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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Un anno di inchieste scottanti, sotto la lente le grandi opere

Dagli edifici di via Brenta al progetto del filobus, passando per il caso Boc: tre fronti d'indagine legati da un unico comun denominatore, il rischio di un dissesto finanziario imponente per le casse comunali di Palazzo Carafa

 

LECCE – E’ stato un anno complesso quello vissuto dal mondo giudiziario salentino. Un anno segnato dalle inchieste e dai processi che hanno attraversato i palazzi del potere e messo in luce i grandi scandali della storia recente del capoluogo.

A distanza di poco meno di un anno appaiono come profetiche le parole pronunciate dal presidente della Corte d’appello, Mario Buffa, nel corso dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, che si era interrogato su quella che “è stata almeno apparentemente una caduta verticale dei reati contro la pubblica amministrazione”. “Nel corso del 2010 -, aveva evidenziato il presidente Buffa -, non risulta definito né pervenuto alcun processo per corruzione o peculato. Non se ne commettono più perché in Italia sono diventati tutti improvvisamente onesti o su questo tipo di reati non si indaga più a sufficienza perché nei giudici è subentrata una sorta di demotivazione o comunque è più difficile indagare?”.

Proprio in quei giorni, era la fine di gennaio, si concludeva con dodici rinvio a giudizio l’udienza preliminare per la presunta truffa sui palazzi di via Brenta, sede attuale del polo della giustizia civile. Al centro dell’inchiesta i vari passaggi che hanno portato alla sottoscrizione (in data 31 gennaio 2006) del contratto di leasing, con impegno all’acquisto definitivo, dei due immobili da parte del Comune di Lecce. “Una truffa colossale”, come la definì il gip Ercole Aprile, che avrebbe prosciugato le casse di Palazzo Carafa.

L’accusa, rappresentata dal sostituto procuratore Imerio Tramis (trasferito nel frattempo alla Procura minorile e sostituito dal procuratore aggiunto Antonio De Donno), ha sempre sostenuto che la presunta truffa sarebbe stata ordita al fine di agevolare la Socoge, proprietaria degli immobili di via Brenta. Successivamente la Socoge ha venduto i due complessi alle porte di Lecce alla società Selmabipiemme, che li ha poi ceduti in leasing al Comune di Lecce. Le due società, secondo il pubblico ministero, si sarebbero accordate per stipulare un contratto di leasing ben più oneroso del valore reale, proprio in previsione e “nella prospettiva che il Comune subentrasse alla Socoge”, ereditando, di fatto, “condizioni contrattuali con modalità fraudolente”.

Un processo ancora in corso, seppur smembrato. Dei dodici imputati, infatti, ne sono rimasti solo sette. Quello dei palazzi di via Brenta rimane un caso che politico e giudiziario che continua a dividere l’opinione pubblica e a contrapporre schieramenti e partiti. Uno dei processi più controversi della storia recente del capoluogo salentino, in cui la stessa amministrazione comunale, guidata dal sindaco Paolo Perrone e assistita dall’avvocato Andrea Sambati, si è già costituita come parte civile.

Via Brenta, la strada su cui sorgono i due edifici che dovrebbe acquistare il Comune di Lecce, quello a sinistra e sul lato destro della carreggiata-2-2Il 2011 è stato segnato da un’altra inchiesta che ha scosso l’establishment locale. Il riferimento va, ovviamente, all’inchiesta giudiziaria sulle presunte tangenti legate al progetto del filobus. Un’indagine complessa e piena di lati oscuri, che ruota attorno a uno dei progetti più discussi e oscuri, capace di cambiare il volto della città. Un’opera da oltre 22 milioni di euro, che da oltre quattro anni aspetta di partire.

