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Cronaca

"Dèjà-vu-ultimo atto", l'unica donna arrestata respinge le accuse dinanzi al gip

Nuovi interrogatori di garanzia per gli arrestati nell'operazione "Deja-vu, ultimo atto", che ha portato all'esecuzione di undici ordinanze di custodia cautelare. Si tratta della parte finale di altri due filoni d'indagine: "Vortice-Deja-vu", a metà novembre, e "Paco" all'inizio dell'anno

LECCE – Nuovi interrogatori di garanzia per gli arrestati nell’operazione “Deja-vu, ultimo atto”, che ha portato all’esecuzione di undici ordinanze di custodia cautelare. Si tratta della parte finale di altri due filoni d’indagine: “Vortice-Deja-vu”, a metà novembre, e “Paco” all’inizio dell’anno. Undici le misure eseguite dai carabinieri della stazione di Squinzano, della compagnia di Campi Salentina, con i colleghi del Nucleo investigativo, guidato dal capitano Biagio Marro, e del Reparto operativo, coordinato dal colonnello Saverio Lombardi, hanno eseguito le misure. Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal gip del Tribunale di Lecce, Carlo Cazzella, su richiesta del sostituto procuratore Giuseppe Capoccia.

Oggi, dinanzi al gip, sono comparsi Stefano Renna, 34enne; Giuseppe Ricchiuto, di 24 anni; Antonio Serratì, 41enne di Trepuzzi; Emiliano Vergine, squinzanese di 39 anni e Roberto Napoletano, di 29 anni. Tutti hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere. Si tratta, con ogni probabilità, di una scelta processuale finalizzata a leggere le carte dell’inchiesta in un eventuale ricorso al Tribunale del riesame. Gli indagati sono assistiti dagli avvocati Benedetto Scippa, Ladislao Massari, Antonio Savoia e Giancarlo Dei Lazzaretti.

Nel corso della mattinata è comparsa dinanzi al gip anche Alessandra Amira Bruni, 24enne squinzanese, moglie di Marino Manca, agli arresti domiciliari. La donna, assistita dagli avvocati Antonio Savoia e Giuseppe Presicce, ha respinto ogni accusa, spiegando al giudice di essere completamente estranea a qualsiasi logica o gruppo criminale, precisando di non aver mai avuto alcun rapporto con gli altri arrestati. Le visite al marito detenuto sono da collocarsi pertanto nel quadro dei legami affettivi e del rapporto coniugale. Per la Bruni è già stato deposito ricorso al Riesame.

Gli arrestati sono stati ritenuti dalla Direzione distrettuale antimafia vicini agli ambienti del clan De Tommasi-Notaro, con base nel nord Salento. Sono stati loro contestati a vario titolo i reati di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e porto abusivo di armi anche clandestine, lesioni gravi e minacce aggravate. Nell’ambito delle indagini quattro di loro sono stati fermati, in flagranza di reato,  perché trovati in possesso di oltre un chilogrammo e mezzo tra marijuana e cocaina, a Otranto, destinato allo smercio al dettaglio nell’area compresa tra Squinzano, Monteroni di Lecce e Casalabate.

Le mire “espansionistiche”, con lo sguardo rivolto a nord, hanno cominciato a tradursi in una sempre più pregnante penetrazione nella zona del Brindisino. Come per le altre due, precedenti operazioni, l’attività investigativa è cominciata dal monitoraggio di un sottogruppo capeggiato da Marino Manca. Una sorta di indagine-madre nella quale sono emersi continui dissapori e divergenze all’interno dello stesso clan “coordinato” dal detenuto Sergio Notaro.

Figura chiave, tra gli arrestati, quella di Roberto Napoletano, già finito in manette e noto per la presunta tentata estorsione nei confronti del trombettista Cesare Dell’Anna, all’interno del locale “Livello 11/8” di Trepuzzi. Sarebbe stato proprio Napoletano, a sperare in un allargamento del proprio territorio, fino a lambire il feudo del basso Brindisino. Già “coordinatore” dell’attività di spaccio, si sarebbe servito di Angelo Napoletano, Stefano Renna e Antonio Serratì per seguire la redditizia compravendita di droga.

Nelle sue mani, anche l’altra attività, economicamente "complementare": quella della “riscossione crediti”. Una sequenza di estorsioni nei confronti degli acquirenti locali che, non avendo pagato il quantitativo di droga da immettere sul mercato al dettaglio, gli erano debitori di ingenti cifre. Somme che potevano andare da qualche centinaio di euro, fino a duemila.

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