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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Bombe carta e invasioni nel derby: nove baresi indagati

Sono i primi identificati dopo gli atti di guerriglia avvenuti a Lecce sabato scorso in Curva Sud. Ma le Digos di Bari e del capoluogo salentino stanno visionando altro materiale video e fotografico

Lecce-Bari non è mai stata una "festa". Non nel senso più intimo del termine. I colpi sordi dei campanili si sono spesso confusi con i boati delle bombe carta. La storia di questo derby è costellata di incidenti tra le frange più dure delle due tifoserie. Gli sfottò a distanza dalle gradinate sono l'aspetto più folkloristico di una sfida da batticuore fra due sub-regioni figlie della stessa regione. E il morso della rivalità non rode le due terre solo da quando esiste il calcio; semmai, il pallone accentua un antagonismo che ha radici più profonde e complesse. Sembra che la famosa barzelletta del cane leccese e di quello barese sia databile all'800. Lecce-Bari era una gara a rischio, che imponeva due scelte: il blocco della trasferta o un dispiegamento massiccio di forze di polizia, con controlli ferrei e minuziosi.

L'Osservatorio ha detto "sì" al viaggio dal capoluogo di regione nella provincia salentina. Aveva fatto lo stesso all'andata. Dove, però, il meccanismo era entrato in funzione con la precisione di un orologio svizzero. Al "Via del Mare" non è stato lo stesso. Per il secondo anno di fila, dalla Curva Sud, settore occupato dai tifosi del Bari, è scattato un atto di guerriglia che ha del surreale. Pene severe, hanno invocato i più, infuriati che ciò sia avvenuto nell'era del tornello e del metal detector. Oggi nove tifosi del Bari sono indagati a piede libero: le "gesta" sono state immortalate dagli occhi bionici che circondano il "Via del Mare". C'è chi sostiene che sarebbe dovuto scattare l'arresto immediato, durante gli atti stessi (o nei giorni immediatamente successivi, per effetto della flagranza differita), chi ha invocato già dentro lo stadio, nei settori subissati da deflagrazioni e pioggia di bottiglie, cariche mai avvenute. Ma ormai il patatrac era stato compiuto fin dalla partenza da Bari. Questione di tempi. La precisione svizzera dell'andata, la disorganizzazione meridionale del ritorno. La carovana che parte alle 13 invece delle 11, l'arrivo allo stadio della massa umana a ridosso dell'inizio della gara, le urla, le spinta, gli scavalcamenti, le porte che si spalancano. E dentro armati con un arsenale. C'è un'evidente strategia delle frange più "calde".

Dopo le polemiche feroci, le parole di fuoco, le accuse, è arrivato il momento dell'azione. La Digos di Bari, in collaborazione con il reparto gemello di Lecce, ha visionato il materiale video e fotografico fornito dalla questura del capoluogo salentino, identificando sette sostenitori del Bari fra quelli che hanno partecipato ai disordini. Devono rispondere di danneggiamento aggravato dei servizi igienici (è avvenuto prima della partita), di invasione del terreno di gioco (è accaduto al temine della partita) e di accensione di materiale pericoloso (è successo durante tutta la partita). La Digos di Lecce, a sua volta, ha denunciato altri due ultras baresi bloccati dai poliziotti in servizio all'interno del campo di calcio, durante l'invasione. Per tutti e nove sono in corso di emanazione i provvedimenti di divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni sportive. Le indagini - assicura la polizia - proseguiranno per individuare altri sostenitori del Bari responsabili degli atti di vandalismo. Atti che solo per grazia divina non hanno provocato l'ennesima disgrazia di un calcio malato fin nelle sue fondamenta, dove la violenza delle frange più estreme è solo uno degli aspetti di un quadro a tinte fosche che tutto travolge. Bombe carta e bottiglie di vetro gettate tra famiglie assiepate alla Est e disabili nel parterre costretti ad accalcarsi tutti insieme al centro della tribuna. Tre auto della polizia devastate e un'agente ferita dai cristalli sfasciati durante il passaggio sotto la Nord leccese. Lacrimogeni, sassaiole in strada. E' sempre difficile contenere gli spiriti più bollenti, o sperare che certe "consuetudini" svaniscano per incanto pronunciando le parole magiche: "il derby deve essere una festa". Si è sulla cattiva strada.

Ma se si vietano i colori negli stadi, con la scusa che questo "male" è necessario per estirpare il marcio, e poi quei puntigliosi sistemi di sorveglianza e di sbarramento saltano con tale semplicità di fronte alla violenza cieca, mentre funzionano egregiamente con i più mansueti, si ottiene lo stesso effetto di un bombardamento chemioterapico su un malato terminale di cancro: con le cellule malsane spariranno anche quelle buone. E gli stadi rimarranno grigi e vuoti come giganteschi corpi privi di vita.

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