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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Gallipoli

Controllo sul servizio navette a Gallipoli, Cardellini condannato a 3 anni e 9 mesi

Si chiude così il processo scaturito dall’operazione “Efesto”, nei riguardi dell’uomo accusato di aver fatto pressioni e impartito regole agli altri operatori. Riqualificato il reato: da tentata estorsione a illecita concorrenza con minaccia e violenza

GALLIPOLI - Si è concluso con una condanna a tre anni e nove mesi il processo nei riguardi di Luigi Cardellini, 46 anni, gallipolino, scaturito dall’operazione “Efesto” su un giro di armi e di intimidazioni per il controllo del servizio navette a Gallipoli.

La sentenza è stata emessa dalla seconda sezione collegiale del tribunale di Lecce, composta dal presidente Annalisa De Benedictis e dai giudici Stefano Sernia ed Edoardo D’Ambrosio, che ha riqualificato il reato di tentata estorsione - in considerazione del quale il pubblico ministero Giovanna Cannarile aveva chiesto cinque anni e otto mesi di reclusione – in quello di illecita concorrenza con minaccia e violenza.  

Secondo l’accusa, il 46enne di Gallipoli, forte del suo nome e del suo spessore criminale, sebbene sprovvisto di titoli autorizzativi, avrebbe assunto un ruolo di spicco nell’ambito del business illecito degli autobus navetta, dettando le regole. “Presidiava il territorio lavorando “in nero” con una propria navetta e impartiva indicazioni precise quando si trattava di selezionare gli operatori scelti per accedere a lucrose opportunità lavorative”, dimostrando, inoltre, "tutta la sua autorevolezza quando si trattava di escludere operatori indesiderati”, scriveva il giudice Cinzia Vergine nell’ordinanza di custodia cautelare di cui l’imputato fu destinatario il 10 febbraio del 2020.

E sarebbero stati guai per chi non si fosse allineato alle sue regole, come un autista di 60 anni (mai identificato), che durante una riunione tra autisti e titolari di licenza di Ncc (Noleggio con conducente), Cardellini avrebbe riempito di botte e umiliato, facendolo piangere davanti a tutti, non essendo stato in grado, tra le altre cose, di “fare distinzione…” tra persone.

Addebiti questi che il 46enne, assistito dall'avvocato Angelo Ninni, ha sempre respinto, ammettendo solo di aver lavorato senza licenza.

Oltre a Cardellini, erano implicate nella stessa inchiesta altre cinque persone che, dopo la notifica del decreto di giudizio immediato, avevano scelto riti alternativi: Moreno Galluzzo, 46enne gallipolino, condannato a sette anni di reclusione (più la multa di 9.150 euro), nel processo abbreviato discusso l’11 settembre del 2020, accusato di aver detenuto 18 armi comuni da sparo e di averle cedute ad altri. Dodici di queste furono acquistate seppur regolarmente in un solo mese, e fu questo a insospettire gli agenti impegnati in controlli amministrativi sulle licenze che poi indagarono sul suo conto. Hanno invece patteggiato il 17 ottobre scorso col giudice Giovanni Gallo: 2 anni (pena sospesa) e 2mila e 200 euro di multa, la moglie di Galluzzo, Sara Pisanello, 39enne gallipolina; due anni (pena sospesa), Giuseppe Imperatore, 40enne di Gallipoli; un anno e 8 mesi (pena sospesa), più 6mila euro di multa, Salvatore Fiore, 30enne di Alezio; un anno e 8 mesi, più 6mila di multa, anche Gabriele Fiore, 50enne di Alezio.

Alla prima erano attribuite la detenzione illegale di una rivoltella 38 special, di una pistola calibro 7,65 e di un fucile a pompa, calibro 12, e la responsabilità dell’incendio di un autobus utilizzato per trasportare turisti, che apparteneva a un ex dipendente di Imperatore. Secondo l’accusa, a dargli fuoco, la notte del 30 maggio 2019, su indicazione di quest’ultimo, sarebbero stati proprio la donna e il coniuge, che lavorava per lui, per impedire alla vittima di svolgere il servizio nella zona di loro interesse. I Fiore, invece, rispondevano della detenzione illegale di due armi comuni da sparo e della loro cessione a terzi.

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