Le indagini degli uomini del nucleo di polizia tributaria di guardia di finanza di Lecce hanno già portato all’arresto di due persone: l'ingegner Giordano Franceschini, progettista del filobus, e Massimo Buonerba, l'ex consulente giuridico dell'allora sindaco di Lecce Adriana Poli Bortone. Il docente dell’Università di Perugia (già arrestato lo scorso 21 novembre nell’ambito della stessa inchiesta e scarcerato poi dal Tribunale del Riesame), è accusato di aver consegnato al professor Buonerba una cifra vicina ai 659mila euro, ottenendo in cambio il ruolo di progettista del filobus. L’ex consulente di Palazzo Carafa, arrestato il 13 dicembre e ancora in carcere, è accusato di corruzione (sono stati i giudici del Riesame a riformulare il capo d’imputazione da concussione a corruzione). Nel mezzo un fiume di denaro, pari a circa 2,8 milioni di euro, finito sui conti svizzeri del professore salentino, e di cui il 60enne leccese non ha voluto fornire spiegazioni neanche in sede di interrogatorio di garanzia. Buonerba, scrive il gip Martalò nell’ordinanza di custodia cautelare “sfruttando una fitta rete di capacità relazionali in ambito politico-amministrativo, istituzionale ed economico presso il Comune di Lecce, era in grado di interferire sull’iter delle procedure d’appalto indette dallo stesso, e lucrare profitti indebiti a danno dell’ente”. Una presunta tangentopoli in salsa salentina ancora tutta da dimostrare.

L’altra inchiesta giudiziaria che si è abbattuta su Palazzo Carafa è quella dei Boc. Si aprirà il prossimo 23 gennaio, infatti, dinanzi ai giudici della prima sezione del tribunale di Lecce, il processo scaturito dall’inchiesta sui Buoni obbligazionari comunali, aggiudicati nel 2005 dal gruppo Deutsche Bank per 105 milioni di euro. Si tratta, in particolare, del filone d’indagine relativo all’ipotesi di abuso d’ufficio a carico dell’allora assessore al Bilancio del Comune di Lecce, Ennio De Leo, e dell’ex dirigente del settore economico e finanziario, Giuseppe Nacarelli, oltre ai componenti dello staff, che curarono l’emissione e il collocamento di titoli obbligazionari. La vicenda era finita all’attenzione della Procura di Lecce e degli uomini del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza.

Sotto la lente degli inquirenti sono finiti, in particolare, i premi di produttività, pari a complessivi 684mila e 400 euro che sarebbero stati incassati dagli imputati, rinviati a giudizio al termine dell’udienza preliminare. Seconda l’accusa, De Leo, in qualità di assessore al Bilancio, avrebbe proposto alla Giunta il “regolamento comunale per la ripartizione degli incentivi, per la progettazione di interventi di finanza innovativa, inducendo in errore gli altri componenti in ordine alla legittimità del regolamento e alla effettiva spettanza degli stessi incentivi”.

palazzo carafa4-3Sarebbe stato Naccarelli (che risponde anche dell’accusa di falso in atti d’ufficio), a disporre la liquidazione degli incentivi, “attestando falsamente la regolarità contabile e la copertura finanziaria della spesa con due mandati di pagamento”. L’amministrazione comunale avrebbe in questo modo erogato risorse “in assenza di regolare impegno di spesa e adeguata copertura finanziaria”. Nei mesi scorsi l’affaire dei Boc era stato sottoposto all’analisi del professor Paolo Cucurachi, Sda professor e professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari nell'Università del Salento, nominato consulente dal sindaco Perrone per verificare le circostanze per un eventuale rinegoziazione del contratto di Boc e dei contratti derivati. Nella relazione tecnica consegnata dall’illustre docente, non emerse dall’operazione alcun vantaggio per le casse di Palazzo Carafa.

Tre inchieste, di cui due già a dibattimento, che sembrano essere legate per gli inquirenti da un comun denominatore: la realizzazione di progetti che hanno (o hanno rischiato) di svuotare le casse comunali e di portare al dissesto finanziario Palazzo Carafa. Forse, come aveva giustamente evidenziato il presidente Mario Buffa, in versione Cassandra, occorre il massimo impegno, a dispetto di tutte le difficoltà del caso, quando a essere in pericolo, è la res pubblica. Un bene che appartiene a tutti.

 

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