Ergastolo per il ladro che uccise con ventotto coltellate la donna di Taurisano
Marcella Rizzello, originaria del comune salentino, viveva da tempo a Civita Castellana. Giorgio De Vito, 37enne, napoletano, fu scoperto a rubare e reagì assassinandola, davanti agli occhi della figlia di appena un anno di età
VITERBO – I giudici della Corte d'assise di Viterbo hanno condannato alla pena dell’ergastolo il napoletano Giorgio De Vito, 37enne, sul quale pendeva l’accusa di aver ucciso a coltellate la 29enne Marcella Rizzello, di Taurisano. Dovrà anche sottostare a un anno d’isolamento. Accolte, dunque, le richieste formulate dal pm Renzo Petroselli. De Vito, oltretutto, secondo una perizia psichiatrica, sarebbe stato perfettamente capace d’intendere e volere, il giorno dell’efferato delitto.
I fatti avvennero il 3 febbraio del 2010 a Civita Castellana. L’omicidio fu consumato davanti alla figlia della donna, che all’epoca aveva appena un anno di vita. Il corpo fu rinvenuto dal compagno di Marcella Rizzello, rientrato in casa, riverso per terra, nella stanza da letto. Fu, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, il tragico epilogo di un furto nell’abitazione della donna salentina, da tempo residente nel Lazio. De Vito avrebbe avuto la violenta reazione dopo essere stato scoperto in azione, affondando la lama ventotto volte.
La svolta, inattesa, alle indagini, si ebbe il 17 maggio di quell’anno, quando De Vito venne arrestato dai carabinieri per aver tentato di uccidere un operaio, usando una scimitarra. Quest’ultimo viveva da qualche tempo con l’ex compagna di De Vito, la 34enne polacca Mariola Michta. Il colpo di scena, al confronto fra il Dna del 37enne con le tracce ematiche scoperte in casa di Marcella Rizzello, lasciate da De Vito, nelle concitate fasi dell’aggressione, in cui si sarebbe ferito. La compatibilità fece scattare l’imputazione di omicidio volontario aggravato.
Nella vicenda rientrò anche la 34enne polacca, che confessò la sua complicità nel furto nell’appartamento e che dichiarò di aver protetto la bimba, impedendo che De Vito uccidesse anche lei. Tuttavia, la storia era paradossalmente inventata: i carabinieri scoprirono che la mattina del delitto la donna polacca si trovava al Cto di Roma per una visita ortopedica. Tanto da essere assolta in appello, dopo una prima condanna a diciotto anni. Resta un mistero il perché si sia accusata.
L'avvocato difensore dell’imputato, Enrico Valentini, ha già dichiarato che ricorrerà in appello. Dopo aver ottenuto una perizia, sul secondo episodio, quello dell’aggressione all’operaio, in cui s’è stabilito che l’uomo era parzialmente incapace d’intendere e volere, ne aveva richiesta, invano, una terza, rigettata dalla Corte d’assise.