che io abbia favorito molteplici affidamenti possa dirsi errata”, spiega ancora il professionista.

“Infine gli atti di gara da me predisposti con altro professionista non metterebbero a carico delle ditte, ma dei Comuni i costi di progettazione e commissione perché esplicitamente inseriti nel quadro economico dell’offerta su cui si calcola il canone”.

“Invece – sottolinea Causo, addentrandosi negli aspetti tecnici - sono proprio posti a carico delle ditte aggiudicatarie che semplicemente nel modello di giustificazione della propria offerta sono obbligate ad indicarli e giustificarli come tutte le altre spese poste a loro carico dagli atti ai sensi del decreto legislativo157/95 e come confermato dal Dpr 207/2010  che anzi dimostra come tale dettaglio ha consentito enormi risparmi all'ente appaltante che altrimenti avrebbe dovuto inserire a copertura di tale obblighi imposti alle ditte spese generali generiche  fino al 17 per cento”.

“Per assurdo – continua - per evitare il disguido meglio sarebbe stato gravare di corpose spese generali gli atti di gara. Mai accetterò di farlo. Purtroppo per gli enti questa ipotesi non è una possibilità utile per sperare di recuperare somme. Al contrario gli enti con l'occasione, potrebbero fare un approfondimento sul quadro economico e bene farebbero a verificare che tali spese e quelle con cui sono pagate le forniture di attrezzature non siano state pagate anche nell'ultimo anno, perché dopo averne completato l'ammortamento nei cinque anni di appalto, avrebbero pagato per la seconda volta una quota di canone che le ditte avrebbero indicato come necessario a coprire progetti e attrezzature già completamente pagati nei cinque anni. Questo potrebbe provocare un grave danno per l'ente”.

“Tanto dovevo nella certezza che in dibattimento non potrà non essere accertata una realtà di fatti, luoghi, leggi. Risponderò ad ogni affermazione errata che sia  diffamatoria nei miei confronti perché lo devo a me e a chi mi dà fiducia ogni giorno fornendo al contempo agli organi giudiziari elementi utili a capire il perché – conclude - ritengo essere la realtà diversa da quella contestata”.

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