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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Cassa in deroga, la coperta è corta. Centinaia di lavoratori sulle spine

Domani in Regione si valuterà l’introduzione di un criterio che taglia fuori le aziende che ne usufruiscono da 24 mesi. Presidio di prefettura degli ex collaudatori “Prototipo” e operai Adelchi. “Pretendiamo il lavoro”

LECCE – La coperta della cassa integrazione in deroga si sta pericolosamente accorciando. E le ore che precedono l’incontro di domani a Bari sono, a dir poco, concitate. Centinaia di lavoratori salentini rimangono appesi al filo degli ammortizzatori sociali ed alla flebile speranza di un reintegro in azienda, mentre in Regione si tornerà a discutere di come far quadrare i conti per garantire il sussidio alla vastissima platea degli aventi diritto. Se la crisi ha raggiunto picchi inattesi, in termini di disoccupazione, la politica torna a sedersi al tavolo delle trattative insieme ai sindacati confederali (Cgil, Cisl, Uil) poco predisposti ad approvare la bozza sul regolamento della cassa e relativi paletti che vorrebbero stringere i cordoni della borsa pubblica. Oggi era la giornata scelta per decidere sull’introduzione di un criterio selettivo che esclude da ulteriori proroghe tutte quelle aziende che hanno usufruito dei fondi da almeno due anni. Se ne riparlerà domani durante l’incontro convocato per le ore 15 a Bari.

Intanto, apriti cielo. La prefettura di Lecce, già nelle prime ore della mattinata odierna, si è animata di una piccola delegazione dei lavoratori più esposti al rischio di restare a “bocca asciutta”. Senza più sussidio, di punto in bianco, mentre sembra allontanarsi a grandi passi la prospettiva di una ricollocazione sul mercato del lavoro.

Gli ex collaudatori della pista “Prototipo” di Nardò, ormai fuori dai giochi da tre anni – da quando, cioè, le due cooperative cui appartengono, All Service e Seasine, non hanno più diritto di dimora all’interno – erano quasi tutti radunati in via XXV Luglio. Insieme ad una magra rappresentanza degli operai dell’impero tricasino delle calzature: Adelchi. O meglio, il cluster Adelchi che raggruppa un sottoinsieme di fabbriche: Crc, Gsc Plast, Knk e Magna Grecia, sui cui dipendenti pende la spada di Damocle della mobilità (anticamera del licenziamento) e Nuova Adelchi che potrebbe procedere con un altro mese di cassa straordinaria in alternativa ai già comunicati licenziamenti. Un barlume di produttività resiste solo nella Sergio’s di Specchia in cui si elaborano i prototipi delle carpe confezionate, ormai, all’estero.

Le aziende in bilico a causa dell’introduzione del famigerato criterio selettivo sono, in realtà, molte di più. Il 2012 si è chiuso con un bilancio disastroso in termini di richieste di accesso agli ammortizzatori sociali e proroghe per un totale di 8 mila persone, spalmate su quasi tutti i settori produttivi. Non si è salvato quasi nessuno e le previsioni non raccontano un futuro migliore.

In questo inizio d’anno si torna, quindi, a lottare con le unghie per non vedersi sottratto il diritto a ricevere quel minimo sostegno al reddito. Cifre modeste, intorno alle 500 euro mensili, che collocano centinaia di persone nella fascia della povertà. E nemmeno corrisposte puntualmente: gli ex collaudatori di Nardò, ad esempio, attendono l’assegno erogato dall’Inps per i mesi di novembre e dicembre.

Dietro l’angolo – lo dicono chiaramente i sindacati – si prefigurano scenari da guerra sociale. Una catastrofe. “Siamo persone oneste, ci stanno istigando a commettere azioni che non ci appartengono”, è il drammatico sfogo di un operaio, 50 anni, una famiglia sulle spalle. Anni passati a vivere di cassa e di speranza, ma non con le braccia conserte: “Certo che ho cercato un’altra occupazione. Ma a quest’età chi mi vuole?”. Come reinventarsi una vita alla soglia della mezza età, in un mercato saturo persino per le nuove risorse?

Poi c’è chi non ha mai smesso di combattere:“Siamo sempre qui, dopo anni, dopo l’occupazione dei tetti di Palazzo Gallone a Tricase perché non vogliamo finire nell’oblio. – avvisa l’irriducibile operaio Adelchi, Rocco Panico – Non firmeremo mai la mobilità, piuttosto preferiamo restare senza soldi”.

Il testardo reclamo degli ammortizzatori sociali non ha solo un’ovvia ragione nella necessità di dar da mangiare alle proprie famiglie. E’ l’attaccamento ad una qualunque prospettiva di lavoro a muovere l’azione di sindacati ed operai. Finché ci sarà la flebo degli ammortizzatori sociali, i lavoratori rimarranno legati a doppio filo a quelle aziende, fabbriche, società che non hanno saputo reagire alla crisi. La parola d’ordine rimane “occupazione”. “Siamo stanchi di presidiare tavoli tecnici in cui si verbalizzano sciocchezze”, ammonisce un ex collaudatore che non è riuscito a farsi riassumere nemmeno dopo il subentro, in pista, del colosso tedesco Porsche. Gli fanno eco i colleghi dell’Adelchi, che dopo vent’anni alla catena di montaggio continuano a sperare di rientrare, a buon titolo, in uno di quei piani per la ricollocazione delle maestranze di cui si parla tanto.

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