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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Ferito da un calcio al volto dopo il gong? L'incontro di kick boxing si trasforma in processo

Il 29 gennaio del 2012, sul ring di Maglie, Artur Petrik e Dario Bruno si affrontarono in un match di kick boxing. Il primo sferrò all'altro un colpo violento: per il ferito dopo l'intervento dell'arbitro. Petrik, che ha sempre sostenuto che il colpo è stato sferrato durante l'incontro, è stato rinviato a giudizio per lesioni personali

LECCE – Per alcuni è uno sport violento e crudele. In realtà (come tutti gli sport da combattimento) la kick boxing (uno sport da combattimento che combina le tecniche di calcio tipiche delle arti marziali orientali ai colpi di pugno propri del pugilato inglese) è un'arte nobile e antica, fatta di regole e disciplina. La kick boxing (proprio come la boxe) è un mondo, che in tanti hanno provato a raccontare, con i suoi sogni, i sacrifici, le paure e le sofferenze. E’ molto più di uno sport, è una sfida, contro se stessi e contro gli altri, che sa tanto di vita vera, di palestre di periferia. Un mondo al limite, dove spesso basta poco per varcare la sottile linea d’ombra che separa il bene dal male, quello che è considerato lecito da quello che non lo è. Come nel caso che vede contrapposti, non su di un “quadrato” ma tra le carte di un procedimento penale, due atleti.

E’ il 29 gennaio del 2012 quando, sul ring di Maglie, si affrontano Artur Petrik, 27enne ucraino originario di Odessa (ma naturalizzato italiano e residente a Matera), e Dario Bruno, pluricampione di origine salentine. Un incontro tra due campioni esperti, che si affrontano senza esclusione di colpi. Fino a quando, però, qualcosa va storto. Bruno, infatti, viene colpito al volto da un calcio dalla potenza devastante che, oltre a fargli perdere i sensi, gli provoca “un trauma cranico commotivo, distorsione cervicale e trauma facciale, una ferita lacero-contusa, dolori e vertigini”. Ferite guaribili in circa 50 giorni. La vicenda approda in ambito giudiziario: l’atleta salentino, infatti, denuncia il suo avversario con l’accusa di averlo colpito “quando era caduto e si trovava per terra, e nonostante l’arbitro avesse momentaneamente fermato l’incontro per consentire all’atleta di ricomporsi”. Le indagini hanno portato a ipotizzare, nei confronti del boxer ucraino, il reato di lesioni personali gravi. Reato per cu il gup Giovanni Gallo ha rinviato a giudizio l’atleta ucraino. Il processo nei suoi confronti si aprirà il prossimo 2 ottobre, dinanzi al giudice della seconda sezione penale.

Diversa, però, la posizione di Petrik, assistito dall’avvocato Silvio Verri. Secondo la tesi difensiva, infatti, il colpo sarebbe stato sferrato durante l’incontro. Prima, cioè, della sospensione dell’arbitro. Un’ipotesi rafforzata dal fatto che nei confronti dell’atleta di Matera non è stato adottato alcun provvedimento disciplinare. Una linea difensiva suffragata, inoltre, da riscontri testimoniali e da un video che attesterebbe come l’atleta salentino fosse, seppur in precario equilibrio, in piedi nel momento in cui il 27enne di Odessa gli ha sferrato un calcio al volto. Lesioni che sarebbero quindi state causate senza alcuna volontà e quindi senza dolo. Un caso limite su cui, con ogni probabilità, sarà un giudice (penale e non sportivo) a pronunciarsi e a far luce in una  storia complessa dal punto di vista sportivo e penale. 

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