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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Galatone

Centrale a biogas, dopo diffide ed esposti scattano i sigilli della Procura

Arriva oggi il primo provvedimento dell'autorità giudiziaria in merito alla tanto discussa centrale a biogas di Galatone. L'inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Valeria Elsa Mignone. Indagati proprietario della società e progettisti

LECCE – Dopo le proteste, le diffide e gli esposti presentati in Procura, arriva il primo provvedimento dell’autorità giudiziaria in merito alla tanto discussa centrale a biogas di Galatone. Gli uomini del dal Nipaf (Nucleo investigativo di polizia Ambientale e forestale) del corpo forestale dello Stato, infatti, insieme agli agenti della polizia provinciale di Lecce, hanno eseguito il sequestro probatorio dell’area, disposto dal magistrato titolare del procedimento, il sostituto procuratore della Repubblica Elsa Valeria Mignone.

Un sequestro d’urgenza, giunto dopo un vertice avvenuto in Procura, per bloccare il proseguimento dei lavori, che potrebbero pregiudicare irreversibilmente lo stato dei luoghi e gli eventuali accertamenti tecnici. A dare avvio alle indagini, alcuni esposti presentati, nei mesi scorsi, dal “Comitato cittadini, associazioni ambientaliste e industriali di Galatone-Nardò”, l’associazione impegnata (con alcuni parlamentari del Movimento cinque stelle) in prima linea contro la realizzazione della centrale.

L’impianto, di una potenza stimata di 854,70 kw, sta sorgendo in contrada Le Rose, al confine tra i comuni di Nardò e Galatone. Diverse le presunte lacune e violazioni denunciate dai comitati anti-centrale, secondo cui “in sede di autorizzazione edilizia sarebbero state completamente trascurate le normative urbanistico-edilizie nazionali e regionali vigenti”. 

Nello specifico, anziché essere alimentato solo con biomasse (insilato di mais, triticale, loietto o grano), avrebbe utilizzato anche digestato liquido, sostanza da qualificarsi allo stato come rifiuto, in assenza di autorizzazione unica obbligatoria prevista per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti e di titolo edilizio valido. 

Forestali e polizia provinciale hanno contestato anche l'assenza di autorizzazione alle emissioni in atmosfera e di aver provocato, dopo l’attivazione, emissione di odori nauseabondi. Inoltre, sarebbe anche stato attestato falsamente ad Enel distribuzione Spa ed al Gestore servizi per l’energia che i lavori di realizzazione dell’impianto erano stati ultimati in conformità al progetto approvato e che risultava avviato all’esercizio per percepire agevolazioni ed incentivi.

DSCN0511-2Di rilievo anche il fatto che non sia stato rispettato l’aspetto “cogenerativo” dell’impianto che avrebbe dovuto impiegare il calore prodotto per riscaldare delle serre, però, non ancora eseguite, per il quale aspetto la ditta ha potuto usufruire di un regime semplificato nel rilascio delle autorizzazioni.

Tre i nomi iscritti dagli inquirenti nel registro degli indagati. Si tratta di Giuseppe e Michele Giliberti, leccesi di 45 e 43 anni, progettisti dell’impianto, e Giorgio Gemma, brindisino 50enne, proprietario della società Renewable Energy srl, con sede legale a Lecce.  Le ipotesi di reato sono di falso, e violazione della normativa edilizia e ambientale. Secondo quanto ipotizzato, infatti, per dar via al progetto non sarebbe stata sufficiente una semplice Dia ma l’iter, più complesso e articolato, dell’Autorizzazione unica regionale.

Una vicenda complessa e ancora tutta da chiarire, su cui proprietà e oppositori sono pronti a darsi battaglia.

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