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Martedì, 16 Aprile 2024
Il vizio di forma / Otranto

Dimissioni di Cariddi invalidate per il “giallo” della firma: ripresentate un'altra volta, ora sono ufficiali

Dopo le anticipazioni di una settimana fa, il Ministero ha chiesto di recuperare l’autentica di firma del primo cittadino alla presenza di un notaio. Prodotto e consegnato il nuovo atto che, però, annulla il precedente

OTRANTO – Le dimissioni di Pierpaolo Cariddi da sindaco di Otranto sono state “invalidate” e ripresentate nella giornata di oggi per un problema collegato all’autentica di firma: una questione che avevamo anticipato e posto all’attenzione dei lettori lo scorso 16 settembre, quando l’atto era stato presentato nella sede comunale idruntina ed era emerso nella ricostruzione degli eventi un possibile “vizio” formale.

Non è bastata la formulazione della richiesta davanti ai magistrati, né seguire la procedura di accordo con la prefettura per venirne a capo, visto che, a distanza di circa una settimana, per la terza volta in sette giorni la dichiarazione è stata rielaborata e ripresentata per un cavillo tecnico, ma evidentemente non di poco conto. Tutto ruota attorno al tema dell’“autentica di firma” che solo un pubblico ufficiale, un notaio, può raccogliere: nel caso di specie, in un primo momento, si era forse pensato che la delega al legale di Cariddi, concordata con le istituzioni del territorio preposte e vista anche l’eccezionalità della situazione, ovvero il contesto del regime cautelare in carcere, fosse sufficiente per autenticare l’atto.

Una settimana dopo, invece, un altro colpo di scena con l’annullamento del precedente documento e la predisposizione di uno nuovo, questa volta autenticato da un notaio, per sfuggire a possibili “incidenti” formali. Cosa sia cambiato è presto detto, visto che è stato lo stesso Ministero dell’Interno che, in un ulteriore approfondimento della vicenda, ha chiesto di riazzerare l’iter e di riformulare la richiesta, raccogliendo l’autentica di firma, secondo quanto richiesto dalla legge, ovvero alla presenza di un notaio.

Qualcuno potrebbe obiettare che si tratti del classico caso all’italiana, dove i cavilli formali e burocratici siano solo causa di lungaggini e inutili perdite di tempo a discapito della “sostanza” che è la decisione del singolo di dimettersi; e chi, d’altro canto, è convinto che nella “forma” ci sia anche la “sostanza” e che i due aspetti vadano necessariamente di pari passo. Ma al di là di chi abbia o meno ragione, si è reso necessario questo passaggio, per fugare qualsiasi problema.

I passaggi della vicenda

Ma andiamo con ordine. Tutto è iniziato il 15 settembre con le dimissioni del sindaco, annunciate per voce dei propri legali, in occasione del primo interrogatorio davanti ai pm nell’ambito dell’inchiesta “Hydruntiade” che ha visto l’arresto di Pierpaolo Cariddi assieme al fratello e suo predecessore alla guida della città dei Martiri, Luciano. Le dimissioni immediatamente protocollate erano state “stoppate” in prima istanza e formalizzate il giorno dopo, venendo presentate nella sede del Comune di Otranto.

L’atto aveva vissuto fin da subito, però, una specie di “giallo”, visto che la prefettura, nonostante le dimissioni fossero state raccolte davanti ai magistrati, in un eccesso di zelo e in adempimento dei propri protocolli, in accordo col Ministero dell’Interno, aveva chiesto l’autentica di firma del sindaco, raccolta su specifica delega dall’avvocato difensore, Gianluca D’Oria, che aveva protocollato una seconda volta il tutto al Comune di Otranto. Che quell’iter fosse concordato tra le istituzioni lo aveva confermato la stessa segreteria generale dell’Ente idruntino a specifica domanda.

La possibile contestazione, sottolineata nell’articolo del 16 settembre, era basata sul confronto con alcuni pareri legali, competenti sulla materia, che avevano evidenziato il rischio di un “vizio” formale nella richiesta di dimissioni, da rintracciare in un requisito: l’avvocato ha potere di autentica/certificazione solo per atti processuali in cui si è difensori di una delle parti (quindi, non in questo caso, ndr). Da qui, si apriva la possibilità che le dimissioni di Cariddi fossero teoricamente impugnabili e materialmente inefficaci. Solo la singolarità della situazione del regime detentivo a cui è sottoposto il primo cittadino di Otranto poteva motivare la diversità del percorso scelto per avvalorare l’atto.

Ma nelle scorse ore, probabilmente anche in virtù dell’attenzione posta alla questione a mezzo stampa, il Ministero dell’Interno, dopo un ulteriore approfondimento, ha rivisto le proprie posizioni e, come confermato dall’avvocato dello stesso Cariddi, ha chiesto di rifare l’atto certificando la firma del sindaco alla presenza di un notaio. Così questa mattina, un notaio si è recato nel carcere di Lecce, raccogliendo l’autentica del sindaco e procedendo al completamento della richiesta di dimissioni, regolarmente protocollate nel pomeriggio.

E anche se fa specie questo ulteriore eccesso di formalismo da parte delle istituzioni, c’è una sostanza che modifica le tempistiche dell’efficacia dell’atto: le precedenti dimissioni, “monche” dell’autentica di firma nei termini previsti dalla legge, sono di fatto annullate, mentre le nuove sono quelle da considerarsi valide a tutti gli effetti. Pertanto, si riazzera il conteggio dei venti giorni previsti dalle norme, in cui il sindaco può decidere se confermare il passo indietro o di ritirare le dimissioni.

Un piccolo “giallo” divenuto uno “stallo” tecnico, che ha creato qualche imbarazzo amministrativo nelle interpretazioni delle regole e che ha dilatato di una settimana i tempi inizialmente immaginati.

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