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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Cronaca 2013. Guerra tra clan, omicidi e rapine. Speranza nell’offensiva ambientale

La cronaca non si è fatta mancare nulla. Si è tornato a sparare a scopo intimidatorio o per ristabilire nuovi assetti di potere tra clan. Si ripropone con forza l'incubo racket, materializzatosi in pistolettate e ordigni

LECCE – Ha le ore contate, ma ai leccesi non dispiacerà. Se c’è un “settore remunerativo” che, in questo dannato 2013, di recessione economica non ha voluto sentir parlare è stato quello dei furti in appartamento. Uno dei fenomeni in espansione che ha funto da cornice all’annus horribilis ormai agli sgoccioli. Si è rubato davvero di tutto, negli ultimi dodici mesi, specialmente in città.

Che si sia trattato della tecnica della scheda magnetica utilizzata per scardinare il nottolino delle serrature o, semplicemente, attraverso la manomissione di infissi e sistemi di allarme, i topi d’appartamento non si sono fatti mancare davvero nulla: persino funamboliche e temerarie inerpicate sulle tubature, pur di avere accesso alle abitazioni dei malcapitati di turno. I colpi hanno fruttato dagli spiccioli insignificanti, fino a maxi bottini di oltre 100mila euro, in quelli pianificati ai danni di aziende vitivinicole o di impianti fotovoltaici.

Ma i ladri non sono stati i soli protagonisti della cronaca del 2013, caratterizzato anche da un altro fenomeno in preoccupante ascesa, che ha sfiorato un vero e proprio picco nei mesi estivi. Quello delle rapine. Tanto da costringere la prefettura di Lecce a convocare, alla fine di settembre, il Comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico, per un tavolo tecnico che potesse fronteggiare l’escalation di colpi.

Sono innumerevoli le aree di servizio, le tabaccherie, i supermercati e le farmacie prese di mira da bande dei malviventi che, il più delle volte armati, hanno dato luogo a raid nelle attività commerciali. Piani di “sopravvivenza”, spesso terminati con il ferimento delle vittime delle rapine. Altre vittime di una congiuntura politico-economica, anche i centinaia di gruppi di migranti, approdati sulle coste salentine per un’aspettativa. Uno spiraglio europeo. Un’utopia. Neppure il sopraggiungere dell’autunno, nè l’ecatombe avvenuta i primi giorni di ottobre sull’isola di Lampedusa, ha disinnescato l’emergenza degli sbarchi. Traversate transasiatiche e costose su barconi instabili. Traballanti come le speranze dei passeggeri.

E’ stato alimentato dal mare anche l’altro intramontabile business, quello dello spaccio di stupefacenti, che ha confermato la posizione centrale del Salento nel crocevia dei traffici di droga. Non soltanto dai Balcani, ma sempre più inserito nel circuito intercontinentale gestito da narcotrafficanti sudamericani. Emblematica fu la scoperta nel mese di maggio, da parte della guardia di finanza,  di un ingente quantitativo di droga, al largo di Santa Maria di Leuca. Circa 730 chilogrammi di marijuana, stipati su un peschereccio della marineria di Porto Palo, in provincia di Siracusa, furono rinvenuti dalle fiamme gialle e portarono a tre arresti. Così come due scafisti finirono manette, a metà novembre, perché trovati con una tonnellata di “maria”, dopo un inseguimento nelle acque di Torre Sant’Andrea, la marina di Melendugno.

Nella fiera dei numerosi casi di evasione fiscale e dei suicidi dovuti alle difficoltà economiche e all’emergenza occupazionale, le caselle nere sono state riempite anche dagli incidenti nei cantieri e dai decessi sui luoghi di lavoro. Scalfito nella memoria collettiva dei salentini, l’episodio nella mattinata del 30 agosto. Quando Mario Orlando, un operaio 53enne, storico dipendente del salumificio “Scarlino” di Taurisano, restò letteralmente stritolato in una delle impastatrici dell’azienda.  In conseguenza di questo tragico episodio è stato arrestato il patron dell’azienda, Attilio Scarlino, con l’accusa di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro e morte come conseguenza di altro reato. L’imprenditore è tornato in libertà il 16 novembre.

