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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Nardò

La promessa di Cgil: “I braccianti invisibili? Li faremo vedere a tutti”

Il resoconto dell'iniziativa del sindacato "camper dei diritti" che ha solcato le campagne, è desolante: degrado, abbandono, illegalità. "I lavoratori appositamente dispersi perché non si organizzassero per rivendicare i diritti"

 

LECCE - “Se i braccianti agricoli sono invisibili, noi li faremo vedere a tutti: sindaco di Nardò, istituzioni e ministeri”. Più che una promessa, quella che arriva dal sindacato Cgil di Lecce - nel corso della conferenza stampa conclusiva del progetto del “camper dei diritti” che ha calcato le campagne neretine alla ricerca dei lavoratori addetti alla raccolta delle angurie - è un impegno preciso. Perché nel corso di questa stagione, a Masseria Boncuri, chiusa su disposizione del prefetto di Lecce, non è andato tutto liscio. Anzi. Il quadro che emerge dalle istantanee scattate dai sindacalisti e dai loro racconti, è un dipinto desolante fatto di abbandono, degrado, illegalità e diffidenza verso chi avvicinava i lavoratori per offrire consulenza medica e legale, informazioni o semplicemente dell’acqua.

Il camper dei diritti che si muoverà nel resto del Paese è stata la risposta del sindacato a chi “ha cercato di farci compiere un passo indietro, dopo le conquiste ottenute l’anno scorso con la rivolta spontanea dei braccianti che pretendevano il rispetto dei diritti più elementari”. Il dito è puntato contro l’indifferenza generale, o peggio, “contro le connivenze che esistono in agricoltura, in cui sedicenti imprenditori preferiscono ricorrere all’intermediazione dei caporali per reclutare manodopera, in modo da vendere le angurie a prezzo stracciato”, denuncia il segretario nazionale di Flai Cgil, Gino Rotella. Venti centesimi il costo, ma qual è il prezzo reale?

La scelta di non riaprire la Boncuri, secondo tutti i segretari presenti (dal numero uno di Cgil Lecce, Salvatore Arnesano a Giuseppe De Leonardis, segretario regionale Flai ed Antonio Gagliardi di Flai Lecce) sarebbe stato un rischio calcolato sulla volontà di non vedere questi lavoratori, per rimuovere insieme alla struttura anche il problema. “Si è deciso scientemente di disperderli perché non si potessero organizzare per rivendicare condizioni di vita umane”, incalza De Leonardis. Di fatto, stando alle testimonianze, una seppur minima organizzazione nell’amara campagna, i braccianti se la sono data: le tracce delle brandine aperte con coperte di fortuna, taniche di acqua opportunamente razionata e fili su cui stendere i panni sono il segnale della loro esistenza. “Più la ex falegnameria in cui sono accalcati tunisini e algerini che a quanto pare, non lavorano”. Perché alla fin fine sarebbero i caporali a decidere chi merita di andare nei campi, e chi no. È un affare lasciato alla loro totale e libera discrezione.

Non a caso, secondo la fonte sindacali, su 189 iscritti alle liste di prenotazione aperte presso il centro per l’impiego, solo 36 lavoratori sarebbero stati selezionati e quindi impiegati nelle aziende. Solo 4 imprese avrebbero poi scelto di ricorrere a questo strumento introdotto nel 2011 dalla Regione Puglia. “Il risultato di questo progetto di emarginazione, funzionale a una certa di idea di impresa che preferisce mantenere i lavoratori in condizioni di sottosalario e brutalità, è stato che i medici arrivati sul campo di Nardò hanno riscontrato diverse patologie legate allo stress, alla fatica, all’esposizione solare e persino alla malnutrizione” aggiunge il segretario regionale Flai che non risparmia la stoccata all’ispettorato del lavoro ed alle forze di polizia: “E’ possibile che le pattuglie fermino i furgoni per chiedere chi trasportano, le generalità dei passeggeri, dove vanno e perché?”.

Nella terra di nessuno, rischiano di farne le spese anche i referenti sindacali, come segnalato dagli interessati nel corso dell’ultimo vertice in Prefettura. Al margine dell’iniziativa del camper, comunque scortato dalle forze di polizia, non sarebbero mancate le minacce e le intimidazioni. Hanno paura? “Certo che sì, - risponde il segretario nazionale Flai Cgil Gino Rotella - ma cerchiamo ogni giorno il coraggio che ci viene da chi ha fatto queste battaglie prima di noi. Perché il caporalato, ben prima di riguardare gli immigrati, era la prassi per le donne sfruttate e tenute sotto scacco in tutta la regione”.

Gli "invisibili" di Boncuri

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