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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Brindisi: indagini sempre serrate. Fra sospetti, paure e analogie

Gli inquirenti stanno cercando di capire dove siano state acquistate le bombole di Gpl. Smentita la presenza di un cartello. Ci sono altri casi simili di attentati, riusciti o solo simulati. L'ultimo è recente, a Castel Volturno

 

BRINDISI – Sotto un cielo di nuvole basse e scure, gonfie di pioggia e cattivi presagi, Brindisi continua a scoprirsi, a quattro giorni dall’attentato che ha segnato la storia della città adriatica, vulnerabile e piena di paure. Quell’esplosione, quei corpi dilaniati, gli zaini e i quaderni bruciati e strappati, le lacrime, il dolore, e quelle immagini di un uomo che con un semplice telecomando cancella il futuro e spezza la giovane vita di una sedicenne piena di sogni e speranze, hanno portato la paura nelle case e nelle menti dei cittadini. Chi pensava, secondo la più illuministica delle concezioni, che immaginare fosse peggio che vedere, si sbagliava.

Quei fotogrammi hanno scatenato una ridda di emozioni e angosce nei cuori e nei pensieri di ognuno. Hanno fatto capire, come nella più classica delle tragedie greche, che il male esiste e spesso siede accanto. Tra la voglia di giustizia e quella di vendetta, le due facce della medaglia di chi è stato ferito nel profondo, e ha perso qualcosa per sempre, le indagini proseguono serrate e incessanti.

Nella città dove un tempo finiva la via Appia e si apriva la via per l’Oriente, sono giunti i migliori investigatori per identificare il responsabile, ma anche i possibili complici della strage all'istituto professionale “Morvillo-Falcone”, costata sabato scorso la vita a una studentessa 16enne, Melissa Bassi, e il ferimento di altre cinque ragazze.

Controlli e perquisizioni sono stati eseguiti anche nella mattinata dagli investigatori, che hanno continuato a passare al setaccio i rivenditori di bombole di gas Gpl per cercare indizi su chi ha confezionato l'ordigno. Stamani è arrivato a Brindisi anche il direttore del servizio centrale anticrimine, Francesco Gratteri, che va a completare un esercito d’inquirenti composto dagli uomini del Ros dei carabinieri, dello Sco della polizia di Stato, della squadra mobile brindisina, diretta dal vicequestore Francesco Barnaba, dell’Ucigos, della Digos, diretta da Vincenzo Zingaro e dei carabinieri del comando provinciale. Ogni indizio, ogni testimonianza, ogni dettaglio e ogni circostanza sono passati al setaccio dagli inquirenti, alla ricerca di una pista utile a condurre all’autore o agli autori di un attentato tanto tragico quanto anomalo.
In città, intanto, in un clima di paura e caccia alle streghe, si rincorrono voci e ipotesi che spesso non trovano conferme e rimangono sospese nel dubbio. Come quella, seccamente smentita dagli inquirenti, di un messaggio apparso sul luogo della strage che annunciava altri attentati. C'è un altro elemento, messo da parte nelle prime fasi dell'indagine: la possibilità che il killer abbia utilizzato un “distorsore”, uno strumento che serve a bloccare ogni oggetto elettronico presente nella zona.

L'ipotesi, tutta da verificare, nasce dal racconto di alcuni testimoni secondo i quali, poco prima dello scoppio, non avrebbero funzionato né i telecomandi delle auto, né i telefonini. Alcune studentesse, inoltre, avrebbero visto l’uomo immortalato dalle telecamere di videosorveglianza del chiosco a poche centinaia di metri dalla scuola, alcuni giorni prima. Un tipo sospetto che le avrebbe fissate, tanto da sembrare un maniaco. Foto 4_2-5Potrebbe trattarsi, anche in questo caso, di semplici suggestioni postume.

Un filo lungo e sottile sembra unire l’esplosione di sabato dinanzi all'istituto professionale “Morvillo Falcone” con un altro attentato, quello compiuto il 3 gennaio 2010 a Reggio Calabria, quando un ordigno fu fatto esplodere davanti all'ingresso dell'ufficio del Giudice di pace, che si trova accanto al portone della Procura generale, in piazza Castello. L'ordigno era composto da una bombola di gas con sopra dell'esplosivo.

Vi è poi un altro episodio, molto più recente, che sembra avere inquietanti analogie tra quanto accaduto a Brindisi. L’attentato, solo simulato, di Castel Volturno (Caserta), dove il 14 maggio scorso fu trovato, a circa 200 metri da un istituto alberghiero, un ordigno composto da una bombola di gas e da un innesco con una bomboletta contenente polvere pirica collegata con dei fili. C’era poi una sorta di antenna quasi a voler riprodurre un timer. In realtà l’ordigno non sarebbe mai esploso, poiché la bombola era vuota e l’innesco assolutamente inefficace. A fianco, un cartello con una scritta “Colpiremo dieci volte il Capo dello Stato”. Anche in quella scuola si erano tenuti, nelle settimane precedenti, incontri e dibattiti sul tema della legalità. Un argomento complesso in una terra ad alta densità criminale. Basti pensare che si tratta di una delle zone d’influenza dei clan dei Casalesi.

Semplici coincidenze e analogie che, però, in un’inchiesta complessa e difficile come quella brindisina possono fornire interessanti spunti investigativi. Perché ciò che sembra una semplice coincidenza può diventare, in un’indagine, un importante indizio.

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