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Cronaca

Estorsioni, quattro arresti dopo la sparatoria notturna

Due giovani leccesi avrebbero ricattato una coppia di commercianti. Nella notte gli arresti, dopo l'investimento del militare ed il ferimento di uno dei ragazzi. A Vernole altro caso e nuovi indagati

LECCE - Luciano Romano e Francesco Rotondo forse tutto si aspettavano, tranne che di trovarsi di fronte i carabinieri, materializzatisi nel cuore della notte al centro di un'anonima cerniera tra la periferia ed il centro cittadino (https://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=25935). Appena 21enne il primo, 26 anni il secondo, intorno alle 22 viaggiavano rapidi a bordo di una Fiat 500 argentata, presa a nolo, lungo via Rudiae. Dov'erano diretti, è presto detto: secondo i militari, che non erano lì per caso, stavano correndo a riscuotere la rata di un taglieggiamento, dopo un accordo preventivo tra le parti. In un negozio, che rimane aperto fino a tarda ora. Molto giovani, dunque, eppure ritenuti già estorsori, e anche abbastanza determinati.

Gli investigatori li avevano puntati da qualche settimana, dopo aver raccolto la denuncia delle presunte vittime, ed erano pronti a far scattare la retata prima che i due riuscissero a mietere il grano. Ma non tutto è andato liscio. Quando dall'interno dell'auto gli occhi di Rotondo, che era alla guida, e Romano, che sedeva accanto, si sono posati sui militari, che avevano messo in piedi il posto di blocco, deve essere scattata la molla della paura. E invece di bloccarsi e accostare, la 500 ha tirato dritto. Investendo il tenente Giovanni Diglio, a capo del nucleo radiomobile.

Un aspetto ha chiarito, questa mattina, il capitano Giuseppe Colizzi, comandante della compagnia del capoluogo: Romano e Rotondo andavano comunque incontro ad un arresto. I carabinieri sarebbero stati smistati in via Rudiae proprio con l'intenzione di catturarli. Con l'accusa di tentata estorsione. Il guaio è che ora se n'è sommata una ancor più grave: tentato omicidio. Secondo gli investigatori, l'investimento sarebbe stato un'azione deliberata. Ovviamente, anche se devono ancora studiare bene le carte, di parere opposto gli avvocati difensori nominati dalle famiglie (Benedetto Scippa e Giuseppe De Luca per Romano, Pantaleo Cannoletta per Rotondo). Tant'è. Per ora queste sono le imputazioni per cui entrambi sono indagati, nel fascicolo in mano al pm Stefania Mininni. E di certo, s'è sfiorata una doppia tragedia.

Quando il tenente Diglio è stato colpito dal lato dello sportello destro, è rimasto agganciato per alcuni interminabili istanti allo specchietto retrovisore. Con il rischio di schiantarsi contro qualche auto in sosta ai lati del marciapiede. E' stato a quel punto che gli altri carabinieri si sono visti costretti ad impugnare le pistole d'ordinanza e fare fuoco. Non solo verso l'alto. Ma anche in direzione dell'auto. Nel tentativo di forare le gomme. E fermare la folle corsa. I prossimi passaggi, molto delicati, saranno esaminati dagli esperti di balistica. Per comprendere perfettamente la dinamica e ricostruire bene la traiettoria del proiettile. Che ha trapassato la targa (la qual cosa sembrerebbe comunque sintomatica del fatto che il colpo era indirizzato verso il basso), forando l'esile carrozzeria dell'utilitaria, il sedile del lato passeggero, e conficcandosi all'altezza dell'osso sacro di Romano, che ha subito anche la perforazione dell'intestino.

Il tenente Diglio, nonostante fosse ferito (ha riportato una brutta lussazione ad una spalla), ha ripreso subito in mano le redini del comando. Ed è partita una vera e propria caccia all'uomo, perché l'auto, nel frattempo, si era già dileguata. Uno dei primi posti dove i carabinieri sono andati a controllare è stato ovviamente l'ospedale "Vito Fazzi", tanto più che l'arrivo di pazienti con ferite d'arma da fuoco o da taglio vengono immediatamente segnalati alle forze dell'ordine. I due ragazzi avevano fatto rotta verso la via di San Cesario (tra l'altro, non molto lontano dal luogo dei fatti), diretti proprio al pronto soccorso. Per entrambi è scattato l'arresto, anche se Romano si trova piantonato in ospedale dalla penitenziaria. Nella notte è stato sottoposto ad un intervento chirurgico. La prognosi è di trenta giorni, salvo complicazioni.

E le vittime? Si tratta di una coppia di commercianti di origine asiatica, proprietari di un'attività di generi alimentari in città. Sarebbero stati avvicinati da Romano e Rotondo in diverse occasioni, pattuendo una cifra periodica da versare nelle loro tasche, per non avere problemi. Avrebbero infatti subito intimidazioni personali e minacce di danni al locale commerciale. L'auto è stata posta sotto sequestro. All'interno, comunque, non sono stati trovati oggetti utili all'indagine, partita già all'inizio del mese; nel lasso di tempo intercorso fino al drammatico epilogo di ieri notte, i carabinieri ritengono comunque di aver acquisito sufficienti prove per inchiodarli. L'inchiesta, inoltre, cercherà di svelare se i due abbiano agito effettivamente da soli, o se possano essere ingranaggi di una macchina più grande.

