Lente puntata attorno a Boncuri sul fenomeno delle mense clandestine
Alcuni tunisini offrivano ad altri stranieri ospiti del villaggi pasti usando cucine di fortuna. Dietro, un sistema più ampio
NARDO’ – Il villaggio d’accoglienza di Boncuri, dal nome della masseria che sorge nelle immediate vicinanze e che è diventato nel tempo simbolo di lotte sindacali per il rispetto della dignità dei lavoratori stagionali, è oggi uno dei fiori all’occhiello con i suoi moduli abitativi e i servizi che offre agli stranieri che arrivano nell’agro di Nardò in cerca di lavoro con la raccolta di angurie e pomodori, prima di andare verso altre regioni italiane, a caccia di nuove possibilità.
Un passo da gigante rispetto a un recente, vergognoso passato. Tuttavia, il fenomeno del caporalato è duro a morire, manifesta sacche di resistenza, si adegua in fretta ai cambiamenti e assume nuove strade. Tanto che, nonostante cucine nuove di zecca e oggi finalmente in uso, tramite la gestione affidata alla Caritas grazie a fondi appositamente stanziati dalla Regione Puglia, alcuni soggetti tunisini (tre quelli identificati in questi giorni dagli agenti di polizia del commissariato di Nardò nel corso di due ispezioni), stavano iniziando a mettere in piedi una sorta di mensa parallela. Insomma, bisogna stare sempre con gli occhi spalancati.
Un fenomeno stroncato sul nascere
Il fenomeno, in questo caso, è stato stroncato sul nascere. Costanti, infatti, sono i controlli della polizia di permessi di soggiorno e passaporti. Così come quelli nelle strutture vicine al campo. Proprio nella vecchia masseria, per l’esattezza alle spalle, ci sono alcune zone ormai fatiscenti, con muretti diroccati. Qui, avevano trovato collocazione cucine a gas e bombole. Nel corso di due controlli, uno del 3 agosto, il secondo più recente giusto di ieri mattina, giovedì 8, gli agenti hanno anche “pizzicato” uno dei già citati tunisini a preparare patatine.
La mensa della Caritas offre tre pasti: durante la cena, quello principale, vengono anche distribuiti due sacchetti per il giorno dopo (colazione e cena), quando, già attorno alle 4 di mattina, s’inizia a partire per le mete più disparate. Non solo le campagne neretine, di Copertino, Leverano o Veglie, ma anche al di là della provincia di Lecce, fino a quella di Taranto. Perché, allora, scegliere di servirsi in cucine clandestine, realizzate fra la polvere, in condizioni igieniche che definire precarie è un eufemismo?
Un "pachetto" da 15 euro
Probabilmente, alcuni degli ospiti, venivano sobillati con dicerie circa qualità e quantità del cibo. Il tentativo, spingerli al di fuori del campo e accettare la loro offerta. Sembra che proprio uno dei tunisini sia entrato nei giorni scorsi nel villaggio, pur non essendo un ospite riconosciuto. Il che la dice lunga.
Si è scoperto che il prezzo si aggirava attorno ai 15 euro. Sarebbe, però, comprensivo anche di altro. Non solo pasto e acqua, ma anche trasporto. Un "pacchetto completo". Un aspetto, questo, sul quale bisogna ancora fare piena luce. Dietro, dunque, potrebbe esservi un'organizzione più ampia e strutturata di sfruttamento, di cui i tunisini identificati – anelli intermedi – farebbero parte. Di certo, Boncuri fa gola a chi ha intenzione di lucrare in ogni modo possibile e immaginabile. Mediamente, vi sono 180 ospiti, con punte di 280 nei momenti di massima richiesta di lavoro. Per qualcuno, non uomini, ma spugne da strizzare.