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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Presunti prestiti usurari. In appello dimezzate le pene per i fratelli Caroppo

Sentenza di secondo grado. I tre fratelli, secondo l'accusa, avrebbero creato una vera e propria holding finanziaria con tassi che giungevano a superare anche il 120 per cento all'anno. Per Damiano, uno dei tre, l'estorsione è stata derubricata a tentata

LECCE –Pene dimezzate in secondo grado per i tre fratelli Caroppo: Antonio, Massimo e Damiano. I giudici della Corte d’appello di Lecce (presieduta da Giacomo Conte) li ha condannati rispettivamente a 4 anni di reclusione; 2 anni e cinque mesi, e 1 anno e quattro mesi. In primo grado, al termine del giudizio con rito abbreviato, le pene erano state di 6 anni e sei mesi di reclusione (e 1.200 euro di multa); 5 anni (600 euro di multa) e 3 anni e quattro mesi (344 euro di multa). In particolare per Damiano Caroppo, assistito dagli avvocati Benedetto Scippa e Luigi Rella, i giudici hanno riqualificato il reato da estorsione a tentata estorsione.

Al centro della vicenda giudiziaria i presunti prestiti usurai con tassi d'interesse mensili pari al 10 per cento (che attraverso una micidiale progressione matematica giungevano a superare il 120 annuo), le estorsioni e l’attività finanziaria abusiva. I tre, secondo l'ipotesi accusatoria, avrebbero creato una vera holding finanziaria, con un giro d'affari di centinaia di migliaia di euro, gestita in maniera illecita da. Nei loro confronti i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Lecce eseguirono tre ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal giudice gip del tribunale di Lecce, Cinzia Vergine. I tre furono poi scarcerati (per Damiano fu il Riesame a sancire al liberazione).

Per gli investigatori la vicenda avrebbe avuto inizio nel 2009. Le ipotesi di reato a carico dei tre imputati sono, oltre che di usura ed estorsione, di esercizio abusivo del credito, reato satellite. Le indagini si sono avvalse d'intercettazioni e di pedinamenti, e sono partite dalla denuncia di un imprenditore del settore dell'edilizia stradale che, dopo aver ricevuto un primo prestito di 40mila euro, avrebbe dovuto restituire il mese successivo, a suo dire, oltre 44mila euro, finendo in un tunnel della disperazione.

Sulla scorta della prima denuncia, anche altre presunte vittime (due dello stesso settore, edilizia stradale, ma anche il titolare di un supermercato e due commercianti di autovetture nuove e usate) hanno iniziato a collaborare con la giustizia. Non potendo pagare gli interessi, i denunciati hanno spiegato ai carabinieri di essere stati minacciati.

In alcuni casi, sarebbe stato chiesto alle presunte vittime di cedere i propri automezzi, del valore di decine di migliaia di euro, per poter poi saldare il debito. Durante le perquisizioni, fu trovata diversa documentazione ritenuta molto interessante sotto il profilo investigativo. Assegni, ma anche un appunto con l'elenco dei già citati mezzi, che sarebbero stati visionati dai fratelli, nel corso di un sopralluogo in un cantiere. Accuse, però, che sono in gran parte cadute in appello, dove i giudici hanno inflitto pene meno severe da quelle chieste dall’accusa.

Sentiti nel corso dell'interrogatorio di garanzia, i tre fratelli confermarono di aver prestato denaro a imprenditori in difficoltà economica, evidenziando, però, di non aver mai preteso la restituzione delle somme con interessi e, soprattutto, escludendo qualsiasi minaccia o estorsione a loro carico. Gli imputati sono assistiti dagli avvocati Luigi e Roberto Rella, Benedetto Scippa, Ladislao Massari e Giorgio Memmo.

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