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Cronaca Porto Cesareo

Bahia del Sol: assolti sindaco e altri tre, condannato militare capitaneria

I principali imputati rispondevano di abuso d’ufficio e falso per le autorizzazioni sulle serate danzanti nel lodo di Porto Cesareo

PORTO CESAREO – Una sola condanna, gli altri quattro assolti. Per sindaco di Porto Cesareo, Salvatore Albano, l’attesa era senz’altro spasmodica perché, per effetto della legge Severino, se la sentenza fosse stata sfavorevole, la Giunta sarebbe caduta seduta stante.

E invece, sia il primo cittadino, sia il titolare dello stabilimento balneare Bahia del Sol, Luca Mangialardo, sono stati assolti “perché il fatto non sussiste” nel caso della vicenda delle autorizzazioni concesse dal Comune per lo svolgimento di happy hour musicali pomeridiani e di serate danzanti. I fatti erano avvenuti nelle stagioni estive 2011 e 2012.

Quattro assolti e un condannato

Il verdetto è stato emesso della seconda sezione collegiale del Tribunale di Lecce (presidente Fabrizio Malagnino). Il primo cittadino cesarino era difeso dall’avvocato Antonio Quinto, l’imprenditore dagli avvocati Giuseppe Romano e Angelo Vantaggiato.

Nel processo erano implicati anche il funzionario comunale che aveva materialmente predisposto gli atti, Maurizio D’Andria (assolto: era difeso dagli avvocati Luigi Covella e Marco Greco), il politico locale ed ex sindaco della cittadina rivierasca, Antonio Fernando Basile (assolto: era difeso dall’avvocato Giuseppe Romano) e il militare della capitaneria di porto gallipolina, Stefano Stella, leveranese, unico condannato a un anno, con interdizione dai pubblici uffici e pena sospesa. Quest’ultimo rispondeva di rilevazione del segreto d’ufficio (era difeso dagli avvocati Lavinia Gala e Paolo Spalluto).

Il pm: "Un anno e mezzo a testa"

Respinta, dunque, la richiesta del pubblico ministero Antonio Negro, che aveva ipotizzato i reati di abuso d’ufficio e falso a carico di principali imputati e invocato la condanna a un anno e mezzo di per i primi quattro imputati.

Per l’accusa, i permessi sarebbero stati rilasciati in violazione delle disposizioni nazionali e regionali che disciplinano le ipotesi di autorizzazione in deroga ai limiti acustici per lo svolgimento degli spettacoli e delle manifestazioni musicali, e, favorendo l’imprenditore.

La Procura aveva affermato, in particolare, che le autorizzazioni, sebbene formalmente rilasciate per attività temporanee, in realtà avessero finito con l’assentire una permanente deroga ai limiti di diffusione sonora, con ciò determinando una trasformazione dello stabilimento in una vera e propria discoteca. Inoltre, quegli atti sarebbero stati adottati in assenza di un’adeguata istruttoria, essendo stata omessa la acquisizione preventiva del parere dell’Asl.

La difesa: "L'iter era corretto"

In udienza, il collegio difensivo ha invece dimostrato la correttezza del procedimento, in linea con quello seguito per gli altri stabilimenti secondo una prassi consolidata che non richiedeva il concorso dell’Asl, nonché la piena osservanza del dettato normativo, evidenziando la sussistenza di tutte le licenze prescritte per lo svolgimento delle serate danzanti e per le attività pomeridiane, e la natura solo circoscritta delle deroghe concesse.

“La sentenza è di particolare importanza – ha affermato l’avvocato Antonio Quinto – perché l’eventuale condanna anche solo di primo grado avrebbe comportato la sospensione di diritto del sindaco in carica ai sensi della legge Severino, decretando di fatto la fine dell’esperienza dell’attuale amministrazione”.

“I giudici leccesi – ha aggiunto il legale - hanno dimostrato grande scrupolo nell’analisi dei fatti e nella valutazione dei provvedimenti incriminati, che sono stati evidentemente giudicati rispettosi del paradigma normativo, ritenendo altresì che a quegli atti fosse estraneo l’intendimento di favorire chicchessia”.

Unico condannato, dunque, resta il militare della capitaneria. Era accusato di aver avvisato preventivamente il titolare dell’arrivo di un’ispezione. I suoi difensori hanno provato a difendere la sua posizione, evidenziando come non fosse in servizio al momento dei fatti contestati.

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