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Cronaca Galatone

Mescola veleno ad avanzi di cibo, cane muore tra atroci sofferenze: condannato

Tre mesi di reclusione, con pena sospesa, per un 72enne di Galatone. Il giudice l'ha riconosciuto colpevole di aver mischiato metaldeide a cibo, come rilevato da un veterinario, per ammazzare intenzionalmente un povero cane. Il fatto nel 2012 in Contrada Spineto, località Madonna delle Grazie

LECCE – E’ una storia di violenza e barbarie del tutto gratuite quella che ha visto come sfortunato protagonista uno splendido esemplare di cane morto, tra atroci sofferenze, per avvelenamento. Già perché, come ha stabilito una sentenza emessa dal giudice monocratico del Tribunale di Lecce, l’avvelenamento è avvenuto per mano dell’uomo e non in maniera casuale, “mescolando intenzionalmente del metaldeide (una sostanza velenosa per cui non esiste antidoto) a degli avanzi di cibo”. Una la vittima accertata, ma potrebbero esserci stati altri casi.

Un delitto gratuito, come stabilisce lo stesso codice penale che prevede per “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale”, la reclusione da tre mesi a diciotto mesi. E a tre mesi di reclusione (pena sospesa) è stato condannato Otello Franchetti, 72enne di Galatone. Si tratta della pena minima perché, seppur in maniera opinabile, all’imputato sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche “in vista della non allarmante gravità della condotta in contestazione”. La pubblica accusa aveva invocato una condanna a un anno di reclusione.

La triste vicenda ha avuto inizio in una calda giornata di luglio del 2012 quando una donna denunciò la morte per avvelenamento di un cane, avvenuta il giorno precedente nelle campagne di Contrada Spineto, località Madonna delle Grazie, nel comune di Galatone. A nulla erano serviti i tentativi di accudire e salvare l’animale, che era morto in preda a dolorose convulsioni e spasmi. I sospetti erano da subito ricaduti sull’imputato, che aveva risposto in maniera sprezzante: “A casa mia faccio quello che voglio”.

L’esame di un veterinario, Giancarlo Manna, aveva permesso di ritrovare nello stomaco del cane tracce di metaldeide. Le indagini, condotte dagli agenti del Corpo forestale dello Stato, portarono al ritrovamento, in un fondo di proprietà della moglie dell’imputato, di un contenitore con del cibo poi risultato velenoso. Si trattava di vere e proprie esche avvelenate, con sostanze trovate poi in possesso del 72enne. Elementi che hanno portato il giudice a ritenere colpevole Franchetti a condannarlo.

Una sentenza che dimostra il lavoro compiuto dalla Procura della Repubblica di Lecce, con il coordinamento del procuratore aggiunto Ennio Cillo, attraverso l’ausilio di medici veterinari e dell’attività investigativa degli agenti di polizia giudiziaria. Partendo da una denuncia, come in questo caso, si può giungere, dopo aver circoscritto l’area in cui vi sono state morti sospette di animali, all’identificazione del veleno utilizzato (attraverso esami specifici) e concentrare i sospetti su chi è in possesso di quella sostanza. Diversi i fascicoli aperti in questi mesi dagli inquirenti, che potrebbero presto portare a nuove condanne.

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