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Cronaca

In carcere per una visita, finisce a processo per scambio di persona

L'incredibile storia di una donna che, appreso dai giornali dell'arresto di un amico, trasferito nel carcere di Lecce, ottenuto il permesso per un colloquio, dicendosi la convivente, si accorge che è un omonimo. Finendo nei guai

LECCE – Ci sono storie giudiziarie che sembrano partorite dalla fantasia di un narratore o dalla mano sapiente di uno sceneggiatore capace di fondere, in un’unica trama, le mille sfaccettature della complessa macchina della giustizia e delle umane vicissitudini. Se non fosse sfociata in un procedimento penale, quella di Immacolata De Mattia, 37enne campana, e di Giovanni Chianese, 25enne napoletano, sembrerebbe una commedia degli equivoci tipicamente italiana.

Siamo nel maggio del 2009 quando lei apprende, dalle pagine di un quotidiano, dell’arresto del Chianese. I due, legati da una precedente relazione, avevano interrotto i rapporti e si erano persi di vista. La 37enne, dopo essere venuta a conoscenza del trasferimento dell’uomo nel carcere di Borgo San Nicola, a Lecce, prova a mettersi in contatto con lui. I due, ovviamente, non s’incontrano e non si parlano direttamente, ma attraverso un semplice scambio epistolare. Il 25enne la invita ad andarlo a trovare in carcere. Per ottenere un permesso per un colloquio nell’istituto di pena leccese, lui la convince a evidenziare, nella richiesta da consegnare alle autorità, il fatto che i due sono conviventi.

Ottenuto il permesso, la donna si reca a Borgo San Nicola, dove avviene il primo colpo di scena di questa storia singolare. Superati i controlli di routine e raggiunta la sala colloqui, la De Mattia si accorge, con suo grande stupore, che quello detenuto nel capoluogo salentino non è il Giovanni Chianese che lei conosceva da anni, ma solo un omonimo. Il 25enne, sorpreso quanto la sua visitatrice, spiega l’equivoco alla polizia penitenziaria che, come previsto da regolamento, presenta un rapporto sulla vicenda. I due vengono così denunciati per “falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri”. L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Lecce, porta alla richiesta di rinvio a giudizio per la coppia di sconosciuti, “per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in unione e concorso tra loro, dichiarato il falso (De Mattia al funzionario del Comune di Castel Volturno, Chianese agli agenti di polizia penitenziaria) al fine di ottenere un permesso, attestando falsamente di essere conviventi”.

Per quanto grottesca la vicenda prosegue il suo iter giudiziario, e la lenta e inesorabile macchina della giustizia porta la donna a processo, mentre Chianese sceglie di patteggiare una pena a 8 mesi. Ieri, a distanza di oltre due anni, per la 37enne campana si è chiuso un incubo dai risvolti kafkiani. Il giudice monocratico della seconda sezione del Tribunale di Lecce, Fabrizio Malagnino, ha assolto la donna perché il fatto non sussiste. L’accusa, invece, aveva invocato per la De Mattia una pena severa: 1 anno e due mesi di reclusione (senza la sospensione della pena). Una tesi che il giudice, fortunatamente per la donna (e forse anche per il buon senso) e per l'abilità del suo legale, l’avvocato Davide Pastore, non ha accolto. Chissà se, chiusa questa lunga parentesi, i due torneranno mai a incontrarsi.

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