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Venerdì, 19 Aprile 2024
Accolto l'appello / Uggiano La Chiesa

Skafè, il Consiglio di Stato dà ragione ai titolari: il chiosco bar non chiude

Lunga e controversa vicenda amministrativa per il noto locale di Uggiano chiuso da un’ordinanza comunale confermata dal Tar per alcune incongruenze autorizzative: ora i giudici di Palazzo Spada accolgono il ricorso e riformano il provvedimento

UGGIANO LA CHIESA - Lo Skafè di Uggiano, uno dei ritrovi più amati dalle giovani generazioni nel Salento orientale, non dovrà chiudere: è quanto stabilito dal Consiglio di Stato, che ha accolto l’appello ppresentato dai titolari della struttura attraverso il proprio avvocato, Mauro Finocchito, per la sospensiva di un provvedimento relativo a una vicenda di autorizzazioni equivoche che avevano portato nei mesi scorsi ad un’ordinanza di chiusura del noto locale da parte del Comune e, successivamente, alla richiesta di demolizione della struttura lignea del chiosco bar.

Tutto ha avuto inizio, come spesso accade per luoghi che attirano giovani, con vari esposti presentati da alcuni residenti che si lamentavano di schiamazzi notturni. Da lì, sono scaturiti una serie di controlli che hanno portato all’ordinanza comunale di chiusura della struttura, basata sull’emergere di alcune incongruenze sulla tipologia di attività posta in essere: in particolare, stando alle ricostruzioni fatte nel tempo, i titolari sarebbero risultati in possesso di autorizzazione per il solo esercizio di commercio su area pubblica di sostanze alimentari (in buona sostanza, quella di un semplice chioschetto) e non per un vero e proprio bar; tuttavia, il concreto assetto dei luoghi, come accertato dal sopralluogo del 12 gennaio 2021 effettuato dalla polizia locale, alla presenza di avventori, di tavoli, sedie e suppellettili (con occupazione anche dell’area esterna), accertava oltre ogni ragionevole dubbio l’attività di esercizio pubblico con somministrazione assistita (il locale, peraltro, attivo dal 2003, ha sempre operato come bar).

Da lì l’ordinanza comunale ha disposto la cessazione dell’attività con il primo ricorso al Tar di Lecce da parte dello Skafé: il tribunale amministrativo, però, in quel caso ha ritenuto fondate le ragioni del procedimento avviato dal Comune, valutando che i responsabili della struttura fossero effettivamente autorizzati per il solo esercizio dell’attività di commercio su area pubblica di sostanze alimentari.

Tramite il loro difensore, l’avvocato Mauro Finocchito, i titolari del locale uggianese hanno proposto appello al Consiglio di Stato, dimostrando come nei fatti ed attraverso i documenti in proprio possesso, l’attività effettivamente autorizzata, al di là di quanto formalmente previsto dal piano di commercio, sia sempre stata sin dal 2003 quella di bar; il legale ha chiesto e ottenuto, pertanto, dai giudici di Palazzo Spada la riforma del provvedimento del Tar e il ripristino dell’attività del pubblico esercizio, che potrà proseguire nella maniera sin qui svolta, fino a quando la questione non sarà adeguatamente approfondita nel merito e decisa con sentenza.

Ma le contestazioni non sono finite qui, perché, nel frattempo, l’Ufficio tecnico del Comune di Uggiano, sul presupposto che la struttura lignea del chiosco bar fosse stata realizzata di dimensioni maggiori, in difformità rispetto al permesso di costruire rilasciato, ne ha disposto la demolizione. Per evitarla, i titolari hanno presentato, dapprima, istanza di sanatoria, ritenendo che l’intervento rientrasse tra quelli suscettibili di assenso postumo seppur in zona vincolata paesaggisticamente e, poi, un ulteriore ricorso al Tar di Lecce, sempre tramite il proprio legale, contro il diniego del Comune alla sanatoria, maturato per effetto dei sessanta giorni trascorsi senza fornire una risposta in merito.

Con ordinanza pubblicata ieri, la prima sezione del Tar ha sospeso il giudizio, richiamandosi al Tar Lazio che ha sollevato davanti alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale della norma che disciplina la sanatoria edilizia e che prevede, in caso di mancata risposta dell’ufficio tecnico entro sessanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza di sanatoria, che quest’ultima debba ritenersi respinta. Il tribunale leccese ha condiviso le considerazioni di quello laziale secondo cui “il riconnettere all’inerzia dell’Amministrazione sull’istanza di sanatoria un effetto di diniego, introduce un sicuro elemento di incertezza nel rapporto tra cittadino e soggetto pubblico, impedendo al primo di poter comprendere le ragioni della reiezione, e costringendolo, ove non presti adesione, a ricorrere ad una tutela giurisdizionale ‘al buio’, con aggravamento della propria posizione processuale”.

Tali provvedimenti permettono quindi allo Skafé di proseguire al momento la propria attività di bar. Soddisfatto di questo esito l’avvocato Finocchito per la risoluzione di una questione complessa e di grande interesse, in vista della pronuncia della Corte costituzionale che potrebbe risolvere la controversa diatriba sulla legittimità della possibilità, attualmente riconosciuta agli enti comunali, di non rispondere alle richieste di sanatoria dei privati con effetti negativi per questi ultimi senza alcun problema per le amministrazioni inottemperanti.

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