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Cronaca

Collaboratori linguistici senza contratto. E’ guerra in ateneo sulla bozza di accordo

Sindacati intenzionati a riscrivere la bozza del nuovo contratto proposto dall’amministrazione. Denunciano disdetta unilaterale, “inspiegabili ritardi”, rischio dimezzamento degli stipendi e servizi meno efficienti

LECCE - I collaboratori ed esperti linguistici dell’ateneo, il 23 ottobre, hanno ricevuto un’amara notizia: il Consiglio d’amministrazione dell’università del Salento ha deliberato lo scioglimento del loro contratto collettivo decentrato. Si è trattato di una disdetta unilaterale del contratto, sottoscritto nel 2009, in vigore fino alla sua sostituzione.

Una previsione confermata anche dll’articolo 51 del contratto del comparto università, sottoscritto nel 1996. Sulla scorta di queste considerazioni i sindacati accusano l’amministrazione dell’ateneo di “comportamento anti-sindacale” proprio a causa del mancato rispetto delle norme contrattuali, sottolineando come non si evincano i motivi di un’azione che interessa sia gli ex lettori che i collaboratori assunti dal 1995 in poi. 

La stessa delibera del Cda sembrerebbe, invece, orientata a definire le linee di indirizzo per la stipula del nuovo contratto integrativo, in riferimento all’articolo 26 della legge 240 del 2010, o “riforma Gelmini” che dir si voglia.  “Si rileva l’inopportunità della disdetta sia dal punto di vista giuridico sia da quello politico. – spiegano i referenti di Cisl, Uil, Rua/Snals, Flc Cgil - Giuridicamente, se il motivo risiede nella riforma Gelmini, che avrebbe di fatto provocato la caducazione dei vecchi contratti integrativi, allora si sarebbe dovuto intervenire prima e non dopo circa due anni da quando ha incominciato a produrre i suoi effetti. Politicamente, poi, ha determinato un vulnus mai verificatosi prima, né a livello locale né a livello nazionale, ed in altre pubbliche amministrazioni”.

Perché lasciar passare tutto questo tempo? Anche il rettore Domenico Laforgia, a detta dei sindacati, avrebbe operato in ritardo, “lasciando trascorrere altri 21 giorni per comunicare l’avvenuta disdetta”. 

Ritardi che si sommano ad altri, quasi “inspiegabilmente”: “L’amministrazione ha poi pensato bene di far trascorrere inutilmente altro tempo e solo il  17 dicembre ha convocato la contrattazione integrativa”. Si badi bene: mancavano appena due settimane alla scadenza, vacanze natalizie comprese.  
Una riunione definita, quindi, “ inutile”, perché l’ipotesi del nuovo accordo è stata inviata alle organizzazioni sindacali, nella versione definitiva, il 18 dicembre.

Risultato? Dal 1° gennaio del nuovo anno gli interessati sono sprovvisti di contratto integrativo, ed “alcuni corrono il rischio di una riduzione dello stipendio di quasi la metà,  mentre non saranno più garantiti i servizi previsti dall’accordo”.

Il CdA, sempre secondo i sindacati, ha esercitato un potere di autotutela che contrasta con i fondamentali canoni di buona fede e di affidamento incolpevole dei lavoratori. L’articolo 26 della legge in oggetto non parla dei collaboratori assunti dopo il 1995, ma solo degli ex lettori ai quali riconosce il diritto al trattamento economico corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito fino al 1995.

Il trattamento economico previsto dalla legge, inoltre, è stato ritenuto dalla Corte di Cassazione trattamento minimo dei collaboratori in servizio presso tutte le università italiane, in virtù della sentenza della Corte di giustizia europea. Anche i giudici del lavoro, incalzano i sindacati, hanno riconosciuto ai collaboratori il trattamento economico del ricercatore confermato a tempo definito, con il criterio della progressione economica. 

L’ateneo avrebbe quindi voluto rimettere tutto in discussione, “operando una retromarcia pericolosa”. “Si sta di fatto mettendo in discussione la parità di trattamento e l’intangibilità della retribuzione”, denunciano i sindacalisti. Anche la bozza di contratto proposta dall’ateneo, e passata al vaglio delle parti sociali durante il tavolo tecnico convocato pochi giorni addietro, ha fatto storcere il naso perché “prevede la riduzione del trattamento integrativo, a fronte dello svolgimento delle medesime prestazioni lavorative, identiche per i lettori ed i collaboratori”. La disparità di trattamento in situazioni identiche – è questo un altro rilevo giuridico mosso dai sindacati -  confligge con l’articolo 3 della Costituzione e con il principio di ragionevolezza.

Dalla delibera del CdA del 20 novembre si evince, inoltre, che “il rettore ha segnalato la necessità di fissare dei parametri valutativi delle prestazioni, facendo riferimento al decreto Brunetta che - a suo dire - ha ormai eliminato qualsiasi automatismo tra l’anzianità di servizio e l’incentivazione del personale tecnico “.

I sindacati rispondono che, sebbene inseriti nello stesso contratto del comparto università, ai lettori e collaboratori non si possono applicare le stesse norme previste per il personale tecnico amministrativo, poiché appartenente ad una categoria differente. Inoltre il decreto Brunetta non sarebbe è applicabile ai contratti integrativi vigenti, ma valido solo per il futuro. 

Nel corso dell’ultimo tavolo tecnico per discutere la bozza di accordo (era l’8 gennaio) i sindacati hanno chiesto all’ amministrazione annulli la delibera incriminata che rappresenta “un gravissimo vulnus per avviare il confronto con la parte pubblica”. “Non si può contrattare con chi poi non mantiene gli impegni assunti ed intende penalizzare un’intera categoria di lavoratori, ancor più senza giustificati motivi”, denunciano i sindacati che, comunque, si faranno carico di riscrivere la bozza.

E’ quasi scontato ,però, che le posizioni potrebbero essere molto distanti tra loro, “con il rischio che passino diversi mesi nel corso dei quali i lavoratori avranno lo stipendio dimezzato”. Inevitabili, poi, le ricadute  negative sui servizi offerti agli studenti. “Tutto ciò è il frutto di comportamenti irresponsabili che continuano a produrre danni per i lavoratori e per l’utenza”, chiosano Cgil, Cisl, Uil e Rua Snals.

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