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Cronaca Corsano

Corsano, per i giudici il frantoio oleario è incompatibile col centro abitato

Sentenza del Consiglio di Stato che ha dato ragione al Comune, che aveva negato ad un deposito locale per la lavorazione di prodotti agricoli di trasformarsi in frantoio: la disposizione in linea col caso del sansificio di Veglie

CORSANO - Non è possibile installare un frantoio oleario nel centro abitato di un qualsiasi Comune del Salento, ancorché a economia agricola e prevalentemente olivicola. È quanto, in buona sostanza, sottolinea il Consiglio di Stato, che, in questi giorni, con propria sentenza, ha dato ragione al Comune, difeso dall’avvocato Pietro Quinto, nel contenzioso che aveva visto l'ente negare ad un deposito locale per la lavorazione di prodotti agricoli di trasformarsi in un frantoio.

La lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli, infatti, per poter essere considerata attività connessa all’agricoltura deve avere carattere strettamente strumentale e complementare all’attività principale di coltivazione del fondo. Se è vero che non è possibile vietare in assoluto attività anche rumorose e moleste, è altrettanto vero – hanno spiegato i giudici - che non può ammettersi un impianto produttivo del tutto avulso dal tessuto edilizio di una zona di completamento.

Nel centro abitato sono consentite attività confacenti o necessarie all’ordinato assetto dei quartieri residenziali come per esempio uffici, negozi, autorimesse, parcheggi pubblici, studi professionali, ma non un frantoio che ha natura di attività industriale ed è anche industria insalubre. Il Consiglio di Stato ha poi affermato che deve escludersi il carattere agricolo dell’attività di molitura delle olive e lavorazione della pasta disoleata, giacché il ciclo produttivo dell’impianto è finalizzato al trattamento non solo di olive, ma anche di derivati di seconda lavorazione conferiti da altri opifici; la caratterizzazione principale dell’attività del frantoio consiste in una lavorazione di prodotti di terzi mediante una complessa tecnologia che di per sé non è espressione di tipica attività agricola.

“Viene così riconosciuta – commenta l’avvocato Quinto - la piena legittimità dell’operato del Comune di Corsano che aveva negato che un deposito per la lavorazione di prodotti agricoli potesse trasformarsi in un frantoio: tutto ciò in zona B a ridosso delle abitazioni con indubbi negativi riflessi su un quartiere residenziale”. La decisione del Consiglio di Stato sembra in linea anche con il precedente pronunciamento sul sansificio di Veglie quando escluse che l’attività di trasformazione della sansa come sottoprodotto agricolo potesse essere realizzata in zona agricola, avendo anche in quel caso prevalenza la lavorazione per conto terzi e con caratteristiche tipicamente industriali.

L’orientamento dei giudici di Palazzo Spada dà attuazione ad una previsione dello strumento urbanistico di Corsano che, seppure datato, era già in sintonia con l’esigenza di distinguere tra zona residenziale e quella per le attività produttive, consentendo nella prima soltanto interventi di edilizia abitativa e di quanto fosse strumentale e funzionale alla vita dei nuclei familiari. Tutto il resto deve trovare collocazione nella zona industriale oppure in zona agricola se le attività sono propriamente, ed in senso stretto, agricole.

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