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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Cinemastore, condanna a 18 anni di reclusione per l'ex boss Roberto Nisi

Il 63enne leccese, da tempo dissociato con il suo passato criminale, è accusato di associazione mafiosa e traffico di droga

LECCE – Diciotto anni di reclusione è la pena inflitta dai giudici a Roberto Nisi, 63enne leccese, accusato di associazione mafiosa e traffico di sostanze stupefacenti. Una condanna di poco superiore a quella chiesta dal pubblico ministero Guglielmo Cataldi. I giudici hanno concesso all’imputato le attenuanti generiche, ritenendole equivalenti con l’aggravante della recidiva. Non è stata accolta, invece, la richiesta della difesa di Nisi (assistito dall’avvocato Ladislao Massari) della continuazione con due precedenti sentenze. Se ne riparlerà, con ogni probabilità, in appello.

Il processo nasce come stralcio da quello relativo alla cosiddetta operazione Cinemastore, in cui per molti degli imputati la sentenza è già divenuta definitiva dopo la pronuncia della Corte di Cassazione. L’attività investigativa era iniziata dopo l’omicidio di Antonio Giannone avvenuto la sera del 6 aprile del 2009 e il successivo attentato compiuto ai danni della videoteca Cinemastore pochi giorni dopo. Le indagini avevano ipotizzato l’appartenenza degli affiliati alla Scu, all’interno della quale i fratelli Nisi assumevano, al pari del Briganti, il controllo delle attività illecite, tra cui la riscossione del “punto”, ossia la tangente sul commercio della droga operato da soggetti non inseriti nell’organizzazione, ma di fatto assoggettati al pagamento della tassa nei confronti dell’organizzazione che aveva il controllo del territorio.

Roberto Nisi, ritenuto dagli inquirenti uno dei nomi storici della criminalità organizzata leccese, a capo dell’omonimo clan, da tempo si è dissociato con il suo passato criminale, prendendo le distanze dalle vicende legate alla Scu. Attualmente è sottoposto alla misura di sicurezza personale detentiva nella casa lavoro sull’isola di Favignana. Un luogo lontano, non solo materialmente, da un passato da boss.

Favignana non è solo meta di vacanzieri e di spiagge cristalline, è un luogo dal passato sinistro, ex carcere e fortezza borbonica, oltre chestruttura per i confinati fascisti. Castel San Giacomo divenne nel 1977 un “supercarcere” destinato a ospitare terroristi di ogni specie ed elementi di spicco della criminalità italiana, tra cui Renato Vallanzasca, Sante Notarnicola, Peppino Pes, Graziano Mesina, Horst Fantazzini e Roberto Ognibene. Un luogo tristemente famoso, perché costruito in gran parte sottoterra, un'antica fortezza sprofondata in gran parte sotto il livello del suolo. Un tempo le celle che ospitavano i detenuti e gli internati erano tutte seminterrate, in un’aria salmastra densa di umidità e muffa, tra topi e scarafaggi. I recenti lavori hanno migliorato la situazione e la vecchia struttura è destinata a essere demolita, con le sue storie di sofferenza e privazione.

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