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Cronaca Via Rapolla

Furti nelle abitazioni, fermate altre due slave: è un'unica banda?

Una ha 13 anni e non è imputabile. L'altra, 22enne, è stata denunciata per possesso di arnesi per lo scasso. Trovati cacciaviti e pezzo di plastica. Intanto, restano in cella le altre due arrestate nei giorni scorsi dopo un furto

 

LECCE - Vinti dalla fretta e dagli impegni quotidiani, a volte basta solo un piccolo tilt mentale per far saltare un semplice automatismo e correre il rischio di ritrovarsi l’abitazione sottosopra e i cassetti svuotati dai gioielli. E’ sufficiente, cioè, dimenticare di dare più mandate alla porta, o di inserire l’antifurto, e, per i ladri più astuti, il più è fatto. E’ uno degli aspetti psicologici sui quali fanno perno coloro che si specializzano nell’apertura delle porte con tecniche semplici e diabolicamente efficaci: un grosso cacciavite, magari solo una scheda magnetica o un pezzo di plastica ricavato da una bottiglia d’aranciata.

Non è chiaro per ora, se esista una vera e propria banda, con elementi intercambiabili, composto soprattutto di ragazze giovani, spesso giovanissime e nemmeno imputabili, di etnia rom: sta di fatto che, dopo l’allarme sociale risuonato per l’alto numero di abitazione svaligiate in pochi mesi con la stessa tecnica, la polizia ha dato un netto giro di vite, anche con la collaborazione di cittadini. E per le astute ladre, il terreno sta diventando meno fertile.

La squadra mobile, infatti, ha stroncato sul nascere le intenzioni di un’altra coppia di ragazze slave, dopo le due arrestate nei giorni scorsi per un furto aggravato in un’abitazione di via Giustino De Jacobis, con la conquista, durata lo spazio di pochi minuti, di un bottino di tutto rispetto: 50mila euro. Nessun arresto, però, questa volta, perché i furti sono rimasti solo in potenza, ma è comunque scattata una denuncia a piede libero per possesso ingiustificato di arnesi atti allo scasso, nei confronti di una 22enne, peraltro già nota alle forze dell’ordine. L’amica che l’accompagnava nelle perlustrazioni, invece, l’ha scampata in virtù della giovane età: ha meno di 14 anni e la legge non può punirla.

Del tutto ingenue, le due giovani non dovevano essere, anche perché, rispetto alle “colleghe” finite in manette, hanno preferito spostarsi verso la periferia estrema, in zona San Ligorio. Un luogo isolato, in cui attirare meno l’attenzione. Tant’è: a furia di citofonare ai campanelli, probabilmente per verificare se nelle varie abitazioni ci fossero i proprietari, hanno finito per “guadagnarsi” l’arrivo di una pattuglia di polizia, chiamata da un cittadino insospettitosi per quell’atteggiamento a dir poco invadente, sotto il sole del primo pomeriggio di una calda giornata di luglio.

Gli agenti della squadra mobile, che su questo fenomeno stanno indagando senza sosta da settimane, si sono subito presentati in zona, rintracciando le due ragazze in via Rapolla, non molto lontano dal primo punto in cui erano state segnalate. Si tratta, come noto, di un’area residenziale alle spalle dello stadio, dove sorgono anche sontuose ville. Una sorta di paradiso, per gli habitué del saccheggio.

La 22enne, pregiudicata e già sottoposta ai domiciliari, e l’amica, appena 13enne, entrambe con dimora in un campo rom della Capitale (e da Roma sembra proprio che arrivino anche le altre due finite in carcere), sono state condotte in questura. Negli uffici, la più giovane, priva di qualsiasi documento di riconoscimento, ha finito per sfilare, da sotto la maglietta, un grosso cacciavite lungo 30 centimetri. Un attrezzo più che utile, e non solo per lavori di casa, ma anche per scardinare porte e finestre. La maggiorenne, durante la perquisizione, è stata trovata in possesso a sua volta di un altro cacciavite, di acciaio temperato, lungo solo due centimetri in meno di quello “indossato” dall’amica.

Ma c’è di più: i poliziotti hanno anche scovato un pezzo di plastica dura, di colore giallo trasparente, probabilmente ricavato da una bottiglia di plastica. Non è un mero dettaglio, perché si tratta del già citato stratagemma usato per aprire le porte blindate, qualora lasciate prive di mandata. La 13enne è stata affidata a una comunità educativa, mentre la 22enne è stata deferita alla Procura di Lecce.

Intanto, il giudice per le indagini preliminari Annalisa De Benedictis, ha sciolto le riserve e, convalidando l’arresto delle altre due ragazze slave fermate dopo il furto di via De Jacobis, Giuliana Nicolic, 22enne, e Nesa Nenadovcki, 18enne, ha disposto che entrambe restino in carcere. L’avvocato Maurizio Scardia aveva chiesto i domiciliari.

Gli agenti della squadra mobile, oltre ad accusarle del reato per il quale sono state sorprese in flagranza, sospettano che possano essere autrici di altri furti in appartamenti di Lecce (anche di un giudice e di due avvocati), per centinaia di migliaia di euro. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia loro hanno negato altri addebiti, accollandosi solo l’episodio per il quale sono indagate, e, di certo, alla luce della scoperta di altre due giovani, giunte come loro da Roma, e fermate con oggetti simili (anche Nicolic e Nenadovcki avevano un cacciavite e un pezzo di plastica), è quasi scontato supporre che possano essere davvero molti di più, i soggetti dediti ai furti con la stessa tecnica.

Ora, si sta cercando di capire se esista anche un legame di conoscenza, fra queste quattro persone, e quali siano eventuali altri complici. La squadra mobile ha in mano anche un filmato, che ritrae due ragazze dalle fattezze somiglianti a quelle al momento in carcere, estrapolato da una videocamera di sorveglianza di un’attività commerciale del centro storico, non lontano da uno dei luoghi dei tanti furti. L’impressione è che l’inchiesta potrebbe svelare nuovi aspetti.  

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