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Cronaca

Dalle violenze nacque una bimba, nuovo processo per il papà nonno

Disposto il rinvio a giudizio per il 54enne, già condannato per violenza sessuale nei riguardi della figlia. Stavolta risponderà di maltrattamenti e minaccia e, insieme alla moglie, di sequestro di persona

LECCE - Dovrà prepararsi a un nuovo processo il 54enne del Basso Salento condannato in appello a 17 anni di reclusione (in primo grado la pena fu di 30 anni) per aver abusato della figlia per un quindicennio e averla resa madre, dopo un precedente aborto.

Stavolta risponderà di maltrattamenti e minacce, ma anche di sequestro di persona, sempre nei riguardi della figlia, accusaquest'ultima che tira in ballo anche la moglie, perché è con la sua complicità che avrebbe chiuso a chiave la porta di casa per impedirle di uscire.

Entrambi i genitori prenderanno posto al banco degli imputati nel processo che inizierà il 21 maggio dinanzi al giudice Elena Coppola e nel quale l’uomo sarà assistito dall’avvocato Alberto Corvaglia e la coniuge dall’avvocato Mario Coppola.

A disporre il rinvio a giudizio è stato il giudice Marcello Rizzo che, in mattinata durante l’udienza preliminare, ha accolto la costituzione di parte civile solo della vittima (assistita dall’avvocato Francesco della Corte) e non quella del compagno (rispetto alla quale si era opposto l’avvocato Coppola).

Secondo l’accusa, da aprile a luglio del 2017, il 54enne avrebbe ripetutamente minacciato la malcapitata, spesso anche solo con uno sguardo eloquente nel rammentarle le violenze sessuali già patite, le avrebbe controllato il cellulare, staccato il telefono fisso e la rete wifi e nascosto gli apparecchio per impedirle di avere contatti con l’esterno, in particolare con il nuovo compagno. Non solo. Il padre l’avrebbe anche ostacolata nel prendersi cura dei suoi figli, di portarli a scuola e persino di dar loro il bacio della buona notte.  

Fu proprio nell’ambito della prima inchiesta sfociata nel dicembre del 2018 nell’arresto del papà nonno, e in cui fu determinante il test del dna, che il pubblico ministero Stefania Mininni accertò ulteriori abusi confluiti in altri due fascicoli d’inchiesta: quello discusso oggi, e un secondo, nei confronti dell’ex compagno della malcapitata che si è concluso lo scorso gennaio con un patteggiamento (per maltrattamenti) a un anno e otto mesi di reclusione (col beneficio della pena sospesa).

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