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Cronaca

Covid-19, partite senza pubblico, ma gli ultras in Questura a mettere la firma

Ad alcuni tifosi colpiti da Daspo con obbligo di firma è stata negata la sospensione del provvedimento. L’intervista all'avvocato Giuseppe Milli: “Tutto questo è irragionevole”

LECCE - Gli spalti sono deserti. Le partite si disputano oramai da mesi a porte chiuse a causa della pandemia. Ma i tifosi colpiti dal divieto di accedere alle manifestazioni sportive (daspo) “aggravato” dall’obbligo di firma sono comunque tenuti a recarsi negli uffici della Questura o nelle caserme dei carabinieri per firmare, prima dell’inizio del match e dopo il fischio finale, costretti così ad entrare in contatto con altre persone e, in pieno lockdown a uscire di casa, e ora, in alcune circostanze, a violare il coprifuoco delle 22.

“Tutto questo è irragionevole” secondo l’avvocato Giuseppe Milli (nella foto) che ha chiesto la sospensione del provvedimento per conto di dieci supporter giallorossi, ma la richiesta è stata accolta solo per la metà di loro.

A chi spetta la decisione di sospendere l’obbligo di firma?

“Ogni istanza avanzata a sospendere l’esecuzione della misura quantomeno in riferimento all’obbligo di presentazione per firmare dinanzi alla polizia non ha avuto accoglimento da parte di molte Questure italiane, ragion per cui noi avvocati ci siamo visti costretti a ricorrere al giudice per le indagini preliminari (gip) che aveva convalidato la stessa misura”.

Quante istanze di sospensione ha presentato sinora?

“Una decina e ne sono state accolte la metà”.

Per quali ragioni le altre sono state respinte?

“Qui a Lecce, come peraltro ovunque, occorre essere fortunati, nel senso che alcuni giudici accolgono le nostre richieste, altri invece le rigettano con motivazioni anche abnormi come quella che “la stampa aveva annunciato l’ipotesi di riapertura degli stadi ai tifosi”. Provvedimento questo dell’autunno 2020 smentito dai fatti in quanto sembra che sia ben lontano tale agognato traguardo da parte degli sportivi italiani.

L'attuale formula dei campionati, a porte chiuse senza la presenza di spettatori, tifosi, ultras,  di cui al Dpcm in vigore da tempo, fa sì che le tifoserie non possano accedere allo stadio o, comunque, avvicinarsi allo stesso organizzando trasferte. Pertanto, è del tutto inutile l’aggiuntivo obbligo di firma che accompagna il mero divieto di accesso.”

Il daspo si applica solo a chi è ritenuto responsabile di episodi di violenza nello stadio?

“Non solo. Il Daspo è una misura di prevenzione atipica applicata a categorie di persone che versino in situazioni sintomatiche della loro pericolosità per l’ordine e la sicurezza pubblica con riferimento ai luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive, ovvero a quelli, specificatamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni stesse. Si tratta perciò di una misura che prescinde dall'avvenuto accertamento giudiziale della responsabilità.

l-avvocato-giuseppe-milli-2-2Si applica quindi non solo a chi commette episodi di violenza e non solo negli stadi essendo esteso ai palazzetti dello sport e , oramai, anche nelle piazze e nei luoghi di partenza e di arrivo come stazioni e aeroporti (il cosiddetto daspo urbano); più precisamente l’articolo 6, comma 1, della legge numero 401 del 1989 estende l’applicazione di tale misura anche a coloro che siano stati denunciati o condannati nell’ultimo quinquennio con sentenza non definitiva per una serie di reati “ordinari” della vita quotidiana; pertanto non si pensi al solo soggetto che abbia commesso (preso parte attiva) ad episodi di violenza o anche avesse incitato, indotto o inneggiato ad essa nonché addirittura a chi avesse tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica. Molto spesso al Daspo “ si affianca” una ulteriore prescrizione di comparire a determinati orari prima e dopo la partita presso il commissariato di polizia o la caserma dei carabinieri per apporre la firma.”

Lei si occupa da tempo di legislazione in tema di ordine pubblico, e spesso si è lamentato di quanto il diritto di difesa contro questo provvedimento sia limitato. Per quali ragioni?

“L’avvocato che ha il compito di difendere il tifoso è “penalizzato”da una disciplina e da una legislazione che risente della stratificazione normativa a carattere emergenziale che si è sviluppata dal 1989 a oggi; non a caso il Daspo essendo comminato da un organo amministrativo (il Questore), e non come sarebbe auspicabile da quello giudiziario come nei paesi anglosassoni, è impugnabile dinanzi al Tribunale amministrativo regionale il cui giudizio, esclusivamente cartolare, impedisce l’utilizzo di mezzi di prova tipici del processo penale (testimoni, video, perizie); quanto all’obbligo di “firma”, invece, incidendo sulla libertà dell’individuo costituzionalmente garantita, deve essere sottoposto a un giudizio di convalida da parte del gip del Tribunale competente anche se questo, per ragioni di urgenza, è fin troppo celere e compresso nelle 96 ore seguenti la notifica del daspo. Anche in questo caso il difensore agisce “bendato” se è vero che non ha diritto nemmeno a prendere visione degli atti a sostegno della richiesta di convalida da parte del pm.”

I tempi delle sentenze, però, non sembrano altrettanto celeri. Non c’è il rischio che l’esito del processo penale giunga quando oramai il Daspo è già terminato?

“Certo e pertanto si assiste a sentenze di assoluzione che suonano come “vittorie di Pirro”. Troppo spesso accade che a distanza di molto tempo dalla fine del Daspo, il soggetto interessato si veda riconosciuto estraneo ai fatti contestati (ovviamente grazie alle garanzie che offre il processo penale) e purtroppo non sono previsti indennizzi o risarcimenti perché si tratta di una mera misura di prevenzione.”

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