Per una inspiegabile congiuntura, le buone novelle sono giunte sul fronte degli incidenti stradali, dove si è assistito a un calo rispetto al 2012, anno in cui la provincia leccese si era guadagnata la maglia nera per il numero elevato si sinistri mortali e non, secondo il rapporto divulgato da Aci-Istat. Un trend che non è stato però accompagnato dalla quantità di autovetture incendiate nelle vie cittadine e dell’intero tacco. Nell’estate del 2012, la zona di via Terni e dello stadio di Lecce, fu puntualmente teatro di roghi dolosi ai danni di mezzi. Nel 2013, gli episodi non si sono concentrati in particolari quartieri, ma un po’ ovunque. Diffondendosi in maniera disomogenea, a macchia di leopardo.

Una manciata di buone notizie, in questi voluminosi cahier de doleances, si sono intravisti. Sono rappresentati da quell’infornata di sequestri preventivi e confische definitive, disposti dalla Procura della Repubblica, indirizzate a persone accusate, a vario titolo, di reati come usura, detenzione di armi, e che sono state incastrate dall’attività interforze della Direzione distrettuale antimafia.

foto 1-12-15Ma una pallida consolazione, nell’oscurità di questo anno, è giunta soprattutto sul versante ambiente. Tutelato non soltanto sul litorale di Porto Cesareo, dove si è susseguito un tourbillon di battaglie giudiziarie a colpi di scandali e sigilli apposti dai carabinieri della compagnia di Campi Salentina, per punire e sanare i più gravi abusi edilizi. Ma finito sotto i riflettori per un altro caso impressionante (ma prevedibile): quello relativo rifiuti inabissati sotto le terre salentine, esploso i primi giorni di novembre. A quella porzione di lacerante violenza in parte risparmiata all’ambiente, non è però corrisposta maggiore civiltà. Sono calati gli omicidi rispetto al 2012, ma i pochi che sono stati registrati hanno mostrato tutta la loro efferatezza.

Il 29 giugno toccò all’imprenditore martanese Massimo Bianco, freddato con un colpo di pistola. Mentre, soltanto il 10 maggio, li salentini avevano assistito al raccapricciante ritrovamento dei cadaveri di Luca Greco e Massimiliano Marino, ritrovati in una cisterna, a Campi Salentina: da oltre due mesi, erano stati ingoiati dal nulla, senza che si avessero loro notizie. In pieno giorno, nel cuore di San Cesario di Lecce, è stato ammazzato Gianfranco Zuccaro, bodyguard 37enne, raggiunto il 7 luglio al torace e al polmone da proiettili calibro 7,65. Alla fine di quello stesso mese, era il giorno 29, Francesco Capone, di Taurisano, ha usato una pistola per sospingere verso la morte la moglie, Erika Ciurlia, per poi togliersi la vita utilizzando la stessa arma. Proprio nei giorni in cui la parola “femminicidio” cominciava a lievitare, e il fenomeno a gonfiarsi su tutto lo Stivale in una preoccupante escalation.

Ma a destare più preoccupazione, durante la parentesi primaverile ed estiva, una raffica di episodi criminali, composta da sparatorie e avvertimenti, che riempì il vuoto “dirigenziale” lasciato dall’operazione Speed drug, condotta dalla squadra mobile. All’alba del giorno di San Giuseppe, la polizia fece infatti  scattare un blitz che si concluse con 42 ordinanze di custodia cautelare, emesse per i reati di droga e armi in tutto il Salento. A quella carrellata di arresti, seguirono inquietanti episodi in città, che videro persino l’affissione dei finti manifesti funebri di Davide Vadacca, lungo le vie di Lecce.

Quest’ultimo, e altri tre esponenti ritenuti vicini agli ambienti della Sacra corona Unita, furono fermati il 16 ottobre, durante un’altra delle attività della questura, denominata “Reset”. La tranquillità avrebbe tardato però a sopraggiungere. A ridosso delle festività natalizie, la malavita è tornata a piazzare ordigni ai danni di imprenditori e a lanciare messaggi a esercizi commerciali come accaduto al Bar Bellini, al Bar Carletto e, infine, con la bomba che ha distrutto il Caffè Paisiello. In una deflagrazione metaforica. Iperbolica. Schegge e cocci del futuro nebuloso di un 2014 che, ci si augura, non galvanizzi ancora le cronache locali. 

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