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Cronaca

Da capitano a detenuto, l’avvocato di Miccoli: “Sente il conforto dei suoi tifosi”

Ecco la vita dell'ex calciatore salentino che da due mesi è nel carcere di Rovigo per scontare la condanna a tre anni e mezzo di reclusione per estorsione aggravata dal metodo mafioso diventata definitiva

LECCE - Sono trascorsi quasi due mesi da quando il salentino Fabrizio Miccoli, già capitano del Palermo e del Lecce, ha varcato la soglia del carcere di Rovigo. Qui, ci era entrato alla fine di novembre, non appena aveva appreso del mancato accoglimento da parte della Corte di Cassazione del suo ricorso.

Diventata quindi definitiva la sentenza di condanna a 3 anni e mezzo di reclusione per estorsione aggravata dal metodo mafioso emessa nel gennaio del 2020 dalla Corte d’appello di Palermo (che aveva confermato a sua volta quella di primo grado, col rito abbreviato), l’ex bomber non aveva perso tempo e si era costituito.

“Certamente non è contento, non si trova in albergo, ma sta cercando di affrontare nel migliore dei modi la situazione. Pur non condividendola, rispetta la sentenza”, ha raccontato il suo avvocato Antonio Savoia (del Foro di Lecce) a Lecceprima. 

"Nonostante viva questa condizione, però sta resistendo, grazie al conforto dei suoi familiari. Ma non solo. E’ venuto a conoscenza del supporto di molte persone che stanno dalla sua parte, ritenendo eccessivo sia il reato per il quale è stato condannato sia il fatto che debba scontare la pena in cella. Insomma, sente che in tanti continuano a fare il tifo per lui e questo non può che fargli piacere”, ha aggiunto il legale che lo ha incontrato nella casa circondariale. Insieme stanno valutando meticolosamente le scelte che riguarderanno il suo futuro, ma ancora non è stata avanzata alcuna richiesta di misura alternativa al carcere al Tribunale di sorveglianza.

Nonostante due richieste di archiviazione della Procura di Palermo, il gip Fernando Sestito dispose l’imputazione coatta e alla fine, l’accusa ha retto in ogni grado di giudizio.

Per tutti i giudici, le cose andarono così: tra il 2010 ed il 2011, Miccoli incaricò Mauro Lauricella (figlio del boss della Kalsa Antonino "u scintilluni”) di recuperare il credito di 12mila euro vantato nei riguardi dell'ex titolare della discoteca "Paparazzi" di Isola delle Femmine, Andrea Graffagnini, su sollecitazione dell'ex fisioterapista del Palermo, Giorgio Gasparini, con il quale gestiva il locale.

L’ex calciatore rosanero ha sempre dichiarato di essere all’oscuro delle parentele mafiose di Lauricella e di esserne venuto a conoscenza solo quando furono travolti dall’inchiesta.

Questi, in primo grado, fu condannato a un anno per violenza privata, ma in appello la pena diventò di sette anni perché fu riconosciuto responsabile anche del reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

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