rotate-mobile
Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

Giovane pastore ucciso, inflitti 30 anni di reclusione al datore di lavoro

Emessa la sentenza dalla Corte d’Assise di Lecce sulla morte del 23enne albanese, Qamil Hyrai, freddato con un colpo di pistola alla testa il 6 aprile del 2014 nelle campagne fra Torre Lapillo e Torre Castiglione

LECCE - Il responsabile della morte del pastore albanese di 23 anni, Qamil Hyrai, avvenuta il 6 aprile del 2014, fu il suo datore di lavoro Giuseppe Roi, 40 anni, di Copertino: è questa la conclusione alla quale è giunta oggi la Corte d’Assise di Lecce che ha inflitto all’imputato 30 anni di reclusione.

La pena comminata dal collegio composto dal presidente Pietro Baffa, dalla collega Francesca Mariano (nella foto in pagina) e dai giudici popolari, è stata di cinque anni più alta di quella invocata dalla sostituta procuratrice Carmen Ruggiero.

Secondo la pm Roi, che amava giocare con le armi, sparò in direzione del ragazzo, fermo dietro un muro di cinta, per due volte, così come avrebbe fatto in altre circostanze. Quel giorno, però, un proiettile lo raggiunse in testa e non gli lasciò scampo.

A nulla dunque è valsa la tesi della difesa, rappresentata dall’avvocata Francesca Conte, che forte della consulenza redatta dall’ex generale del Ris di Parma Luciano Garofano, aveva chiesto l’assoluzione.

Il presidente della Corte Pietro Baffa e la collega Francesca Mariano-2Secondo il consulente, l’arma impiegata fu una carabina, “perché i proiettili erano troppo deformati per poter essere stati esplosi da una pistola” e un’arma simile viene normalmente impiegata solo dai cosiddetti “sparatori della domenica”. In ragione di questo, dunque, secondo l’esperto, a sparare sarebbe stato qualcuno in auto.

Per l’accusa, invece, il quadro fu chiaro sin dai primi momenti successivi al decesso, quando Roi chiamò il 118: raccontò che il padre aveva rinvenuto la vittima, alla quale avrebbe dovuto consegnare il pranzo, nei pressi del luogo dove era solito pascolare il gregge, nelle campagne fra Torre Lapillo e Torre Castiglione. Su sollecitazione dell’operatore, Roi affermò che il ragazzo era stato attinto da colpi di arma da fuoco. Ma nessuno, tra soccorritori e investigatori e, neppure lo stesso medico legale Roberto Vaglio, giunti sul posto riuscirono a rilevare questo particolare. La testa era rivestita da sangue e, attraverso la prima visita esterna fu possibile riscontrare solo un piccolo foro di 4 millimetri.

Insomma, secondo la pm, Giuseppe Roi era al corrente di “un dettaglio” che solo l’assassino poteva conoscere.

Le motivazioni della sentenza che ha riconosciuto anche cospicue provvisionali e il risarcimento del danno (in separata sede) ai familiari della vittima, parti civili al processo con l'avvocato Ladislao Massari, saranno depositate entro sessanta giorni.

Inizialmente, il 40enne rispondeva di omicidio colposo, ma nel corso del primo dibattimento, emersero alcuni particolari che spinsero la pubblico ministero a tornare ai nastri di partenza, per contestare l’accusa, ben più grave, di omicidio con dolo eventuale.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Giovane pastore ucciso, inflitti 30 anni di reclusione al datore di lavoro

LeccePrima è in caricamento