Estorsioni al pregiudicato, nei guai due fratelli

Quella messa a segno dai carabinieri di Lecce non è stata l'unica azione contro presunti estorsori. Un altro caso, per certi aspetti particolarmente anomalo, risale sempre a ieri e riguarda la zona di Vernole. Qui, ad essere preso di mira, sarebbe stato non il classico imprenditore, ma nientemeno che un uomo sottoposto agli arresti domiciliari per reati inerenti lo spaccio di droga. In questo caso, l'estorsione sarebbe stata però consumata, tanto più che i carabinieri hanno trovato in tasca ad uno dei due arrestati 500 euro.

L'operazione è stata condotta dal nucleo operativo di Maglie e sui dettagli s'è soffermato il maggiore Andrea Azzolini, comandante della compagnia. Nei guai sono finiti Stefano Mazzeo, 31enne, già noto per reati predatori, e suo fratello Cristian, 28enne, panettiere, del tutto incensurato. Il primo risiede a Lizzanello, il secondo a Castrì di Lecce. Una terza persona che si trovava ieri con loro n'è uscita, almeno per ora, del tutto pulita. Si tratta di un giovane che non risulta neanche indagato a piede libero. L'hanno salvato alcuni particolari, non di poco conto.

Anche in questo caso, i carabinieri erano appostati in attesa. Aspettavano i fratelli al varco, nelle vicinanze dell'abitazione dell'uomo recluso ai domiciliari. Erano le 14,30, quando una Renault Twingo, già notata in altre occasioni, è arrivata a destinazione. A bordo, tre persone. Il veicolo s'è fermato una prima volta davanti casa della presunta vittima, e da qui n'è sceso Stefano Mazzeo. L'auto si è quindi allontanata di qualche metro, mentre il giovane ha atteso circa mezzo minuto, guardandosi intorno circospetto, per poi entrare in casa, restarvi più o meno un minuto e uscirne fuori.

Non sapeva, ovviamente, di avere più occhi puntati addosso. Una volta al di fuori del portone, la Twingo, guidata dal fratello Cristian, ha fatto inversione per tornare a riprenderlo. Ed è stato a quel punto che è scattato il blitz. Il conducente della Twingo s'è accorto all'improvviso dell'arrivo a forte velocità, proprio di fronte, di un'auto (era un'auto civetta dei militari). Intuendo subito che stava per accadere qualcosa, invece di far salire il fratello, Cristian Mazzeo ha tentato la fuga. Ma dopo appena un centinaio di metri, s'è trovato la strada bloccata da un'altra auto. Poi, un carabiniere è sbucato dal nulla, a piedi. Fuggire, praticamente impossibile. Così come non ne ha avuto il tempo neanche Stefano Mazzeo. Il quale, dopo la perquisizione, è stato trovato in possesso di dieci banconote da 50 euro.

Gli altri accertamenti sono stati svolti direttamente nella caserma di Maglie. Dov'è stato condotto anche l'uomo ai domiciliari. E qui è stato obbligato a raccontare i fatti. L'uomo sarebbe stato costretto a versare i soldi, in quanto minacciato da diverso tempo dai due. Minacce di morte che avrebbero avuto un certo effetto, perché l'uomo ha temuto anche per l'incolumità del figlio. La vicenda sarebbe andata avanti fin dall'inizio di febbraio e, comunque, i carabinieri avevano già puntato i fratelli Mazzeo, proprio perché visti più volte, sempre con quell'auto, davanti all'abitazione del pregiudicato confinato in casa.

Stefano Mazzeo, in particolare, si sarebbe recato a Vernole non meno di quattro volte. I militari, ovviamente, non hanno capito subito il perché di quelle "visite". Temevano due cose: o che si stessero accordando per qualche reato da compiere insieme (nonostante non vi siano correlazioni evidenti fra le parti in gioco) o che proprio l'uomo ai domiciliari potesse essere vittima di qualche ricatto. Il fatto di trovarsi recluso sarebbe stato garanzia di assoluto silenzio. Una preda semplice, dunque, anche se piuttosto anomala. E sembra che all'inizio siano stati chiesti ben 2mila euro. Ieri, la consegna di 500.

Il terzo giovane trovato con i fratelli n'è uscito pulito perché non era mai stato visto in precedenza con loro, dai carabinieri, e non vi sono prove per ritenere che fosse al corrente di tutto, ieri pomeriggio. Era giusto un passeggero, in quell'auto. L'operazione è stata condotta dai militari di Maglie, in collaborazione con la stazione di Vernole, anche se teoricamente sarebbe territorio della compagnia di Lecce, perché la Twingo sarebbe stata vista più volte proprio nella zona della compagnia magliese, destando già diversi sospetti. Insomma, è lecito supporre che l'indagine possa assumere anche nuove pieghe.

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