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Giovedì, 25 Aprile 2024
Il caso / Ruffano

Accusato di maltrattamenti dalla ex ma il “fatto non sussiste”: assolto 27enne

Una controversa vicenda che ha portato alla sentenza del tribunale in favore di un uomo, imputato per presunte vessazioni e violenze da parte della ex compagna: tante incongruenze hanno però fatto crollare le accuse

RUFFANO – Era accusato di maltrattamenti dalla sua ex e dal nuovo compagno della donna: è stato assolto con formula piena, perché “il fatto non sussiste”, il 27enne di Ruffano al centro di una controversa vicenda, chiusa da una sentenza emessa dal Tribunale di Lecce, nella giornata di ieri: a favorire la decisione della giudice, Maria Francesca Mariano, al termine di un processo con rito abbreviato, sarebbe proprio l’attendibilità della parte offesa, ovvero la donna, difesa dall’avvocato Walter Gravante, che avrebbe evidenziato nelle proprie accuse alcune incongruenze. E così per l’ex compagno, rappresentato dagli avvocati Ada Alibrando e Valeria Carolì, è arrivata la piena assoluzione.

I fatti.

Tutto parte dalle indagini dei carabinieri di Ruffano dopo la denuncia sporta da una 26enne, il 5 gennaio 2022, per maltrattamenti da parte del convivente, un 27enne, con cui aveva una relazione quattro anni da cui era nato un figlio. Le vessazioni si sarebbero verificate, a suo dire, anche in presenza del piccolo, riferendo di essere stata picchiata per gelosia e di non poter avere contatti con altre persone. Stando al suo racconto, il compagno le aveva persino impedito di raggiungere un medico o di recarsi in ospedale per farsi refertare i traumi riportati, apostrofando in maniera volgare e riempiendola di calci e pugni. Le aggressioni i sarebbe consumato prima, durante e dopo la gravidanza.

A testimoniare in favore della donna un amico di famiglia (diventato, però, nel tempo il nuovo compagno), con cui, al termine dell’ennesima lite e della fuga da casa, la stessa si era presentata in caserma. Il pm di turno, nell’occasione, aveva autorizzato i militari ad accompagnare la donna in casa per prendere il bambino, che, nel frattempo si trovava col padre presso parenti a Supersano.

L’amico di famiglia, interrogato, rivelava di conoscere la donna da sei anni e di aver iniziato da due una relazione con lei, aiutando, quando poteva, la sua famiglia nell’acquisto di generi di prima necessità. Raccontava che, una settimana prima, si era trovato in casa della coppia, assistendo ad una lite scaturita dal fatto che la donna avesse manifestato al compagno 27enne la volontà di lasciarlo. Ne era scaturita una reazione violenta, in cui l’uomo avrebbe minacciato di gettarle addosso dell’acido, per poi aggredirla e tirarle i capelli. L’amico, intervenuto per placare il compagno della donna, in presenza del bimbo, sarebbe stato minacciato a sua volta, ma decideva di non sporgere denuncia.

Le prime incongruenze.

Da qui partono alcune delle incongruenze che hanno iniziato a far dubitare del castello accusatorio. Il 13 gennaio, i carabinieri hanno verificato l’avvio da parte del Comune di un programma di protezione e tutela in favore del figlio minore della coppia (che risultava vivere con il padre della donna) e che la 26enne si fosse trasferita dal suo nuovo compagno. Il 10 gennaio, la donna aveva rifiutato l’ospitalità del centro antiviolenza “Il Melograno” perché convinta di non sapersi adattare.

Pochi giorni dopo, il primo febbraio, davanti al gip la donna ha ribadito le proprie accuse, rivelando che in un’occasione l’ex compagno, rientrando in casa, l’aveva trovata con l’amico (diventato intanto il suo nuovo compagno) e convinto di un tradimento aveva reagito male, anche se i due stavano solo scherzando.

Veniva chiesto un chiarimento anche sull’invio di alcuni sms al telefono dell’ex compagno, in cui la stessa donna dichiarava di amarlo: la 26enne rispondeva che, in quel periodo, nonostante la separazione, era andata a trovare l’ex per il bene del figlio e che con ogni probabilità lui stesso avesse inviato da solo i messaggi, quando lei aveva lasciato il cellulare in carica. In tutto questo, la donna aveva rimesso la querela, non costituendosi parte civile e spiegava la scelta dicendo che, trattandosi del padre del figlio, non volesse procurargli del male e non fosse interessata al suo denaro.

Quanto ai certificati sulle presunte violenze, esisteva uno dell’8 gennaio del pronto soccorso dell’ospedale di Casarano in cui si dà atto che la donna abbia riportato “traumi da ecchimosi alle braccia” e che la stessa abbia riferito di essere stata percossa da persona a lei nota in casa propria.

Le discrepanze del racconto alla base della decisione

Per il giudice sarebbero diverse le discrepanze nelle dichiarazioni della donna: troppo generici i riferimenti alle aggressioni senza alcun appiglio temporale, a maggior ragione considerando la portata degli episodi denunciati; ci sarebbe una sorta di “conflitto d’interesse” nella sola testimonianza a favore della ricostruzione della donna nella figura del nuovo compagno; inoltre l’unico episodio ricordato, con la reazione poco garbata dell’ex compagno quando aveva trovato la 26enne in compagnia dell’amico, ha, per il giudice una giustificazione nel contesto di degrado in cui maturavano i fatti.

La stessa decisione di non procedere con la denuncia e di non recarsi in un centro antiviolenza sono apparse in contrasto con l’emergenza quotidiana di chi vive vessazioni psicofisiche continue; e ancora la decisione di affidare il bambino ai genitori per andare a convivere col nuovo compagno, ha mostrato, a parere dei giudici, “che quel figlio che era decisivo per evitare una denuncia, non lo era per una convivenza nuova”.

Tutti questi elementi hanno indotto il giudice a dubitare fortemente della parola della persona offesa e a ritenere che la situazione sia frutto di un clima di tensione in famiglia a causa del nuovo interesse per un altro uomo, con il quale poi la donna ha concretizzato una diversa esperienza di vita. E che la stessa denuncia sia nata da un moto nervoso verso il precedente compagno, ritenuto ostacolo alla nuova relazione. Dubbi anche in riferimento alle lesioni, in quanto una sola ecchimosi al braccio poteva derivare da mille ragioni ed anche da un semplice involontario strattonamento. Da qui la sentenza di assoluzione del 27enne.

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