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Cronaca

Duplice delitto di via Montello, gli psichiatri: “Ecco perché De Marco ha ucciso”

Per i consulenti della difesa: il quadro psicopatologico è grave e complesso. Il 21enne di Casarano si era convinto che solo uccidendo qualcuno, “Dio” e “l’universo” lo avrebbero ricompensato, donandogli una donna con cui avere una relazione

LECCE - Sin da bambino si dedicava per lunghe e solitarie ore a disegnare e a giocare con alcuni pupazzi e, legato in maniera ossessiva alle proprie abitudini, avrebbe avuto crisi di ansia se qualcuno spostava i giochi o era distolto dalle sue attività. Tengono conto anche di questo gli psichiatri che hanno valutato il 21enne di Casarano Antonio De Marco, giungendo alla conclusione che la ragione per cui è diventato uno spietato assassino risieda “nel mondo psicotico privo del contatto vitale col mondo esterno”.

Nella relazione redatta su incarico della difesa, gli esperti Elio Serra, Felice Francesco Carabellese, e Michele Bruno, in seguito ai colloqui avuti in carcere e alle analisi dei diari, giungono alla conclusione che “il quadro psicopatologico sia composito, grave e complesso, probabilmente non ancora del tutto strutturatosi, che rimanda alla dimensione psicotica, prima di tutto, ed autistica, di poi, della psicopatologia”.

Insomma, secondo la loro valutazione, De Marco, da sempre persona solitaria e chiusa, con notevoli difficoltà nell'interazione con gli altri e nelle competenze relazionali, dai forti tratti autistici, ha maturato lentamente, per poi "abbracciarla" tenacemente e pervicacemente e non abbandonarla nel suo intimo esplicarsi sino all'epilogo delittuoso, la convinzione che solo uccidendo, "Dio, l'Universo, il mondo intero" gli avrebbero "donato" una donna con la quale avere una relazione.

Dalle sue parole durante i colloqui avuti con lui: "come se dopo aver fatto quello che ho fatto sarebbe cambiato tutto. Pensavo che sul momento sarei stato soddisfatto, già subito dopo averlo fatto... come se le cose sarebbero cambiate.., che sarebbe arrivata una ragazza... ci sarebbe stata una ricompensa, che avrei avuto una ragazza, che mi avrebbe fatto avere Dio, l'universo...".

Per i consulenti,  il 21enne ora è chiuso in sé e distaccato dagli altri, e “altezzosamente quasi “libero" di muoversi agilmente nel proprio mondo interiore e di inseguire i propri fantasmi psicotici, mondo in cui non vi è alcun vaglio doloroso della critica, alcuna risonanza affettiva con l'altro da sé, alcun confronto intimo e sintonico con gli altri, foriero quest'ultimo, come emerge dalla sua storia esistenziale, di continue e dolorose frustrazioni. Come è stato, infatti, doloroso e faticoso l'incontro con i sottoscritti consulenti, portatori per certi versi della “realtà" esterna”.

E in lui non sembra esserci alcun pentimento, pur essendo consapevole della gravità delle sue azioni, “ne accetta, per così dire, le conseguenze, con rassegnazione. Ma non sembra nutrirne appieno alcun senso di colpa, ché se ciò fosse, ciò lascerebbe presupporre che abbia acquisito coscienza critica del mondo che lo circonda e di quella trasformazione avvenuta in lui”

Stando alla relazione, è proprio nei diari, che si può trovare traccia di quanto profondo sia stato il distacco vitale di De Marco dalla realtà: ha rifiutato di avere un confronto con questi, quasi a voler restare ancorato al proprio mondo, e ripararsi dal confronto esterno, doloroso e frustrante, con la propria inadeguatezza, reale o percepita come tale da sempre, e preservarli intatti nella loro fittizia "perfezione" psicotica,rispetto a cui non può esserci discussione, ripensamento, presa di coscienza critica. Ed è a tale perfezione che secondo gli esperti, il 21enne rimane ancorato.

daniele-de-santis-eleonora-manta-2-3Secondo gli psichiatri, quello della coppia, contro la quale sono state inferte quasi ottanta coltellate, è stata una sorta  di "esperimento”: Eleonora e Daniele (nella foto) avrebbero dovuto essere solo le prime di una serie di altre analoghe vittime casuali, come già aveva osservato il giudice Michele Toriello nel decreto di convalida del fermo, scelte solo per la facilità con la quale poteva raggiungerle disponendo del doppione delle chiavi della casa in cui aveva vissuto come affittuario.

Pensieri di morte c’erano in lui già prima che si concretizzassero nella mattanza avvenuta in via Montello la sera del 21 settembre, come quello avuto durante un turno di lavoro in ospedale, di ammazzare un anziano paziente.

“Lo sconcerto di essere stato anche in questo inefficace e maldestro, come per tutto il resto della sua vita fino ad allora, probabilmente deve essere stata per l'esaminando una caduta, per così dire, per crisi, talmente insopportabile nell'autostima psicotica che lo aveva sostenuto sino ad allora e nelle aspettative altrettanto psicotiche che nutriva da quell'atto nefasto, da far precipitare gli eventi in una sorta di cupio dissolvi generalizzata. La programmazione del fatto-reato progettata dall'esaminando e trascritta anche in quei suoi brevi appunti lasciati sul luogo del delitto prevedeva, infatti, che le vittime non riconoscessero il proprio assalitore, una modalità del delitto da consumarsi tutta all'interno dell'abitazione, non così cruenta e feroce, una fittizia componente satanista nelle motivazioni allo stesso per fuorviare le indagini, riuscire a non essere identificato e poter continuare così in seguito il proprio progetto psicotico” spiegano ancora gli psichiatri.  

Proprio sulla scorta di questo accertamento che i legali di De Marco, gli avvocati Giovanni Bellisario e Andrea Starace, avevano chiesto al gip Michele Toriello una perizia sulla capacità di intendere e di volere in sede di incidente probatorio. L’istanza come noto è stata respinta e sarà presentata durante il processo che si aprirà in Corte d’Assise il 18 febbraio prossimo.

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