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Cronaca

Aspettando il futuro. I mille volti della crisi nell'anno che se ne va

Il 2012 s'è chiuso con una sequenza impressionante di incidenti mortali. Ma la colpa è delle strade? Intanto, mentre l'Italia prova a rialzarsi, la politica locale annaspa nelle vecchie logiche. Intorno, licenziamenti e crimine

LECCE - Un assembramento di pensieri impastati nell’alcool, viaggiano in una Punto nella notte spenta. Lei non tornerà, il lavoro non decolla. Il futuro è una nebbia di idee confuse che si dissolvono in un attimo. Il mondo si capovolge. Perché tutto sembra andare al rallentatore? Nello scontro con ribaltamento, fotogrammi di coscienza riemergono da un angolo nascosto. Scariche adrenaliniche.

L'impatto metallico al suolo, il tettuccio che si piega obliquo verso destra, sotto la spinta della gravità. E poi, il pugno sul finestrino già ridotto ad una ragnatela, per trovare un varco, i vetri che esplodono, il sangue sulla mano ed il suo sapore ferroso in bocca, mentre un rivolo scende dalla tempia. E ancora, le cinture slacciate di fretta e le contorsioni per uscire, il giubbotto che  scivola sull’asfalto intriso di benzina.

L'auto è coricata in mezzo alla via, accartocciata, dopo l'impatto con un’incolpevole station wagon parcheggiata ai margini del marciapiede. Poi, il solito capannello di curiosi, le sirene di un’ambulanza, la corsa al “Fazzi”. Solo graffi, un miracolo.

Più di dieci anni dopo, tutto è ancora così nitido, nella mente, e poi ci sono un paio di cicatrici come promemoria. Ma quella notte è stata uno spartiacque fra il primo e il dopo, la fine di un mondo di eccessi, la presa di coscienza che la vita è un dono nelle nostre mani, e che anche quella degli altri può dipendere da noi. Se ci fosse stato qualcuno, accanto, sarebbe morto schiacciato da quel tettuccio che ha voluto risparmiare, per questione di millimetri, la mia testa”. 

Questa è una storia vera. Il protagonista sono io. Penso spesso a quella notte di anni or sono. Ci penso soprattutto di fronte all’ennesimo incidente mortale di cui, inevitabilmente, o io, o qualche collega, dobbiamo fare un rendiconto.

Un anno di morti in strada. Perché?

L’anno s’è chiuso con una cifra spaventosa di lutti. L’apice, proprio sotto Natale. In realtà, solo il gran finale di un’altra, nefasta stagione di vite perse per sempre lungo le strade del Salento. Un pegno di sangue troppo alto.

E’ vero. Alcune strade sono mulattiere, tratturi bui e pericolosi, e ci sono incroci e curve che sembrano partoriti da menti perverse. Ma forse qualcosa cambierà davvero se tutti saremo in grado di mettere da parte una certa, pericolosa ipocrisia di fondo, sempre diffusa, e accettare che la componente umana è predominante.

Ho analizzato tante volte il mio incidente. L’incrocio fra via Gentile e la circonvallazione, nel tratto fra viale Japigia e viale Rossini, è un concentrato di pericoli. Ma questo non significa che si debba correre (ed io stavo correndo), né che ci si possa mettere al volante poco lucidi (ed io non ero lucido). Se non mi sono rotto il collo, è solo perché avevo le cinture allacciate (e tanti non lo fanno). Un amico carabiniere, di recente, m’ha detto: “M’incazzo quando voi giornalisti usate la locuzione strade killer. Allora, scrivete pure pistola killer, a questo punto. Facciamo finta che il grilletto scatti da solo”. Non ci sono alibi. Al volante ci siamo noi, esattamente come dietro ad una pistola c’è un sicario. Il 2013, allora, potrebbe partire con un proposito da parte di tutti: prendere coscienza che le strade salentine non sono più assassine di altre.  Senza se e senza ma, capire che la responsabilità, prima di tutto, è nostra.

