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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Nardò

Fuga da Boncuri: dopo tentata aggressione, Ivan va via

Era il leader dello sciopero dei braccianti delle angurie, dopo le minacce anche un tentativo di aggressione all'interno della Masseria, nella notte tra l'11 e il 12. "Era in pericolo", denuncia Cgil

NARDO' - Ivan era il portavoce della protesta per i diritti dei braccianti, ma a Nardò forse non tornerà più. Almeno non dopo quello che ha dovuto subire per essersi fatto leader e portavoce nello sciopero organizzato dagli immigrati delle angurie, che ad agosto ha riacceso la lotta per i diritti negati e il fenomeno del caporalato che, questa volta, nessuna istituzione (Regione compresa) ha potuto negare, voltandosi dall'altra parte.

E non dopo quello che è accaduto nella notte tra l'11 e il 12 agosto presso Masseria Boncuri, quando il 26 enne del Camerun, è stato vittima di un tentativo di aggressione da parte di altri immigrati di etnia diversa, che gli contestavano di aver trattenuto dei soldi. Una questione di denaro, quindi, e il conseguente giro di voci incontrollate tra i capigruppo dei lavoratori, avrebbe fatto scattare la miccia nel campo allestito per raccogliere i migranti stagionali, mentre il massiccio intervento delle forze dell'ordine avrebbe evitato il peggio.

Oppure, potrebbe darsi che dietro a episodi del genere (che non dovrebbero sorprendere nessuno, dato il cattivo odore di marcio che quest'anno emanano le angurie di Nardò) ci sia "la lunga mano" dei caporali, intenzionati a provocare i lavoratori, armandoli l'un contro l'altro, per fiaccare una protesta decisamente scomoda: ed è questa l'ipotesi formulata dalla segretaria confederale di Cgil Lecce, Antonella Cazzato, che non esclude che Ivan si sia allontanato dal campo per salvaguardare la propria incolumità, dopo le minacce di morte ripetutamente ricevute da un "capo nero" (un caporale cioè) così come reso noto dallo stesso camerunense alla stampa (https://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=29247).

Il commissario di Galatina, Giovanni Bono, in servizio ad interim presso gli uffici di Nardò, sulla vicenda è cauto: Ivan potrebbe aver deciso di andarsene perché ormai, a Boncuri, per via dello sciopero non lavorava più, a differenza di molti altri colleghi che pur di mettere insieme quattro soldi, sembrano disposti a tutto.

Fatto sta che il ragazzo ha abbandonato la testa del gruppo, le ragioni della protesta e quella tendopoli che gli ha fatto scoprire l'altro volto dell'Italia: lui, studente d'ingegneria presso il Politecnico di Torino, d'inverno, e bracciante "per caso", l'estate. Dalle aule universitarie alla vergogna dei campi agricoli nel profondo sud, dove circolano uomini che si sentono autorizzati a estorcere denaro agli immigrati con qualunque pretesto: dai cinque euro per il trasporto, ai soldi per il panino e l'acqua, fino ai famosi tre euro che servono solo per stringere la mano del capo e cominciare a lavorare.

"Il sindacato vuole esprimere la propria solidarietà ad Ivan e a tutti i lavoratori che in questa rivolta ci hanno messo la faccia ma la presenza delle forze dell'ordine nella zona dovrebbe essere molto più forte - sottolinea la Cazzato- così come ci aspettiamo che l'attività ispettiva diventi sempre più incisiva, tanto da selezionare, anche con evidenza pubblica,le aziende che la Regione dovrebbe poi escludere dal sistema di finanziamento pubblico".

Le dichiarazioni della segretaria avvengono all'indomani di quanto registrato nel vertice del 9 agosto presso l'assessorato per le politiche agricole della Regione Puglia: in quell'occasione, infatti, le parti datoriali (Coldiretti e Confapi, assente la Cia), sostanzialmente disconoscendo il fenomeno del caporalato, hanno parlato di un tessuto produttivo sano, in cui le aziende non ricorrono al caporale ma al caposquadra, figura che si occupa di organizzare il lavoro sui campi.

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