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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Processo “La Fiorita”, Fitto e Angelucci assolti in appello: non ci fu corruzione

Sentenza della Corte di Appello di Bari che rovescia l'esito del primo grado di giudizio, in cui l'ex ministro era stato condannato a quattro anni di reclusione. Prescritti i reati di illecito finanziamento a partiti e di abuso d'ufficio per due episodi

BARI – Nel secondo grado del processo “La Fiorita” davanti alla Corte di Appello di Bari, Raffaele Fitto e l’imprenditore Gianpaolo Angelucci sono stati assolti dall’accusa di corruzione perché il fatto non sussiste.

La vicenda che ha portato l’ex ministro degli Affari regionali sul banco degli imputati verte su un appalto da 198 milioni per undici residenze sanitarie assistite, vinto dall’imprenditore romano. Ma per l’accusa, e per il Tribunale di Bari nel primo grado di giudizio, c’era stato il pagamento di una tangente di mezzo milione di euro al movimento La Puglia prima di tutto.

La sentenza era stata di quattro anni per Fitto e di tre anni e sei mesi per l’imprenditore. A entrambi erano state contestati i reati di corruzione e di illecito finanziamento ai partiti, a Fitto anche un episodio di abuso d’ufficio mentre era stato assolto dall’ipotesi di peculato e da un altro episodio di abuso.

Il secondo grado si è chiuso, oltre che con l’assoluzione, con la prescrizione per illecito finanziamento e altre due fattispecie per le quali l’accusa aveva ravvisato l’abuso d’ufficio. I 500mila euro sequestrati dalle autorità dovranno ora essere rimessi a disposizione del movimento politico. Sono state revocate anche le misure di confisca per 6 milioni di euro nei confronti della società di Angelucci.

" Gli amministratori della Fiorita e della Duemila possono sorridere. La Corte di appello di Bari capovolgendo la decisione di primo grado li ha liberati da ogni preoccupazione penale e, soprattuto, ha riconosciuto la insussistenza della truffa che aveva comportato il provvedimento di sequestro e confisca". Lo dicono in una nota gli avvocati Francesco Paolo sisto e Francesco Rotunno componenti del Collegio di difesa. "Si può ben dire dopo questa balsamica decisione che i responsabili delle società hanno agito sia nell'interesse dei soci lavoratori sia nel rispetto delle regole".

Sulla sentenza odierna il commento di Roberto Marti, deputato leccese del gruppo Conservatori e Riformisti che a Fitto fa capo: "È una giornata importante, perché finalmente viene confermata anche dalla giustizia la verità dei fatti in merito alla posizione di Raffaele Fitto nel processo Fiorita. 'Il fatto non sussiste' è la magra consolazione per anni di tortuose vicende processuali, per amarezze personali che hanno inevitabilmente minato l'immagine politica e umana dell'amico Raffaele. L'assoluzione dal reato da parte della Corte d'Appello di Bari servirà a Fitto e alla sua famiglia per recuperare la serenità perduta".

Soddisfazione per il pronunciamento dei giudici anche dal presidente della Provincia di Lecce, Antonio Gabellone, secondo cui i giudici "hanno riaffermato ancora oggi la trasparenza nell'operato amministrativo e il buon governo nel rispetto delle istituzioni che ha sempre contraddistinto il lavoro di Raffaele Fitto" e del consigliere regionale Luigi Mazzei, che dichiara: "La verità ha prevalso. Restituita la giusta serenità all'amico Raffaele Fitto ed alla sua famiglia, ma nulla ripagherà dei dieci anni di un assurdo processo basato su un bonifico. Quando avremo in Italia la responsabilità personale dei giudici che sbagliano - conclude - credo si porrà la giusta attenzione sui processi 'facili'".

“E' una sentenza - commenta il sindaco Paolo Perrone -  che dimostra l'estraneità ai fatti contestati e conferma la linearità e la correttezza del percorso politico-amministrativo da sempre intrapreso dall'europarlamentare”. “Oggi la giustizia conferma una verità di cui noi siamo sempre stati a conoscenza, fin dall'inizio convinti della assoluta estraneità di Fitto ai fatti che gli venivano contestati”, gli fa eco Mino Frasca, di Conservatori e riformisti. 

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