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Derby & combine: Masiello pentito in tribunale ma le parole restano ambigue

La testimonianza dell'ex capitano del Bari era la più attesa nell'udienza odierna, nel processo in cui è imputato anche Pierandrea Semeraro. "Nel primo tempo disputammo una buona partita, volevo vincere quella gara. Poi, però, pensai a quei soldi"

LECCE – Se vendere un derby può essere considerato il peggior abominio da parte di un tifoso, realizzare volontariamente un autogol e sancire la salvezza dei rivali storici, sono la peggiori infamie per un calciatore. Perché un autogol nel derby non è soltanto un tradimento, è un atto quasi blasfemo. A incarnare questo ruolo poco edificante è stato Andrea Masiello, ex capitano del Bari calcio e che, secondo i magistrati baresi, avrebbe, nel doppio ruolo di “corrotto e corruttore”, alterato il risultato di alcune gare, tra cui proprio il derby con il Lecce del 15 maggio 2011.

Proprio la testimonianza di Masiello, tornato oggi in una città che non gli ha mai perdonato quel tradimento, era la più attesa nel processo che vede imputati, con l'accusa di frode sportiva, l'ex presidente del Lecce Pierandrea Semeraro, l'imprenditore Carlo Quarta e Marcello Di Lorenzo, amico dell'ex difensore del Bari. Lo stesso Masiello, e i due suoi complici, Gianni Carella e Fabio Giacobbe, accusati anche di associazione per delinquere perché coinvolti in più di una combine, hanno già patteggiato rispettivamente una pena di un anno e 10 mesi, e un anno e 5 mesi per le presunte partite truccate Bari-Lecce, Palermo-Bari, Bari-Sampdoria e Bologna-Bari. A Semeraro, Quarta e Di Lorenzo l’accusa contesta un solo episodio di frode sportiva, quello relativo al derby.

Dinanzi al giudice Valeria Spagnoletti, Masiello si è detto pentito delle sue azioni: “Mi vergogno di quello che ho fatto”. L’ex capitano biancorosso ha poi ricostruito i giorni antecedenti e successivi al derby della presunta combine. “Alcuni giorni prima del derby Giacobbe mi mostrò un assegno che gli avevano consegnato perché perdessimo quel derby. I miei compagni di squadra si tirarono indietro. Io, sollecitato da Giacobbe e Carella, decisi poi di accettare”.

Masiello ha poi parlato della gara: “Nel primo tempo disputammo una buona partita, volevo vincere quella gara. Poi, però, pensai a quei soldi”. Riguardo al famigerato autogol il calciatore viareggino si è dimostrato, ancora una volta, ambiguo: “Nel secondo tempo non ho giocato al massimo, e sull’autogol non ho fatto tutto ciò che potevo per evitarlo”.

Masiello ha poi tirato in ballo l’avvocato leccese Andrea Starace, raccontando di averlo incontrato con Giacobbe e Carella il 22 agosto all'Hotel Tiziano di Lecce. Starace, a detta di Masiello, si sarebbe presentato come una persona vicina alla famiglia proprietaria del Lecce e gli avrebbe fatto alcune domande sulla sua reale incidenza sul risultato finale della partita. Poi, sempre secondo quanto riferito da Masiello, lo stesso Starace avrebbe consegnato una valigetta con i soldi.

“Contarono quei soldi in macchina – ha spiegato l’ex capitano del Bari –, dentro c’erano quasi 200mila euro, da dividere in quattro. Successivamente mi consegnarono 35mila euro”. Dichiarazioni comunque tutte da dimostrare, che puntano il dito contro un noto e stimato professionista che non ha mai fatto parte di questa complessa e spiacevole querelle giudiziaria e sportiva.

Del processo fanno parte anche circa 150 tifosi giallorossi, ammessi tra le parti civili e assistiti, in gran parte (ben 71), dagli avvocati Giuseppe Milli e Francesco Calabro. Si tratta di una costituzione storica e unica nel suo genere, destinata a creare un precedente importante nella giurisprudenza nostrana. 

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