La crisi della politica e quella economica, nel sonnacchioso Salento

Ma la scarsa presa di coscienza dei problemi, a voler ben vedere, è stato il leit-motiv dell’intero 2012, in una terra, per la verità, in cui s’avverte da sempre il distacco dai grandi sommovimenti nazionali. Sarà la periferia geografica, chissà, ma in politica, per esempio, s’ode un lamento continuo, come un ronzio soffuso che si riverbera a volte in certi commenti di lettori carichi di astio per la classe dirigente. A volte è semplice rancore non costruttivo. E l’ansia di rinnovo resta solo un’aspirazione, se l’onda del cambiamento non parte dai cittadini.

perronebis 014-2Il centrodestra, durante le ultimi elezioni delle amministrazioni locali, ha subito un ridimensionamento che in tanti casi, forse, è andato ben oltre le effettive colpe di chi era insediato nei Comuni. Più che altro, è stata una risposta di massa contro il cervello centrale. La scure s’è abbattuta sul berlusconismo.

Nel capoluogo salentino, però, e nonostante tutto, le urne hanno riconsegnato un plebiscito per l’amministrazione uscente. Tanto che s’è parlato, forse in modo prematuro e, di certo, sotto l’onda dei facili entusiasmi, di un “sistema Lecce”. Ci potranno essere stati anche dei meriti, per carità, se è arrivato un rinnovo. Non è questa la sede in cui vogliamo affrontare un giudizio sull’opera di Paolo Perrone. Ma il plebiscito è apparso eccessivo, frutto, piuttosto, di un’incapacità della parte avversa d’innovare. Non c’è stata neanche un’onorevole resa, infatti, ma un flop catastrofico su tutta linea.

Si pensava, forse, che sarebbe bastato cavalcare il malcontento generale, senza un minimo di senso prospettico locale. E così, vecchi volti contro vecchi volti, vecchie logiche contro vecchie logiche, nulla che potesse ammaliare, accendere una scintilla. E mentre ovunque, in Italia, la sinistra e, soprattutto, i movimenti alternativi iniziavano a sollevare la testa, a Lecce il feudo resisteva e, anzi, si rinforzava grazie alla fiacchezza delle truppe avversarie.

E i cittadini, in tutto ciò, quando alzeranno la testa? Quando prenderanno coscienza che la politica non va subita?

Una presa di coscienza, però, c’è stata, in questo 2012 che va in soffitta portandosi dietro mille interrogativi: quella della crisi economica. Fra un record di cassintegrati, licenziamenti e di picchetti davanti alla Prefettura, poche, imbarazzate prese di posizione della politica. Che non sa più dove andare a pescare. E che incolpa, il più delle volte, con facile populismo, le sforbiciate di Mario Monti, nel semplice e puro terrore di perdere voti. Anche se qualcuno inizia a guardare – tardivamente? – all’agenda Monti come unico rimedio per ritornare in auge. Bollori in pentola e confusione generale, nel pasticcio di una politica in crisi d’identità anche nel Salento.

L’onta della C a tavolino

Fra le spire della crisi economica, s’è insinuata anche quella del calcio. Lecce non aveva mai subito una simile onta. La retrocessione per illecito è un macigno, uno sfregio indelebile. Eppure, con la serie C e la nuova dirigenza, sui gradoni è tornato il tifo. E l’entusiasmo. Il segno che, a volte, serve davvero un trauma, una sferzata decisa, nella vita, per fare da spartiacque, fra il prima e il dopo. Anche se, trascinati dai primi risultati eclatanti, s’era pensato che i giallorossi potessero essere lo schiacciasassi del campionato, in grado di arrivare allo scacco matto in poche, rapide mosse.

L’inverno pungente, e le prime defaillance, hanno riportato a galla malumori che, forse, erano solo sopiti. E non ci sono più le certezze della prima ora. Che il 2013, allora, possa portare, almeno nel calcio, nuove soddisfazioni. Magari trovando il nodo del problema che affligge la squadra e proponendo una seconda, mini-rivoluzione. Almeno per ritrovare vittorie e sorriso. Il tempo, poi, dirà se, nel complesso, i Tesoro sono davvero la soluzione giusta per il Lecce. Un giudizio, ora, sarebbe precoce.

