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Cronaca

Dalle sigarette alla droga, un ventennio di malaffare sulle rotte del Mediterraneo

Terra di frontiera, sospesa tra Oriente e Occidente, il Salento è da sempre luogo di traffici. Negli anni Ottanta e Novanta erano gli scafi blu dei contrabbandieri a solcare il "mare di mezzo" con i loro carichi "bionde", armi e stupefacenti

LECCE – Terra di frontiera, sospesa tra Oriente e Occidente, il Salento è da sempre luogo di transiti e di traffici. Negli anni Ottanta e Novanta erano gli scafi blu dei contrabbandieri a solcare il “mare di mezzo” con i loro carichi di merce: sigarette, armi e droga. Oggi, oltre dieci anni dopo l’operazione "Primavera", che assestò un colpo letale al contrabbando, il mercato delle sostanze stupefacenti è tornato il grande affare delle organizzazioni criminali che trovano terreno fertile nei paesi al di là del canale d’Otranto e ramificazioni nel territorio pugliese. Un mercato da milioni di euro che dalla Turchia e dall’Albania trova facile approdo nel Salento. Le recenti inchieste della Direzione distrettuale antimafia di Lecce dimostrano come il “Paese delle aquile” sia uno dei canali principali per l’approvvigionamento di eroina (di provenienza turca e afghana) e marijuana. Un assioma confermato anche dall’operazione denominata “froth”, condotta dalla guardia di finanza di Lecce.

Quello delle "fiamme gialle", sotto il comando del colonnello Vincenzo Di Rella, è un lavoro sul campo capillare ed efficace, che trova nella Dda e nel numero uno della Procura del capoluogo salentino, Cataldo Motta, la mente investigativa e organizzativa impegnata in una lotta senza precedenti ai cartelli criminali cha attraversano il nostro territorio. Il procuratore Motta, una vita trascorsa in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata, ha tessuto in questi anni le reti delle più importanti operazioni contro i clan nostrani della Sacra corona unita e quelli provenienti dell’Albania, e che hanno sempre visto nel traffico delle sostanze stupefacenti uno dei business più redditizi del malaffare. Proprio la cooperazione tra la magistratura salentina e quella del paese delle aquile, specie nella cosiddetta operazione “Sunrise”, ha portato nel passato a una vera rivoluzione copernicana sul fronte delle inchieste grazie all’introduzione della reciprocità degli atti d’indagine. Un fronte comune che il procuratore Motta si è detto pronto a ripristinare al più presto.

Nell’ultimo blitz messo a segno all’alba di oggi i finanzieri della compagnia di Lecce, guidati dal capitano Laura Patriarca, sono partiti da piccoli episodi quotidiani, raccogliendo minuscoli tasselli di un mosaico più complesso di un’indagine tanto rapida (da maggio 2012 a marzo 2013) quanto articolata, che ha permesso di disegnare le rotte della sostanza stupefacente. Non solo l’Albania (dove uno degli arrestati aveva il compito di recarsi per trattare i vari carichi, stabilendo qualità e prezzo), ma anche Calabria e soprattutto Spagna (come già emerso nell’operazione Network, attraverso le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Alessandro Verardi).

Dalla penisola iberica, sempre più regno dell’oro bianco, la cocaina giungeva nel Salento passando da Roma e Milano, attraverso corrieri e “muli” incaricati di recapitare ovuli come campioni. Un’associazione dunque perfettamente articolata e finalizzata esclusivamente al traffico di sostanze stupefacenti, in cui vi erano compiti e gerarchie ben precise e definite. L’operazione, inoltre, dimostra come sia cresciuta la richiesta dei vari tipi di sostanza stupefacente (sembra scomparsa la vecchia distribuzione settoriale), che avevano nella zona 167 il mercato principale, con ramificazioni anche nei paesi dell’hinterland del capoluogo salentino. Un mercato che sembra comunque non conoscere crisi. 

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