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Cronaca

Bomba e fiamme: doppio attentato, un unico obiettivo

Ordigno artigianale piazzato in un box di via Terni e scooter dato alle fiamme in pizzale Milano. Al centro di tutto, Carmelina Salierno, già compagna di Antonio Giannone, freddato dal killer Monaco

LECCE - Prima le fiamme. Hanno avvolto uno scooter posteggiato dalle parti di piazzale Milano, distruggendolo. Il muro di una palazzina, annerito. Poi l'esplosione. Una bomba carta, creata con polvere di petardi miscelata, da mani probabilmente esperte nello sviluppare ordigni artigianali. Piazzata di fronte ad un box auto, questa volta in via Terni. Ma non di particolare potenza. Tutto nel giro di pochi minuti. Un doppio attentato che ha scosso, nel tardo pomeriggio, non strade qualunque e che, soprattutto, non ha colpito una persona qualunque.

Perché lo scenario della bomba carta, in particolare, che comunque non ha provocato danni ingenti, è quello della palazzina al civico 19 di via Terni, alla periferia di Lecce, dove Gianni "Coda", alias Giampaolo Monaco, l'ex pentito della Scu, noto proprio per il grilletto facile, fuggito dai domiciliari in una località protetta, a Torino, la notte del 6 aprile del 2009, uccise Antonio "Palla" Giannone, all'epoca 25enne. E perché la vittima degli attentatori è Carmelina Salierno, la giovane che con il 25enne aveva una relazione. Fu sul pianerottolo dell'ultimo piano che alle 22,20 di quella notte, Monaco fece per due volte fuoco alla testa di Giannone.

A lei, dunque, in uso il box, sempre suo anche lo scooter, che si trovava nei pressi dell'abitazione della famiglia. E tra via Terni e piazzale Milano, solo qualche centinaio di metri e la divisione di una strada, viale dello Stadio. Tutto è avvenuto intorno alle 18. Sul posto è intervenuta la squadra mobile di Lecce. Difficile stabilire, al momento, se ad agire siano state una o più persone. Anche il movente non è chiaro. Quello che è ampiamente noto alle cronache (ma non è assolutamente detto che vi sia un nesso) è che Carmelina Salierno, a breve, dovrà comparire in aula come testimone per il processo in atto, proprio su alcuni aspetti che riguardano quell'omicidio. Monaco è già stato condannato all'ergastolo, ora si sta vagliando la posizione del 41enne Franco Ventura, che gli avrebbe fornito la pistola. Dunque, un possibile fiancheggiatore. Lo stesso Giampaolo Monaco, nell'udienza del 18 novembre scorso, ha confermato: Ventura avrebbe portato l'arma direttamente a Torino e fornito anche documenti falsi. La fuga, però, dopo l'omicidio, è fallita. La polizia ha sorpreso "Coda" il 4 gennaio del 2009 alla stazione di Bologna. Era diretto fuori dall'Italia.

Giannone era ritenuto dagli inquirenti uno spacciatore emergente, a Lecce, tanto che il suo nome sarebbe comparso nella recente operazione dei carabinieri, "Little Devil", che ha condotto a diversi arresti (e fra questi, anche di Cristian Salierno, fratello di Carmelina), se non fosse stato freddato quella notte. Anche se i motivi di quel delitto non sono da ricercarsi in alcun modo in presunte attività illecite, quanto in una sorta di vendetta d'onore. La mano di Gianni "Coda", che già tanti omicidi aveva sulla coscienza, si armò per l'ultima volta per tornare a Lecce e uccidere Giannone e tutti coloro i quali avrebbero offeso il fratello Mirko e, in generale, la sua famiglia. Situazioni apprese via Facebook, con cui i due si sarebbero tenuti in contatto.

Motivo scatenante delle offese che avrebbe ricevuto Mirko Monaco, la decisione del fratello "Coda" di collaborare con Procura di Lecce. A suo tempo, era ritenuto il "braccio armato" del clan Cerfeda e le sue dichiarazioni hanno fatto luce su diversi casi degli anni di piombo della Scu leccese. E ora, alla polizia spetta capire cosa possa aver indotto qualcuno a compiere quest'attentato doppio, particolarmente inquietante, ai danni della ex compagna di Antonio "Palla". Proprio per cercare di far luce, Carmelina Salierno è stata ascoltata a lungo in questura, nelle scorse ore. Di certo, una situazione che s'insinua in un clima, in città, già molto teso per la recrudescenza criminale dovuta a furti a rapine.

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