Lecce, Brindisi, le bombe e la casta

Facendo un passo indietro, e tornando alla cronaca, l’anno che s’è chiuso ha portato con sé una ridda di fatti gravi, dietro ai quali si può intravedere, ancora una volta, la molla della crisi economica. L’escalation di furti e rapine, ma anche le ripetute intimidazioni a sindaci, partiti, esponenti politici delle comunità locali, sono un cattivo segnale da prendere con estrema serietà, per un’analisi profonda del sistema sociale salentino. Il nuovo prefetto, Giuliana Perrotta, per la verità, almeno ci sta provando. Rispetto ad alcuni suoi predecessori, s’intravede una presenza viva sul territorio. Questo è indubitabile.

scuola_morvillo-2I drammi restano, però, e con essi tutto il carico di sospetti. Persino l’attentato di Brindisi, a maggio, davanti alla scuola “Morvillo-Falcone”, sembrava, nelle prime battute, rievocare antichi fantasmi. Salvo poi scoprire che di terroristico c’erano le modalità, ma non la matrice. Piuttosto, gli spettri che affliggevano da anni la mente di un imprenditore. Una vicenda che si presta a molte chiavi di lettura, e che presenta, soprattutto, ancora diversi punti oscuri: è possibile che Cosimo Vantaggiato abbia fatto tutto da solo? L’inchiesta degli inquirenti, per quanto rapida e solerte, non è mai stata davvero in grado di dirimere la questione. E si arriverà al processo, che si aprirà proprio nelle prossime settimane, con alcuni punti  insoluti. 

Il fatto, uno dei più agghiaccianti episodi di cronaca mai vissuti in un Salento dove, pure, ancora si odono gli echi dei fatti di sangue degli anni passati, quando imperversava una Scu feroce e primitiva, è stato seguito in prima persona da LeccePrima. Ancor prima di sapere che la trama si sarebbe infittita a tal punto, da interessare il Salento leccese, con la scoperta che l’attentatore era di Copertino.

E’ stata una prova difficile, in una provincia limitrofa, ma pure diversa. Una prova inevitabile, sul campo, sia per l’entità del fatto, sia in funzione di un possibile allargamento territoriale (e quindi, del lavoro stesso della redazione), poi naufragato con la caduta prematura del governo Monti, che ha salvato dal taglio le Province. Mantenendo inalterati taluni privilegi di casta di cui si potrebbe fare a meno e perdendo l’occasione di razionalizzare sul serio la spesa pubblica. Sarà pur vero, dicono alcuni, che la profezia dei Maya andrebbe letta non come un'avvisaglia concreta dell'Apocalisse, ma in un'ottica di cambiamento profondo della società. Tant'è. Gli effetti, ancora, non si sono visti. 

LeccePrima, il suo futuro

Un’ultima parola, infine, sempre per questo giornale. Venuto su dal nulla, all’inizio del 2007, in pochi anni ha conquistato decine di migliaia di lettori, contro le nostre stesse, più rosee aspettative. Fra inevitabili errori di gioventù e – concedetecelo -, di tanto in tanto, qualche discreto servizio, siamo passati da poco più di un anno sotto l’ala del gruppo Citynews, al quale siamo grati sia per l’impegno economico che ci permette di crescere ancora, sia, soprattutto, per aver lasciato la più totale discrezionalità alla dirigenza nel dettare la linea editoriale. Una preziosa rarità, nel giornalismo di oggi.

Insomma, il rodaggio è andato bene, la macchina è pronta per ripartire di slancio. E Nel 2013 cercheremo di cresce ancora, accanto a voi, cari lettori, che ci seguite con tanta pazienza, e che non esitate, qualche volta, a criticarci. Un buon esercizio, quando serva a tutti noi per riflettere e migliorare. 

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